
[29/05/2012] News
Alle nostre latitudini un pesco in fiore viene considerato dai contadini l'annuncio dell'arrivo della primavera, non meno del volo di una rondine. Molti contadini in tutto il mondo hanno la sensazione che non solo il pesco, ma una lunga serie di alberi fioriscono e/o producono nuove foglie prima di quanto non avvenisse in passato. La sensazione è suffragata da molte osservazioni scientifiche. Da alcuni decenni gli alberi fioriscono e si riempiono di foglie in tempi sempre più anticipati.
La fioritura e la foliazione precoci sono considerate uno degli effetti più evidenti dei cambiamenti del clima e, in particolare, dell'aumento della temperatura media alla superficie del pianeta. Ma esiste davvero questa correlazione? E che rapporto c'è tra aumento della temperatura e fioritura/foliazione anticipate?
Per rispondere a queste domande un gruppo di ricercatori del guidati da Volkovich ha realizzato quella che in termini tecnici si chiama una meta-analisi, pubblicata sull'ultimo numero della rivista Nature. In pratica, hanno preso in considerazione 1.634 specie di piante in tutti i continenti e hanno verificato, per ciascuna di esse, di quanti giorni hanno anticipato fioritura e foliazione. Correlando questo tempo all'aumento della temperatura media locale.
Poi hanno analizzato il comportamento di ciascuna di queste piante in un ambiente controllato, in cui la variabile temperatura era, a sua volta, perfettamente controllata, Ottenendo così una precisa correlazione tra giorni di anticipo della fioritura/foliazione e aumento della temperatura.
Infine hanno confrontato i dati dell'esperimento con quelli relativi a quanto accade spontaneamente in natura. E hanno verificato che c'è una differenza. Una differenza, però, non fluttuante e casuale. Ma sistematica. In natura l'anticipo della fioritura/foliazione risulta molto più accentuato che nell'ambiente controllato. Perché?
La domanda è di grande interesse. Pratico. Perché un cambiamento del regime di fioritura e di foliazione può provocare effetti a catena (per esempio sull'impollinazione; o il cambio delle abitudini degli uccelli migratori come le rondini) che potrebbe portare a cambiamenti drastici sia nell'ecologia dell'ambiente selvaggio, sia nell'ecologia dei campi coltivati. Ma ha anche uno stretto interesse scientifico. Persino epistemologico.
E, infatti, Nature ha chiesto un commento a due coppie di ricercatori: gli svizzeri This Rutishauser (università di Berna) e Reto Stöckli (Ufficio federale di meteorologia e clima di Zurigo); e gli americani John Harte e Lara Kueppers della University of California. Le risposte delle due coppie di esperti sono molto articolate, ma in buona sostanza rimandano a una sola spiegazione: il riduzionismo tipico di ogni esperimento non riesce ad afferrare la estrema complessità degli ecosistemi. Insomma, in natura giocano molte variabili di cui è difficile se non impossibile tener conto. Per esempio, nelle zone alpine la fioritura delle piante è molto più sensibile allo scioglimento della neve che non alla temperatura media. L'aumento della temperatura è solo uno delle variabili nel grande gioco ecologico. Una variabile che "pesa" in maniera diverso in ecosistemi diversi.
I rilievi critici delle due coppie di ricercatori sono molto puntuali. Tuttavia non spiegano - non completamente, almeno - un aspetto dell'analisi comparata di Volkovich e colleghi: la sistematicità con cui la misura sperimentale sottovaluta l'anticipazione della fioritura e della foliazione. Se in natura agissero (come di fatto agiscono) diverse variabili, la correlazione tra fioritura/foliazione aumento della temperatura dovrebbe avere un andamento molto più casuale. Mentre l'anticipazione in natura è sistematicamente maggiore che negli ambienti controllati. Di qui la domanda cui sarebbe interessante rispondere: c'è qualche variabile specifica nascosta che agisce in natura in modo da amplificare gli effetti di aumento della temperatura e che non era presente negli ambienti controllati studiati da Volkovich e colleghi?