
[15/06/2012] News
I materiali provenienti da demolizioni sono rifiuti "in quanto oggettivamente destinati all'abbandono". L'eventuale recupero è condizionato a precisi adempimenti, in mancanza dei quali i materiali vanno considerati, comunque, cose di cui il detentore ha l'obbligo di disfarsi. E in ogni caso va dimostrato.
Lo asserisce la Corte di Cassazione penale - con sentenza del mese scorso - che conferma la decisione del Tribunale di Lagonegro. Una decisione che ha portato alla condanna di una società per aver abbandonato, in un fondo dove la società stava edificando un deposito agricolo, rifiuti speciali non pericolosi.
Una decisione contestata dalla stessa società che ha sottolineato l'errata qualificazione come "rifiuti" dei materiali rinvenuti, perché si tratterebbe di "materia prima secondaria". Opinione smentita anche dalla Corte di Cassazione sia sulla base della disciplina originaria del dlgs 152/2006 sia di quella in vigore.
Nella formulazione originaria il decreto prevedeva la possibilità di ottenere materie prime secondarie attraverso attività di recupero - in attesa dell'emanazione di uno specifico decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio - rinviando alle disposizioni previste dal Dm del 1998. Materie siffatte erano sottoposte al regime delle materie prime e non a quello dei rifiuti, purché avessero le caratteristiche indicate da quel decreto ministeriale e fossero "direttamente destinate in modo oggettivo ed effettivo all'impiego in un ciclo produttivo".
Il dlgs. Del 2008 (il numero 4) ha modificato la disciplina (quella contenuta nell'articolo 181 il cui testo è stato sostituito, da ultimo dal dlgs del 2010, numero 205) ha fissato requisiti e condizioni che dovevano sussistere perché un materiale potesse essere considerato non un rifiuto ma una materia prima secondaria. Ossia si doveva trattare di materie e sostanze prodotte da un'operazione di riutilizzo, di riciclo o di recupero di rifiuti; dovevano essere individuate la provenienza, la tipologia e le caratteristiche dei rifiuti dai quali si potessero produrre; dovevano essere individuate le operazioni di riutilizzo, di riciclo o di recupero che le producevano (con particolare riferimento alle modalità ed alle condizioni di esercizio delle stesse); dovevano essere precisati i criteri di qualità ambientale, i requisiti merceologici e le altre condizioni necessarie per l'immissione in commercio, quali norme e standard tecnici richiesti per l'utilizzo, tenendo conto del possibile rischio di danni all'ambiente e alla salute derivanti dall'utilizzo o dal trasporto; le materie e sostanze dovevano avere un effettivo valore economico di scambio sul mercato.
Successivamente il dlgs 205/2010, ha chiarito le condizioni che, ove sussistenti, fanno cessare, per un materiale sottoposto ad attività di recupero, la qualità di rifiuto. In ogni caso i presupposti essenziali sono da individuati nella sottoposizione del rifiuto a un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo; nella sussistenza di un mercato e di una domanda del materiale recuperato (con conseguente attribuzione di un valore economico) e nella riammissione dello stesso in un ciclo - produttivo tipico; nella rispondenza dei materiale recuperato a requisiti tecnici - e standard specifici; nella insussistenza di impatti negativi sull'ambiente e sulla salute umana.
I materiali di risulta da demolizione di edifici e scavi di cantiere potrebbero anche essere qualificati "sottoprodotti", ma soltanto se soddisfano determinate condizioni (fissate adesso dal Dlgs del 2010).
Innanzi tutto la sostanza deve essere originata da un processo di produzione di cui costituisce parte integrante e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza. Inoltre il loro utilizzo deve essere certo e deve avvenire direttamente ad opera dell'azienda che li produce o da terzi. E gli stessi materiali non devono essere sottoposti a trasformazioni preliminari.
Il decreto del 2006 contiene nella parte quarta la disciplina dei rifiuti, ma da quando è entrato in vigore è stato soggetto a numero modifiche e revisioni in quasi tutte le sue parti. Scoraggia pensare però che proprio il dlgs 152/06 è stato redatto con l'intenzione di ordinare e chiarire la normativa ambientale al fine della sua applicazione, mentre molto spesso le numerose modifiche hanno portato in realtà a un risultato contrario.