
[15/06/2012] News
«Una transizione verso la green economy potrebbe sollevare milioni di persone dalla povertà e trasformare le condizioni di vita di molti dell'1,3 miliardo di persone che guadagnano appena 1,25 dollari al giorno in tutto il mondo, ma solo se supportato da forti politiche pubbliche e investimenti del settore privato», è quanto emerge dal nuovo rapporto "Building an Inclusive Green Economy for All" pubblicato dalla Poverty environment partnership (Pep), una rete di agenzie di aiuti bilaterali, banche di sviluppo, agenzie dell'Onu e Ong internazionali. Il rapporto rileva che «Molti Paesi in via di sviluppo e meno sviluppati stanno già attuando una transizione verso economie low carbon e efficienti in risorse» e in questi Paesi non mancano «Esempi di green economy in azione che hanno il potenziale di fornire una 'triple bottom line' per creare posti di lavoro, crescita economica, sostenibilità ambientale e inclusione sociale». Ma sono necessari «Investimenti mirati e riforme della governance per superare le attuali barriere che impediscono a molte comunità povere di beneficiare appieno della green economy».
Il rapporto Pep constata che «Molti Paesi meno sviluppati, così come molte regioni povere dei Paesi a medio reddito, sono in realtà riccamente dotate di risorse naturali che possono permettere loro di costruire economie verdi che possono sostenibilmente ridurre la povertà».
Il rapporto invita i delegati di Rio+20 a prendere in considerazione 5 elementi "critici" che «Possono massimizzare i benefici della green economy per i poveri e promuovere un'agenda politica condivisa tra i governi dei Paesi in via di sviluppo, Paesi sviluppati partner ed altre parti interessate: Politiche economiche e sociali nazionali : le politiche fiscali, i regimi fiscali, e programmi e politiche di protezione sociale "verdi" possono rafforzare la transizione a favore dei poveri; Diritti e capacità locali: Assicurare che i diritti dei poveri al possesso sulle loro risorse naturali, sostenere con mezzi ed incentivi la gestione sostenibile perche ne traggano beneficio; Inserimento nei Green Markets: sono necessari nuovi modelli di business per costruire e ampliare l'accesso dei poveri ai mercati inclusivi ed alle catene di fornitura di prodotti e servizi verdi, con l'accesso al micro-credito ed ai servizi per lo sviluppo di piccole e medie imprese; Armonizzare le politiche ed i sostegni internazionali: i Paesi ad alto reddito devono fornire un aiuto coerente, con il commercio e le altre politiche per consentire ai Paesi a basso reddito di avere successo nella transizione alla green economy; Nuovi parametri di misurazione dei progressi: Andare oltre la ristrettezza del Pil con un indicatore più ampio del progresso economico, sociale e ambientale e del benessere umano: si tratta di una questione chiave sul tavolo a Rio +20.
Il direttore esecutivo dell'United Nations environment programme (Unep), Achim Steiner, ha sottolineato che «Molte delle comunità dei Paesi meno sviluppati e in via di sviluppo stanno cogliendo l'opportunità di mettere insieme l'economia ed ecologia per produrre risultati di trasformazione sociale. Adottando una green economy inclusiva, i leader a Rio hanno una rara opportunità per migliorare la vita di milioni di persone e per inaugurare una nuova era della sostenibilità. Il passaggio ad una green economy inclusiva non avverrà da solo. Richiede politiche governative intelligenti e una leadership forte. Questo rapporto presenta una visione audace per una green economy che può combattere la povertà e la disuguaglianza e, soprattutto, offre concreti e pratici blocchi per costruire questa transizione».
"Building an Inclusive Green Economy for All" cita molti esempi di attività nei Paesi in via di sviluppo che stanno avviandosi con successo verso la green economy. L'Unep ne presenta qualcuno: L'Etiopia sta sviluppando 6 progetti di energia eolica e un progetto geotermico, che aumenteranno la potenza energetica del paese di oltre 1.000 megawatt; In Mongolia è attualmente in costruzione il primo parco eolico da 50 MW che è destinato a produrre circa il 5% del suo fabbisogno di elettricità, riducendo l'inquinamento atmosferico delle centrali a carbone. La Mongolia ha il potenziale per diventare un "super-fornitore" in grado di esportare energia rinnovabile nei Paesi confinanti; In Uganda la promozione dell'agricoltura biologica sta aiutando decine di migliaia di agricoltori a guadagnare fino al 300% in più con l'esportazione di ananas, zenzero, vaniglia ed altri prodotti agricoli certificati. A livello globale, il mercato dei prodotti alimentari biologici è aumentata di tre volte dal 2000.
A livello internazionale, lo sviluppo del programma Reduced emissions from deforestation and forest degradation (Redd+) offre un'altra possibilità di eradicare la povertà in vaste zone forestali, ma deve essere accompagnato da rigorose garanzie sociali, in particolare per le popolazioni locali e indigene. Il rapporto fa l'esempio dell'Indonesia, dove investimenti Redd+ per un miliardo di dollari da parte della Norvegia hanno consentito la moratoria di un anno della deforestazione nel Kalimantan, cion la possibilità di salvaguardare il 45% delle foreste del Borneo indonesiano, fornendo mezzi di sussistenza e opportunità di reddito per le popolazioni locali. In questo caso però va detto che vengono segnalati numerosi abusi e violazioni dell'accodo con la Norvegia.
La Pep sottolinea un altro aspetto della green economy: «Molti Paesi a basso e medio reddito sono ricchi di risorse per l'ecoturismo, un settore che si prevede produrrà un fatturato di 240 miliardi di dollari nel 2012. Gran parte di questa crescita è in diversi Paesi via di sviluppo, come Botswana, Belize, Brasile, Costarica,, Gabon, Kenya e Nepal», mentre «I Paesi meno sviluppati, con infrastrutture meno sviluppate, in particolare nelle aree urbane, possono beneficiare di una green economy inclusiva con le giuste politiche abilitanti ed i investimenti internazionali mirati nei settori della efficienza energetica e delle tecnologie pulite e dei moderni sistemi di trasporto pubblico. Questi sforzi possono anche servire a promuovere la creazione di posti di lavoro verdi decenti. A Lagos, in Nigeria, le partnership pubblico-private per migliorare le infrastrutture della città, ridurre la congestione e bonificare gli slums hanno contribuito a creare tra i giovani disoccupati circa 4.000 posti di lavoro connessi all'ambiente».
C'è poi il grave problema della salute pubblica: «I fattori di rischio ambientali sono la causa di circa un quinto del carico totale delle malattie nei Paesi in via di sviluppo, e di una gran parte dei decessi infantili - si legge nel rapporto - Molti investimenti della green economy hanno il potenziale di offrire vantaggi significativi per la salute umana. Per esempio, sostenendo i combustibili e i veicoli puliti si abbasseranno le emissioni di gas serra, ma si ridurranno anche le malattie respiratorie».