
[18/06/2012] News
La schiacciante e storica vittoria del Parti socialiste francese e dei suoi alleati verdi, radicali e della sinistra plurale, che hanno facilmente conquistato 314 seggi su 577 all'Assemblée nationale, è passata in second'ordine rispetto a quel che stava avvenendo nelle stesse ore in Grecia, dove il partito di centro-destra Nea Democratia, sorretto dal tifo sfegatato e dall'intervento non sempre discreto di tutte le cancellerie europee (di centro-destra e di centro-sinistra) è riuscito ad arrivare primo con circa il 30% dei voti, riprendendosi buona parte dei voti in libera uscita verso la destra nazionalista dei Greci Indipendenti ferma al 7,51%, lasciando al 26,5 Syriza, presentata come quella sinistra "radicale" ed antieuropeista che in realtà non è. Anzi, guardando ad alcuni governi di centro-sinistra europei (ad esempio la Danimarca) o ad alcuni dei Partiti che governeranno la Francia insieme ai socialisti, ci si rende conto che non solo hanno programmi molto simili a Syriza, ma che sono molto meno europeisti (o meglio "diversamente" europeisti) della nuova formazione egemone della sinistra greca. Per non parlare del vero e proprio anti-europeismo che sta sempre più contaminando partiti socialdemocratici e laburisti come quello olandese e molte formazioni della sinistra radicale nordica e mediterranea ed esponenti dei nuovi movimenti come i Piraten e i Cinque Stelle in Italia.
Non a caso il successo di Syriza, che ha gettato nel panico la Commissione europea e le "internazionali" democristiana e socialista/democratica, deriva dal crollo del Partito socialista panellenico, il Pasok, ormai ridotto al 12%, dal rinsecchirsi dei comunisti ortodossi del Kke, che toccano il loro minimo storico con poco più del 4% e dal mancato successo dei verdi greci, ai quali la giovane dirigenza di Syriza ha tolto molti argomenti e "rubato" molti temi dello sviluppo sostenibile. Non a caso l'unico partito progressista a resistere, con il 6,5%, all'inesorabile avanzata di Sryza è Dimar, la Sinistra democratica, nata dall'esperienza europeista della scissione del Partito comunista "filo-italiano" dal Kke filo-sovietico. Non solo un'alleanza Syryza-Dimar-Verdi avrebbe preso più voti di Nea Democratia, ma teoricamente il centro-sinistra in Grecia avrebbe una maggioranza di votanti sopra il 51%.
E' abbastanza ipocrita la soddisfazione della Merkel, dell'intero Partito popolare europeo (Pdl compreso) e del centro-sinistra "perbene" per il successo di Nea Democratia, cioè del partito che ha creato l'attuale crisi greca con gli sprechi e le ruberie delle Olimpiadi di Atene e poi gestendo il corrotto sistema clientelare pubblico in concorrenza con il Pasok che, alla fine, rimasto con il cerino in mano proprio mentre la crisi economica e sociale precipitava, ha pagato più caro di tutti il crollo del sistema greco che l'Unione europea aveva fatto finta di non vedere in tutte le sue storture, mentre le imprese straniere (tedesche in particolare) ungevano le ruote della corruzione e si preparavano a saccheggiare imprese e risorse.
Se c'è un'immagine che da un'idea di quello che è successo in Grecia è quella degli incendi che stanno devastando intere regioni, arrivando fino alle porte di Atene, e la richiesta di aiuti per spegnere le fiamme che il governo di emergenza greco ha lanciato all'Unione europea proprio nel giorno delle elezioni.
Insomma, in Grecia ha vinto la sinistra ma governerà il centro destra Neo-democratia-Greci Indipendenti (sotto il 40% ma con 149 seggi) alleato di un Pasok ormai marginale e ridotto al 12% e con 33 seggi. Tutti partiti che sanno di dover ringraziare (e rispettare i patti riservati) le cancellerie e i partiti europei per una intromissione senza precedenti nella campagna elettorale di una democrazia sovrana, così forte e ben orchestrata da far passare per antieuropeista ed estremista un partito che non si sogna di portare la Grecia fuori dall'Europa e per salvatori della Patria e strenuamente europeisti Nea Democratia e Pasok che al limite dei confini dell'Europa economica e politica la Grecia ce l'hanno spinta davvero dopo un trentennio di malgoverno e di contri truccati, in cambio della volenterosa applicazione delle fallimentari ricette neoconservatrici e delle burocratiche intimazioni della Commissione Ue e delle sue inflessibili troike.
Intanto la Francia festeggia senza troppo entusiasmo il ritorno alla "normalità" dopo gli anni ruggenti e fallimentari del Sarkozysmo, mettendo senza tanti problemi nel bottino elettorale del neo-presidente Hollande i 17 seggi dei Verdi, i 22 del Front de gauche e dell'altra sinistra radicale, i 12 del Parti radical de gauche ma addirittura anche i 2 degli indipendentisti della Martinica. E viene da chiedersi perché la sinistra radicale francese possa governare e quella greca sia un pericolo per l'Europa.
L'unica cosa che sembra accomunare Francia e Grecia è il successo di due movimenti di estrema destra: il Front national (FN) che ritorna all'Assemblée nationale dalla quale era assente dal 1988 e Alba Dorata che con il 6,92% e 18 seggi portano per la prima volta nel dopoguerra un movimento dichiaratamente neonazista in un parlamento nazionale della democratica Europa.
Sembra il sintomo di una malattia avanzata che ha contribuito al successo di partiti xenofobi nell'Europa orientale ed anche in Italia, Olanda, Belgio, Svizzera e che potrebbe trasformare il razzismo latente in pericolose falangi di camicie brune come quelle che circolano per le strade di Budapest, molto più pericolose per il futuro dell'Europa della visione alternativa, dell'altra Europa possibile, fatta balenare nella crisi greca da Syriza. Syriza che tanto ha impaurito l'esangue politica europea, mentre i manigoldi di Alba Dorata picchiavano gli immigrati ed i "rossi" le strade di Atene e sputavano sulla democrazia. Proprio quella democrazia nata sotto l'Acropoli circondata oggi dagli incendi economici e reali di un'Europa che ha smarrito la sua prospettiva di progresso sociale e di benessere diffuso, immolata sull'altare del liberissimo mercato, tra propaganda e nascondimento delle responsabilità, fino al fuoco che tentiamo di spegnere affidandoci ai vecchi pompieri che lo hanno appiccato.