[19/06/2012] News

L'Italia trova la via della crescita: rinunciare ad una settimana di ferie…

Il meglio del nuovo che "avanza" per rilanciare le sorti del Paese sta tutto nell'ultima proposta di Gianfranco Polillo (Nella foto), sottosegretario al dicastero dell'Economia. «Se rinunciamo ad una settimana di vacanza - afferma a margine di un convegno - avremmo un impatto immediato sul prodotto interno lordo di circa un punto». Mentre si chiudono le porte del G20 messicano, aspettando che domani si apra il portone della Conferenza Onu sullo sviluppo sostenibile Rio+20, mentre i vertici politici mondiali non riescono ad accordarsi su uno straccio di programma per uscire dalla crisi, il meglio prodotto da una mente brillante come quella di Polillo è racchiuso nel riproporre in nuova salsa una proposta vecchia, e già avariata.

L'Italia vive sopra le proprie possibilità, afferma il sottosegretario, perché «per sostenere i nostri consumi abbiamo bisogno di prestiti esteri per 50 miliardi di euro l'anno». Come uscire da questo cul-de-sac? «O riducendo la domanda interna, ma vorrebbe dire distruggere il Paese, oppure aumentando il nostro potenziale produttivo. E per far questo nel brevissimo periodo l'unico modo è lavorare di più a parità di salario».

Il punto più alto del paradosso si coglie però soltanto sfogliando il Corriere della Sera, dove alle dichiarazioni del sottosegretario è affiancato un articolo sull'incontro del ministro Passera con i francescani, a Perugia. «Le ragioni della crisi sono un problema di valori. Si è pensato di interpretare ogni fenomeno in chiave economica - argomenta il ministro per lo Sviluppo - Dopo la caduta di tutte le ideologie, si è adottata quella del mercato: ma il mercato è uno strumento, non l'unica regola che manda avanti la società».

Eppure, come scrive il filosofo sloveno Žižek su Internazionale, quelli che stiamo vivendo sono proprio «i giorni della prosopopea ideologica: i mercati parlano come se fossero persone», e non può essere stata che la loro subdola vocina a suggerire a Polillo la sua fulgida proposta.

«Per aumentare la produttività del Paese - spiega il sottosegretario, come riportato dall'Ansa - lo choc può avvenire dall'aumento dell'input di lavoro, senza variazioni di costo; lavoriamo mediamente 9 mesi l'anno e credo che ormai questo tempo sia troppo breve». Spacciando il monte ore lavorate con la produttività dell'impiego, senza alcuno spazio alla complicata evoluzione che si cerca di imprimere al nostro concetto di sviluppo e di crescita inclusiva, da riorientare verso la sostenibilità: dalla misurazione del Pil a quella della qualità della vita, come chiedono gli interessi della società civile e come suggerisce anche lo stesso Onu, con la proposta dell'indice alternativo Iwi (vedi link fondo pagina).

L'unico imperativo è quello di lavorare per produrre e soprattutto consumare, e senza distinguo alcuno sul cosa produrre e consumare: si preferisce lanciare l'anatema sull'eventualità di «ridurre la domanda interna», ma addentrarsi nel dibattito su cosa sia opportuno e lecito far crescere e cosa ridurre del nostro stile di vita rimane un tabù. Ripensare dalla base un modello di sviluppo che non può più funzionare - basta guardarsi attorno -, non sia mai. È certamente più facile chiedere agli italiani di rinunciare ad una settimana di ferie, o almeno farlo a chi un lavoro, e delle ferie, ancora li ha.

Neanche l'idea che una settimana in meno di tempo libero significa meno possibilità di consumare quanto guadagnato sembra sfiorare il ministro (quando il Pil è proprio riassumibile nella somma di consumi, investimenti e spesa pubblica). L'importante è produrre: non sembra importante domandarsi altro, né sapere se qualcuno avrà la necessità o la possibilità di comprare. Proponiamo dunque di estendere l'orario lavorativo a 16 ore giornaliere (escludendo solo il minimo indispensabile per mangiare e dormire) e destinare i proventi del sudore degli italiani a pochi ed ameni individui, fortunati ma "virtuosi", che dovranno essere pagati per spendere l'ammontare al posto nostro. Il Pil schizzerebbe alle stelle, i mercati probabilmente si crogiolerebbero in un brodo di giuggiole. Tutto sarebbe risolto. Magari funziona: chiediamo a Polillo.

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