
[22/06/2012] News toscana
La filiera del riciclo e i prodotti realizzati dalle materie prime seconde, vero obiettivo della differenziata, sono una realtà (e un'eccellenza) Toscana. Se ne è parlato nei giorni scorsi nel corso del seminario "I Ri-prodotti in Toscana: cosa sono, dove e come si acquistano". All'iniziativa hanno partecipato - raccontando la loro esperienza imprenditoriale - i rappresentanti delle aziende partner di Revet, che costituiscono la filiera toscana del riciclo, e che hanno già messo in produzione e commercializzato i loro ri-prodotti realizzati a partire dal riciclo meccanico delle plastiche miste delle raccolte differenziate della Toscana.
Un progetto - quello del recupero del cosiddetto plasmix, cioè delle plastiche eterogenee - realizzato da Revet, che all'inizio sembrava ambizioso, forse irrealizzabile, ma che invece, grazie a un finanziamento dalla Regione Toscana e alle attività di ricerca effettuate con l'università di Pisa, Pont Lab e Pont Tech, può essere considerato un modello.
Oggi, dopo il riciclo meccanico, con le plastiche eterogenee (altrimenti destinate a recupero energetico), vengono realizzati prodotti per la casa (Utilplastic), accessori per parchi gioco (Tlf), basamenti per grandi contenitori da trasporti (Capp Plast), particolari per prefabbricati (Shelbox), componenti per l'Mp3, il nuovo veicolo ibrido della Piaggio.
Per far realizzare ai propri partner questi ri-prodotti, Revet ha selezionato quelli che fino a poco tempo fa erano considerati solo scarti (e ancora oggi, in Italia, in molti casi continuano a esserlo) e ne ha fatto il plasmix, la materia prima seconda utilizzata negli stampi di alcune imprese toscane che lo utilizzano al posto delle materie prime vergini o dei derivati del petrolio. «Il plasmix deriva dalle plastiche eterogenee che rappresentano il 60% delle plastiche raccolte e selezionate da Revet, e sono in costante aumento, anche a causa della sanitarizzazione e della mononuclearizzazione delle famiglie», ha spiegato il presidente di Revet Valerio Caramassi.
Ma per la filiera del riciclo, i potenziali passi in avanti verso uno sviluppo industriale sono ancora molti. Lo hanno spiegato le aziende che oggi utilizzano il plasmix e anche altri materiali, come i contenitori in poliaccoppiati (ad esempio il Tetra Pak) e il vetro, mentre gli imballaggi in alluminio e acciaio hanno una filiera di riciclo certa, ma che valica i confini regionali.
Una delle criticità è stata raccontata da Rossano Naldini, della Zignago di Empoli. «In Italia non abbiamo la coscienza di separare il vetro dagli altri materiali e ciò comporta dei problemi nelle lavorazioni che eseguiamo. La ceramica che spesso troviamo nei contenitori della differenziata del vetro, per esempio, ha una temperatura di fusione molto alta e quando viene a contatto con il vetro può causarne la rottura». Allo stesso modo ci sono altri nemici del vetro, come le pirofile, il cristallo, gli specchi... che non devono assolutamente essere conferiti nel contenitore del vetro, perché ne pregiudicano il riciclo.
«Un altro fronte sul quale dobbiamo migliorare è la quantità - continua Naldini - molto spesso siamo costretti a importare il vetro dagli altri paesi europei all'avanguardia nel sistema di raccolta. L'industria europea del vetro dagli anni sessanta, comunque, ha fatto passi da gigante, e nel 2008 ha raggiunto un importante traguardo con la riduzione del 50% di energia rispetto agli anni ‘60. L'aumento del consumo di rottame di vetro e il risparmio di materie prime (sabbia, soda, marmo, ecc) ha consentito di risparmiare oltre un milione di MWH, equivalente al consumo di energia elettrica di sei milioni di lavatrici di classe A in un anno intero. In termine di emissioni, sono state risparmiate circa due milioni di CO2, pari alle emissioni in un anno di un milione di auto Euro 5, e oltre 270.000 tonnellate di petrolio, pari a 2 milioni di barili».
Il responsabile della Lucart, Luigi Trombetta, ha illustrato poi alcuni aspetti della filiera del riciclo dei poliaccoppiati come il Tetra Pak, che in Toscana vengono raccolti e selezionati da Revet che poi li invia proprio al nuovo impianto Lucart in provincia di Lucca, in grado di recuperare l'intera parte cellulosica (75%) e di avviare a riciclo anche il restante 25% composto da alluminio e plastica.
«L'approvvigionamento di materia prima di recupero comporta le stesse dinamiche, difficoltà, logiche di mercato, di quelle vergini. La nostra è un industria come le altre, un'industria che però non abbatte alberi - Luigi Trombetta - precisa Anche dal punto di vista della qualità siamo simili alle altre imprese, nel senso che un rotolo di carta riciclata deve avere le stesse caratteristiche di quello fatto con la cellulosa. Chi pensa che il prodotto riciclato abbia una qualità inferiore al prodotto non riciclato, e magari anche un prezzo più basso, sbaglia due volte: la prima perché nel corso degli anni gli investimenti finanziari in ricerca e sviluppo sono stati una priorità e hanno dato degli ottimi risultati; la seconda, perché il prezzo al consumo non è detto che debba essere inferiore ai prodotti non riciclati».