
[22/06/2012] News
Legambiente: «Imbarazzante nei contenuti e sprezzante della volontà del territorio»
Quello di Porto Tolle non era un episodio: il presidente del Consiglio Mario Monti ha firmato il decreto di Valutazione di impatto ambientale (Via) per la realizzazione della centrale a carbone di Saline Ioniche, in Calabria. Legambiente non sembra averla presa bene. Il vice-presidente nazionale del Cigno Verde, Stefano Ciafani, ha detto che «Il decreto del presidente del Consiglio dei ministri che dà il via libera è imbarazzante, sprezzante della volontà dei territori ed assolutamente attaccabile sotto il punto di vista amministrativo. Non faremo mancare il nostro contributo in tribunale, come del resto abbiamo già fatto con i diversi ricorsi sulla riconversione a carbone della centrale a olio di Porto Tolle, presentati insieme alle altre associazioni, ai comitati e ad alcune categorie produttive del luogo.
La Sei non canti vittoria prima del dovuto e smetta di spacciare per ambientalmente avanzato sul fronte delle emissioni di anidride carbonica il suo progetto predisposto alla cattura e al confinamento della CO2 perché la stessa azienda sa bene che questa è ancora una tecnologia da sperimentare su grande scala, e che comunque abbasserebbe il rendimento della centrale con evidenti ricadute sulla presunta economicità di questo impianto, che di fatto renderà irrealizzabile la sua fattibilità». Secondo gli ambientalisti «La nuova centrale a carbone di Saline poi non serve al Paese né tantomeno alla Calabria che esporta energia e ha scelto nel suo piano energetico la strada dell'efficienza e delle rinnovabili.Oggi il nostro Paese ha più centrali di quelle che servono: ci sono impianti per 110mila MW, ma i picchi di consumo non sono mai andati oltre i 57mila MW».
Anche secondo Enrico Panini, segretario confederale della Cgil con delega ai problemi dell'ambiente e della sostenibilità «Il via libera del Consiglio dei ministri alla centrale a carbone di Saline Joniche è una scelta sbagliata per i danni ambientali che il ricorso al carbone produrrà ed è sbagliata perché colloca il nostro Paese fuori dal novero dei Paesi impegnati a coniugare crescita economia e sostenibilità, nonché in contrasto con ciò che la popolazione interessata e la grande parte delle istituzioni locali hanno sostenuto. Mentre a Rio de Janeiro è in corso una importante discussione per fare dell'economia verde il nuovo pilastro sul quale costruire crescita economica e rispetto dei diritti, in Italia si compie l'ennesima scelta che contraddice palesemente un tema ormai da tempo ineludibile (la green economy), si devasta un territorio con un progetto faraonico, non si presta attenzione al grande contributo che la Calabria può ulteriormente dare in tema di energie rinnovabili e di rispetto dell'ambiente ricavandone, a sua volta, impulso per edilizia, installazioni e manifatturiero. Mentre l'agenda delle mobilitazioni in Calabria si riempirà rapidamente per scongiurare ogni possibilità che si costruisca la centrale di Saline Joniche, anche grazie all'impegno già dichiarato dalla nostra Confederazione è necessario che il governo apra urgentemente un confronto vero con le Confederazioni sul modello di crescita per il nostro Paese che non può che essere coerente con i deliberati europei e rispettoso della sostenibilità che deve comportare ogni scelta».
Legambiente da molti anni chiede che l'Italia equilibri il suo mix di fonti per la produzione di elettricità e di energia, riducendo le importazioni i costi delle bollette, ma sottolinea che «Farlo con la fonte più inquinante e climalterante equivarrebbe ad un suicidio economico, oltre che industriale, per il sistema Paese, con una rinascita economica che riguarderebbe solo il bilancio delle aziende energetiche a danno delle casse dello Stato, delle tasche dei cittadini e delle imprese, soprattutto a causa delle multe previste dagli accordi internazionali. Il carbone non serve all'Italia per risolvere i suoi problemi energetici, perché peggiorerà la dipendenza del nostro Paese dall'estero, visto che già oggi importiamo più del 99% del carbone utilizzato nelle centrali italiane; non abbasserà la bolletta, visto che dei potenziali risparmi nell'acquisto del combustibile beneficeranno soprattutto i bilanci delle aziende; peserà alla fine sulle casse dello Stato e sulle tasche degli italiani, perché non ci permetterebbe di rispettare gli accordi internazionali sul clima a danno della salute e dell'ambiente, con costi maggiori per il sistema sanitario e per il disinquinamento ambientale».
Il calabrese Nuccio Barillà, della segreteria nazionale di Legambiente, ricorda che «Non si tratta solo di emissioni di CO2, il carbone è anche una grave minaccia per la salute, come descritto puntualmente nell'allegato A al decreto di VIA firmato dal premier Monti: la combustione del carbone rilascerà in atmosfera un cocktail di inquinanti, a partire dalle polveri ultrafini e i metalli pesanti, che coinvolgeranno un'area molto più vasta di quella intorno alla centrale con pesanti ricadute sanitarie, di cui la provincia di Reggio Calabria e più in generale il nostro Paese non hanno certamente bisogno, anche alla luce della procedura d'infrazione sul mancato rispetto della direttiva sulla qualità dell'aria che grava sulla testa di tutti noi. La Regione Calabria si opponga in tutte le sedi, anche in quelle giudiziarie, a questa decisione centralista del governo che getta alle ortiche il no compatto che il Consiglio regionale ha votato contro l'uso del carbone per la produzione elettrica sul territorio. Per questo ci aspettiamo una coerente risposta anche in sede amministrativa da parte dell'amministrazione regionale contro questa ennesima operazione colonizzatrice. La reazione sdegnata che il decreto Monti ha già prodotto nell'area grecanica dovrà pesare da subito nell'orientamento della Regione contro questo progetto scellerato».