[26/06/2012] News

Quando l'incertezza del dovere frena una corretta gestione del ciclo integrato dei rifiuti

Il mercato dei servizi pubblici locali, e della gestione dei rifiuti urbani in particolare, rappresenta circa 8 miliardi di euro di fatturato, occupa oltre 70.000 addetti e ha un bacino di utenza di oltre 40.000.000 di cittadini. Il settore ha assunto un ruolo strategico per l'intero sistema economico e rappresenta una parte consistente del valore complessivo degli appalti di servizi che, secondo gli ultimi dati diffusi dall'Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture, hanno fatto registrare nell'anno 2011 un valore pari a 38,1 mld di euro, pari al 41,1% della domanda complessiva di contratti pubblici.

Alla luce di queste dovute premesse si è tenuto oggi il convegno dal titolo "Il difficile percorso di liberalizzazione dei servizi pubblici locali", organizzato da FISE Assoambiente, l'Associazione che in Confindustria rappresenta le aziende private (circa 25.000 mila addetti ai lavori) che operano in campo ambientale, ed al quale sono intervenuti rappresentanti delle Istituzioni e delle Autorità competenti, tra cui CNEL, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Corte dei Conti e Ministero dell'Ambiente.

«Il già articolato processo di liberalizzazione dei servizi pubblici locali - denuncia Fise Assoambiente - su cui più volte il nostro Paese è stato sollecitato da pressanti richieste dell'Unione Europea, è oggi seriamente minacciato da una proposta di Legge che rischia di frenare l'apertura del mercato e anzi di legittimare in maniera ingiustificata la prosecuzione degli attuali affidamenti in house».

Quel che è certo, come sottolinea Massimiliano Atelli, capo ufficio legislativo del ministero dell'Ambiente, è che «Il settore della gestione dei rifiuti presenta delle peculiarità rispetto agli altri servizi pubblici locali, in quanto ha tre obiettivi da conciliare: efficienza ambientale, finanziaria e gestionale». A fronte di questo settore sì peculiare, ma determinante per una gestione sostenibile della nostra macchina economica, ancora oggi si procede a tentoni, inciampando anche in scivoloni che potremmo definire "linguistici".

«Ancora troppi confondono i fenomeni di liberalizzazione e privatizzazione», evidenzia infatti Maurizio Libè - componente della I Commissione affari costituzionali della Presidenza del Consiglio e Interni della Camera dei Deputati. Gli fa in qualche modo eco Carlo Alberto Manfredi Selvaggi, consigliere della Corte dei Conti, quando afferma che «Il settore dei servizi pubblici locali manca di certezza del diritto».

Il problema, però, va oltre l'incertezza del diritto, scendendo in profondità fino a toccare l'incertezza del dovere. Il continuo rimaneggiamento delle norme crea infatti una situazione di confusione, un atteggiamento gattopardesco che toglie la certezza del dovere a chi vuole - o a chi vorrebbe - operare attivamente per una corretta gestione del ciclo integrato dei rifiuti.

«Nel settore della gestione rifiuti il nostro Paese è incorso più volte nelle infrazioni della normativa europea e i commissariamenti non sono stati una soluzione del problema, bensì hanno spesso generato un forte spreco di risorse pubbliche (in Campania, ad esempio, con 4 mld di euro). Non sono mai stato un aperto sostenitore ideologico delle liberalizzazioni che fino ad oggi in Italia hanno mostrato luci e ombre. La confusione normativa e la rigidità burocratica - chiosa dunque Ermete Realacci (nella foto), responsabile green economy Pd - insieme alla presenza delle ecomafie, limitano gli investimenti in questo settore. Bisogna capire in che direzione vuole procedere la politica sul fronte della liberalizzazione dei servizi pubblici locali e attribuire al pubblico la funzione di controllo».

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