
[27/06/2012] News
«La Sira è in stato di guerra e bisogna fare dio tutto per vincerla», parola del dittatore siriano Bashir al Assad che si è rivolto così ai suoi ministri riuniti nella prima riunione del nuovo governo, uscito dalle elezioni farsa di qualche settimana fa. «Noi viviamo in una vera situazione di guerra - ha detto Assad - Tutte le nostre politiche e tutti i settori devono essere messi al servizio della vittoria in questa guerra» ha detto Assad, che poi ha nuovamente definito «Terroristiche» le azioni dell'opposizione armata.
Dopo 15 mesi di eccidi di civili, scontri, attentati e bombardamenti di città e 15.000 vittime, Assad ha quindi scelto di ammettere che il Paese che sta soffocando nel sangue è in guerra, segnando un'ulteriore escalation della crisi e probabilmente seppellendo così il Piano di crisi dell'Onu e della Lega Araba che, d'altronde, hanno dimostrato tutta la loro impotenza. Solo ieri l'agenzia ufficiale Sana parlava di «Decine di terroristi uccisi» negli scontri nel quartiere di al Hameh, nel sobborgo di Qudsaya, a 8 km a nord del centro di Damasco, precisando che «I ribelli avevano bloccato la vecchia strada che porta a Beirut».
L'abbattimento dell'aereo da ricognizione turco RF-4E avvenuto il 22 giugno al largo delle coste siriane sembra aver fatto precipitare la situazione. Ieri il primo ministro turco, Tayyip Erdogan, si era detto soddisfatto per la posizione presa dalla Nato: «I 28 membri dell'alleanza hanno fermamente condannato la Siria», ha detto Erdogan a margine della cerimonia per la firma dell'accordo tra Turchia ed Azerbaigian per il progetto di gasdotto Trans-anatolico R Tanap. I Paesi Nato «Hanno dimostrato di avere un atteggiamento comune di fronte all'incidente e che vigileranno».
E' stato decisamente più duro il presidente turco Abdullah Gül che, intervenendo al 20esimo summit dell'Organizzazione della cooperazione economica del Mar Nero, ha detto che l'abbattimento dell'aereo «dimostra in quale stato di paranoia si trovi oggi l'esercito siriano». La Turchia dice che il suo RF-4E è stato abbattuto dalla contraerea siriana in acque internazionali, ma l'aereo è stato localizzato il 24 giugno a 1.300 metri di profondità nelle acque territoriali della Siria.
Di solito sono "incidenti" come questi ad innescare la miccia della guerra e quel che potrebbe succedere lo spiega bene sulle colonne di Ria Novosti, Jean-Dominique Merchet, un giornalista e saggista francese esperto di questioni della difesa, membro dell'Institut des hautes études de défense nationale ed autoere di libri come "Mourir pour l'Afghanistan", "Défense européenne : la grande illusion" e "La mort de Ben Laden".
Secondo Merchet dopo 15 n mesi di violenza «la Siria è ormai il teatro di una spaventosa guerra civile della quale niente annuncia la fine». L'esperto francese non dà la colpa al solo regime baahtista di Assad di aver favorito questa evoluzione tragica della crisi siriane e di aver «Optato per la politica del peggio».
Quel che starebbe accadendo in Siria «Non è più l'insurrezione di una popolazione contro il potere, ma lo scontro di siriani (tra i quali quelli del regime) ime) contro altri siriani, che sono separati dalle loro origini etnico-religiose, dai loro interessi familiari e dalle loro scelte politiche». E' lo scenario "libico" e tribale che greenreport.it paventò quando la repressione e gli scontri si fecero più duri.
Merchet si chiede se occorre un intervento militare esterno per far cessare le violenze in Siria, secondo il principio della "responsabilità di proteggere", così malamente applicato in Libia, ormai preda dello spappolamento dello Stato e fatta a brandelli dalle milizie "rivoluzionarie" e tribali. Secondo l'esperto francese la risposta preferibile è no.
Il Capo di stato maggiore delle forze armate francesi, l'ammiraglio Edouard Guillaud, mentre i suoi servizi lavorano da mesi su degli scenari di intervento, giudica una tale operazione «Estremamente complicata. Per tenere la fascia costiera, ci vorrebbero 100.000 uomini... Ora, nessuno all'interno della Nato e nel mondo arabo ha 100.000 uomini sottomano». Merchet fa l'esempio dell'esercito del "contrat opérationnel" dell'esercito francese che può inviare al massimo 30.000 uomini in un'operazione all'estero «A condizione che ci vogliano 6 mesi per farla e che la missione non superi un anno. L'epoca dei grossi battaglioni e davvero dietro di noi! Vi immaginate gli americani che si impegnano al suolo in un Paese arabo-musulmano alla vigilia delle elezioni presidenziali, mentre Obama spera, bene o male, di finirla con l'Afganistan dopo aver "saldato" l'Irak ?».
Anche lo scenario di intervento "libico" richiederebbe sia un attacco aereo che azioni di commandos clandestine a sostegno della divisa opposizione armata siriana. Le basi degli attacchi aerei dovrebbero essere a Cipro ed in Turchia e delle portaerei Nato potrebbero colpire obiettivi in Siria come fecero con le installazioni militari di Gheddafi. Ma per mettere in ginocchio l'esercito siriano generosamente rifornito da russi, cinesi ed iraniani, probabilmente ci vorrebbero mesi, anche se la sua aviazione, come quella libica, non rappresenta nessuna seria minaccia per la Nato e potrebbe essere distrutta in pochi giorni.
E' invece la difesa antiaerea, come ha dimostrato l'abbattimento dell'aereo turco, a porre gravi problemi, quindi bisognerebbe decapitare i sistemi di difesa antiaerea con raid mirati e la guerra elettronica, ma in Siria, a differenza della Libia, questi apparati sono numerosi e con sistemi autonomi. Anche le forze speciali clandestine, che sarebbero già presenti in Siria, sarebbero destinate più ad addestrare gli insorti di gruppi come l'Armée syrienne libre che per combattere a viso aperto contro l'esercito del regime nazional-socialista siriano.
Ma alla fine, anche risolvendo questo intricato rompicapo geopolitico e militare, secondo Merchet «Resta una questione politica essenziale: quale mandato per quale missione? Abbiamo visto, nel 1999, la Nato passare dal mandato delle Nazioni Unite per intervenire contro la Serbia in Kosovo, ma il mondo e la Russia non sono più gli stessi di quell'epoca... Oggi sappiamo che, nel 2011, Nicolas Sarkozy ha seriamente considerato l'ipotesi di chiedere un tale mandato... E la missione? "Proteggere le popolazioni"? Questo significherebbe anche proteggere i due milioni di alauiti, sostenitori del regime e la cui stessa esistenza è minacciata dalla vittoria dell'opposizione sunnita? Abbattere il regime, come è tato il caso della Libia... andando oltre il mandato conferito dalla comunità internazionale? Molti pensano al rischio di aprire il vaso di Pandora, installando un potere islamista a Damasco».
Assad sembra trincerato dietro i suoi carri armati russi e cinesi e soprattutto dietro i clamorosi insuccessi politici degli interventi armati occidentali in Iraq, Afghanistan e Libia... l'impotenza politica dell'Occidente sta diventando la forza che gli permette di sopravvivere mentre devasta il suo Paese. Merchet infatti presenta un ultimo elemento favorevole alla dittatura: «La reazione del regime e deio suoi amici.
Come diceva il generale De Gaulle, "La differenza tra la caccia e la guerra è che e in guerra il coniglio spara!" Il regime è con le spalle al muro: i suoi due grandi vicini, la Turchia (la vecchia potenza coloniale) ed Israele (il nemico di sempre) vogliono apertamente la sua caduta, come gli islamisti sunniti. Quindi si difenderà, con l'aiuto dell'Iran e degli Hezbollah sciiti libanesi». E Paesi come Italia e Francia, che hanno molti uomini nella forza di Pace Onu in Libano, che potrebbero trovarsi in guai seri se partecipassero ad un attacco Nato alla Siria...
Come evocato, un grande sostenitore di Assad, il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov ha detto che «Non sono gli esperti, ma i ministri degli esteri che devono mettere a punto il documento finale della conferenza internazionale sulla Siria prevista il 30 giugno a Ginevra», proposta proprio da Mosca e che riunirà gli Stati che hanno un'influenza reale sul regime e sull'opposizione siriani. La Russia, come ha confermato il presidente Vladimir Putin, vuole che ci sia anche l'Iran, ma Usa e Francia si sono opposti alla partecipazione della Repubblica Islamica. Lavrov ha detto che andrà a Ginevra anche se non ci sarà l'Iran ma Putin, che è in visita proprio in Medio Oriente ha avvertito che «Più ci saranno dei vicini della Siria coinvolti nel processo di regolamentazione e più ci saranno Chance. Qualunque Paese vicino potrebbe influire in una maniera o nell'altra su alcune forze all'interno della Siria. Ignorare queste possibilità sarebbe controproducente e complicherà il processo».