
[04/07/2012] News
Le deroghe adottate dalle Regioni al generale divieto di prelievo venatorio, non possono comportare la riduzione del livello di tutela apprestato all'ambiente e all'ecosistema dalle norme previste dal legislatore nazionale. Lo ricorda la Corte Costituzionale - con sentenza dello scorso mese - che ha dichiarato incostituzionale la legge del Piemonte nella parte in cui ha previsto l'approvazione del piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2011/2012.
Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri la legge consentirebbe la cattura dei richiami vivi utilizzando strumenti espressamente vietati sia da trattati internazionali (a cui lo Stato italiano ha aderito), sia dalla normativa dell'Unione europea. E inoltre la legge sarebbe stata adottata in assenza dei presupposti che, in base alla normativa comunitaria, legittimano le deroghe al divieto di prelievo venatorio.
Nella giurisprudenza della Corte Costituzionale è costante il rilievo che le deroghe adottate dalle Regioni al divieto di prelievo venatorio non possano determinare la diminuzione di tutela della fauna previsto dalla norma statale. Le Regioni, nell'esercizio delle loro competenze, devono rispettare la normativa statale di tutela dell'ambiente, ma possono stabilire, per il raggiungimento dei fini propri delle loro competenze (in materia di tutela della salute, di governo del territorio, di valorizzazione dei beni ambientali, ecc...), livelli di tutela più elevati, con ciò certamente incidendo sul bene materiale ambiente, ma non al fine di tutelarlo in via diretta.
Dunque, disciplinare attraverso lo strumento legislativo il piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2011/2012 può comportare (così come avvenuto in Piemonte), l'impossibilità di ricorrere allo strumento di reazione avverso i provvedimenti regionali derogatori al divieto di prelievo venatorio ritenuti viziato (costituito dal potere di annullamento previsto espressamente dal comma 4 dell'art. 19-bis della legge n. 157 del 1992). Poiché l'attribuzione di tale potere è finalizzata a garantire un'uniforme e adeguata protezione della fauna selvatica su tutto il territorio nazionale è evidente che l'inibizione di tale potere - determinando la violazione di un livello minimo di tutela della fauna - si traduce - secondo la costante giurisprudenza della Corte - nella violazione della competenza esclusiva statale prevista dalla Carta costituzionale (art. 117, secondo comma, lettera s), Costituzione).