
[04/07/2012] News
A giugno, la caduta libera del mercato auto italiano ha segnato il non invidiabile calo del 24,42% delle unità vendute rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Non solo, si prevede che di questo passo per il 2012 si arriverà a un livello di vendite simile a quello del 1979. Inoltre, gli analisti sostengono che questi dati siano "drogati" dalla presenza delle vetture a KM0 e l'ultima novità (che arriva da focus2move.com, una società di ricerca e consulenza nel settore auto motive e mobilità) è che, se è vero che «il governo è responsabile del declino del mercato, dopo aver aumentato la tassazione sul carburante, sul possesso di un'auto (per i veicoli di lusso) e l'Iva» è altrettanto vero che le prospettive «dell'Italia come paese con un deficit nazionale del 120% del Pil è stata fortemente migliorata.
Il mercato automobilistico è diminuito del 19,3% nel primo semestre del 2012, una brutta notizia per tutti i venditori di automobili e distributori. Ma senza le tasse che hanno dato sostanza alla credibilità italiana, il mercato aveva seguito il percorso già intrapreso dalla Grecia, Portogallo, Irlanda e Spagna. Quindi, dovremmo guardare a -20% come un bicchiere mezzo pieno, piuttosto che ad un bicchiere mezzo vuoto». Dunque, senza Monti sarebbe andata pure peggio.
Ma se l'industria dell'auto e il suo indotto non fossero ancora così determinanti per l'economia del Paese, si potrebbe anche guardare alle conseguenze positive in termini di sostenibilità ambientale che questa situazione potrebbe portare con sé. In linea del tutto teorica il combinato disposto dei costi dell'auto (dall'acquisto; al carburante; alla manutenzione; al bollo e all'assicurazione) e dell'impoverimento degli italiani potrebbe condurre a una riduzione del numero di mezzi privati circolanti e quindi delle emissioni di inquinanti nell'aria, e forse anche degli incidenti stradali.
Tuttavia dai dati dell'Aci si evince che dal 2002 al 2012 il parco auto è passato da 33milioni e 706mila 153 alla stima di 37milioni e 138mila 990. Quindi, al momento certamente non si comprano molte meno nuove auto, ma per le strade ce se sono sempre di più (non fosse altro che parcheggiate se non proprio circolanti).
In questo contesto, reso ancor più drammatico dalla prospettiva ventilata ieri dall'Ad di Fiat Marchionne di chiudere uno stabilimento in Italia se le cose non cambieranno - specialmente nelle vendite del gruppo in Usa - riteniamo che sia prossima come minimo l'ipotesi di un ritorno al passato con incentivi per la rottamazione delle auto. Greenreport.it è sempre stato contrario agli incentivi che hanno - come si è visto - dopato per anni un mercato altrimenti già asfittico ben prima della crisi. Tuttavia, nel caso dovesse davvero essere fatta questa proposta, riteniamo che sarebbe l'occasione vera per una svolta. Ovvero una riconversione dell'industria dell'auto non più e non solo come in passato legata a doppio filo all'aspetto energetico - carburante e consumi - ma come prodotto ecosostenibile a partire dalla sua costruzione. Non solo, anche la vendita di moto e scooter - per non dire dei ciclomotori - ormai è in continuo crollo. Solo Piaggio, grazie alla vendita di 9000 scooter a Poste, è andata controtendenza ma sono dati anche questi "drogati": perché quindi non allargare gli incentivi a tutto l'automotive, compresi persino i camion e gli autobus?
Quale migliore occasione di questa per far ad esempio decollare il mercato dei prodotti derivati dal riciclo delle plastiche? Siamo convinti che in questo settore ci siano già aziende pronte per la sfida ed altre che potrebbero investire su questa che è vera innovazione e che necessariamente dovrà creare sinergie con università e laboratori per ottenere risultati importanti anche nell'ottica, come da strada indicata dalla Commissione Ue, della sempre più evidente scarsità di talune materie prime. Non solo quindi auto elettrica, ma auto ecocompatibile e dunque costruita con criteri di risparmio di materia al pari del risparmio di energia e quindi anche della rinnovabilità della materia al pari della rinnovabilità delle'energia. Questa è (sarebbe) politica industriale, il resto sono chiacchiere.