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"La capacità della flotta resta uno dei principali ostacoli al conseguimento di una pesca 
sostenibile e costituisce uno degli aspetti che la Commissione intende trattare nella sua proposta di 
riforma della politica comune della pesca". Lo afferma la stessa Commissione europea nella sua 
relazione sugli sforzi compiuti dagli Stati membri nel 2010 per il raggiungimento di un equilibrio 
sostenibile tra la capacità e le possibilità di pesca. La relazione - trasmessa al Consiglio e al 
Parlamento europeo - è la sintesi delle relazioni annuali degli Stati membri sugli sforzi compiuti 
nell'anno precedente. Esse, infatti, presentano in modo succinto la valutazione statale dell'equilibrio 
fra le dimensioni della flotta nazionale e le risorse a essa assegnate. Tali relazioni statali però hanno 
un'utilità limitata. La Corte dei conti, infatti, è giunta alla conclusione che le norme di rendicontazione 
imposte agli Stati membri sono inadeguate e poco chiare e che da ciò derivano l'insufficienza e 
l'inadeguatezza della maggior parte delle relazioni presentate, con la conseguente impossibilità di 
trarre conclusioni circa la sovraccapacità di pesca.
Nella relazione dell'Italia si rileva che il 
valore medio per l'insieme della flotta è solo del 54%, benché i pescherecci con reti da traino, quelli 
con sfogliare e quelli con reti a circuizione presentino valori superiori al 70%. Gli indicatori economici 
presentano valori negativi per i pescherecci con reti da traino e con reti a circuizione di dimensioni 
maggiori. L'equilibrio tra la capacità della flotta e le possibilità di pesca si è globalmente degradato 
nel corso del 2010. E nel 2010 la capacità della flotta italiana si è ridotta di circa il 4% in termini di 
stazza e del 3,2% in termini di potenza, mentre il numero delle navi è sceso solo dello 0,5%.
In generale, la scheda dei dati per il 2010 contenuta nella relazione della Commissione indica 
che le riduzioni di capacità realizzate nel corso dell'anno (3,6% in termini di stazza e 2% in termini di 
potenza) sono in linea con quelle degli anni precedenti, benché emerga una lieve accelerazione 
dell'adeguamento della capacità in termini di stazza.
La capacità smantellata mediante aiuti 
pubblici nel 2010 è stata inferiore a quella del 2009 e si è concentrata in pochi Stati membri. La 
Spagna, l'Italia e la Francia rappresentano circa l'80% della stazza totale. Tale stazza ritirata 
mediante aiuti pubblici corrisponde a circa il 50% della riduzione di stazza netta registrata nel corso 
dell'anno.
La difficoltà di verificare l'esattezza della potenza motrice dichiarata costituisce 
una carenza del sistema di gestione. Un problema che non riguarda solo la Danimarca, che lo ha 
menzionato nella sua relazione, ma interessa anche altri Stati membri.
Ancora una volta, i 
dati relativi alla riduzione nominale della flotta forniscono poche indicazioni sul vero problema 
dell'eccesso di capacità: il fatto che i parametri fissi (come la stazza e la potenza) non consentano di 
rilevare il progresso tecnico, nonché le difficoltà pratiche connesse alla misurazione della potenza 
motrice, rendono in pratica quasi privo di senso il rispetto formale dei limiti di capacità.
La 
relazione economica annuale per il 2009 ha rivelato che un numero significativo di pescherecci - la 
maggior parte dei quali di piccole dimensioni - non esercita alcuna attività di pesca. Benché 
l'inattività delle navi possa essere dovuta a vari motivi di ordine tecnico, economico e sociale, un 
basso livello di attività, associato a una pressione di pesca eccessiva su alcuni stock e a scarsi 
risultati economici, indica che l'eccesso di capacità resta uno dei principali ostacoli per giungere a 
una pesca sostenibile. Per questo la Commissione sostiene che occorra adottare un approccio 
coerente su come tener conto della capacità delle navi inattive perché ciò potrebbe condurre a 
conclusioni diverse circa l'esistenza di un eccesso di capacità. Quindi, dato che molte navi inattive 
sono più o meno "pronte alla pesca", esse andrebbero prese in considerazione per ottenere un 
quadro completo della sovraccapacità.
La sopravvivenza di alcuni segmenti della flotta 
dipende dalla disponibilità di sovvenzioni e ciò costituisce un altro segnale di una possibile 
sovraccapacità economica. A tale proposito vari Stati membri hanno sostenuto che una ridotta 
capacità contribuirebbe a migliorare la sostenibilità biologica ed economica di alcune attività di 
pesca. La riduzione della capacità di pesca, con o senza l'uso di fondi pubblici, è di competenza degli 
Stati membri interessati. Gli adeguamenti di capacità, però non dipendono unicamente dalle misure 
adottate dalle amministrazioni statali, ma anche dalla volontà del settore di ridurre la capacità di 
pesca. Al ritmo con cui procede attualmente la riduzione della capacità, che è almeno in parte 
compensata dal progresso tecnologico, non sarà facile eliminare l'eccesso di capacità a breve 
termine se non interverranno cambiamenti nell'attuale politica. Per questo la Commissione mette in 
questione la necessità e l'efficacia delle riduzioni di capacità finanziate con fondi pubblici. Anche la 
Corte dei conti ha concluso nella sua relazione che le misure attualmente in vigore non hanno avuto 
i risultati auspicati e che occorre adottare un nuovo approccio al problema o migliorare l'applicazione 
delle misure esistenti. Anche perché l'utilizzo di indicatori meglio definiti, le attuali limitazioni di 
capacità non si sono rivelate efficaci nel combattere l'eccesso di capacità.