[18/07/2012] News

Per fare la green economy ci vuole l'industria, per fare l'industria green ci vuole la materia rinnovabile

Il metabolismo socio-economico è caratterizzato dal flusso ininterrotto di energia e di materia. Input e output. Il più possibile (pasti gratis non esistono) in modo circolare. Ma se i flussi di energia godono di buona stampa, quelli di materia vengono sistematicamente ignorati. Se parlare quindi di rinnovabilità dell'energia nel 2012 non ha quasi bisogno di spiegazioni, discutere di rinnovabilità dei materiali - come si farà venerdì 20 luglio nella terza assemblea programmatica in preparazione degli Stati Generali della Green Economy previsti per il 7 e 8 novembre prossimi a Rimini - diventa una notizia. E lo diventa a maggior ragione quando l'orizzonte è proprio quello di cambiare il modello di sviluppo, fondandolo sulla green economy. All'evento, infatti, saranno esaminati tutte le politiche, le misure e i target per lo sviluppo del riciclo dei  rifiuti e per la rinnovabilità dei materiali come ha spiega Walter Facciotto, direttore del Conai e coordinatore del gruppo di lavoro sui rifiuti: «La gestione dei rifiuti non è solo un servizio ma un vero e proprio comparto dell'industria del riciclo, a sua volta volano dell' economia italiana. Essa è inoltre la fonte di approvvigionamento di materie prime seconde e un mezzo per una maggiore indipendenza dalle importazioni di materie prime e di energia».

La stessa road map prevista dalla Commissione Ue - di cui greenreport.it ha scritto più volte - prevede che entro il  2020 i rifiuti siano gestiti come una risorsa e il  riciclaggio e il riuso dei rifiuti sia un'opzione economicamente interessante per gli operatori pubblici e privati, grazie alla diffusione della raccolta differenziata e allo sviluppo di mercati funzionali per le materie prime secondarie. Inoltre - ricordano gli organizzatori dell'evento che ha come titolo "Sviluppo dell'ecoefficienza, della rinnovabilità dei materiali e del riciclo dei Rifiuti" - la road map prevede anche che le spedizioni illecite dei rifiuti siano completamente eliminate per quella data e sia anche eliminato  lo smaltimento in discarica e garantito il riciclaggio di alta qualità.

Ma perché secondo noi è così importante occuparsi della rinnovabilità della materia? Innanzi tutto perché tragicamente si è sovrapposta, almeno in Italia, l'attività di raccolta dei rifiuti con quella del riciclo. Spacciano l'un per l'altra due cose non estranee fra loro ma sicuramente distanti  e assai distinte. In questo modo non si è sviluppato il settore industriale e neppure, a sufficienza, il mercato del riciclo, visto che ogni sostegno è andato tutto alle raccolte e al recupero energetico. E inquieta oltremodo, in questo senso, quanto sembra prevedere il decreto sulle rinnovabili elettriche  che conterrebbe anche  incentivi alla combustione di rifiuti non differenziati (vedi l'intervista raccolta da qualenergia.it a Riccardo Terruzzi dell'Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano)

Ma non è tutto, perché nel contesto economico dato e visti i costi e le scarsità di materie prime, le "prime seconde" danno l'opportunità al settore industriale di avere una vera miniera a propria disposizione sostanzialmente ‘rinnovabile' (e non stiamo parlando di biomasse, sia chiaro) ottenendo, potenzialmente, un duplice obiettivo: formare una catena del valore del riciclo come cuore della politica industriale europea del presente/futuro; ridurre gli impatti ambientali.

In mezzo agli sconquassi dell'economia finanziaria, una nuova politica industriale basata sul riciclo sarebbe una risposta formidabile sul piano anche occupazionale. E con prospettive di lungo termine. Una politica industriale dentro un modello di sviluppo alternativo all'attuale che pur nascendo sostanzialmente da un'analisi comune - «in primis - per dirla alla Gianluca Ferrara oggi sul Manifesto - la tanto analizzata crisi finanziaria, cioè la finanziarizzazione dell'economia dovuta alla crescente sovrapproduzione», non nega e non può negare l'esistenza dei rifiuti o immaginarsi un mondo senza (auspicabile ma inverosimile proprio perché se metabolismo sociale-economico è, ci sono sempre e comunque input e output), piuttosto ha coscienza dei flussi di materia e tenta di dare una risposta di largo respiro.

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