
[20/07/2012] News
Le acque sono fortemente inquinate. E le grandi dighe mettono in pericolo l'intera economia dell'India
Quest'anno il lungo percorso sacro che vede milioni di pellegrini devoti a Shiva attraversare le montagne dell'Himalaya indiano durante il mese sacro indù di Shravan - il nostro luglio - per raggiungere le sorgenti del Gange e ripulire l'anima nelle acque fluviali, è accompagnato da un gruppetto di fedeli che sono anche ambientalisti, un gruppetto di persone che si ferma in ogni villaggio dello Stato indiano del Uttarakhand attraversato dal cammino sacro per spiegare che il Gange è ormai fortemente inquinato, minacciato dalle grandi dighe e che questo mette in pericolo l'intera economia dell'India.
Uno di questi pellegrini-ambientalisti, Yogesh Mudgal, durante una sosta nella città santa di Haridwar ha spiegato all'agenzia Ips: «Siamo un gruppo di 12 persone che visitano ogni paese sul nostro cammino sensibilizzano sull''inquinamento della Ganga», come chiamano gli indiani la loro "madre" fluviale. I 12 apostoli del Gange sono sostenitori di Rajendra Singh, un noto ambientalista difensore dei fiumi conosciuto come "Waterman of India', che sta utilizzando il prestigio per mobilitare i fedeli indù contro i colossali progetti idroelettrici che il governo vuole realizzare lungo il corso del fiume e contro le sostanze inquinato che finiscono nel corso d'acqua che si pensava avesse una miracolosa capacità auto depurativa "infinita". Il Gange, con i suoi 2.510 chilometri, è il fiume più lungo in India, irriga il 40% delle terre coltivabili del Paese e fornisce acqua potabile a 500 milioni di persone che vivono lungo le sue sponde.
Ma questo gigante è in pericolo: secondo i dati del ministero dell'ambiente indiano, ogni giorno nelle sue acque finiscono 2 miliardi e 900 milioni di litri di acque reflue nel e le città lungo il suo corso sono in grado di trattare solo un miliardo e 100 milioni di litri di scarichi urbani al giorno.
Uno studio condotto nel 2011 dall'Uttarakhand environment protection and pollution control board ha rivelato che le acque del Gange rientrano nella categoria "D" dell'inquinamento, ciò quella più inquinata, a causa del costante flussi di feci, urina e liquami urbani ed industriali che finisce nel fiume. Gli attivisti-pellegrini puntano il dito contro dighe L'organizzazione Ganga Mukti Sangram (Lotta per salvare il Gange) dice che «Le dighe sulla Ganga stanno distruggendo il fiume e stanno cambiando molto il suo aspetto. Le dighe causano un eccesso di depositi di limo a monte, con conseguente crescita delle alghe che cambia le caratteristiche delle acque». Le popolazioni che vivono sul delta del Gange, al Ganga Sagar nel West Bengala, dove il fiume sacro si getta nel Golfo del Bengala, sono molto preoccupate. Come in Banghladesh anche le isole della Ganga Sagar sono in pericolo per il cambiamento climatico, e le dighe le rendono più vulnerabili che mai all'innalzamento del mare: non arriva più abbastanza limo dal Gange per contrastare l'erosione. Secondo il Central pollution control board (Cpcb) dell'India, «in città come Kanpur le acque del Gange sono inutilizzabili persino per la balneazione, a causa degli scarichi industriali e fognari umani». Le analisi del Cpcb hanno rilevato livelli altissimi di cromo: 248 milligrammi per litro, contro un livello ammissibile di due mg/l. Altre indagini di agenzie governative ammettono che la concentrazione di cromo a Kanpur è 124 volte il livello consentito.
Gli sforzi degli ambientalisti e quel che i fedeli incontrano lungo il loro pellegrinaggio stanno facendo cambiare le cose: in molti lungo il percorso ed alle sorgenti del Gange gridando slogan come: "Ganga ko bachana hai" (Siamo venuti per salvare la Ganga). La polemica è al calori bianco e sempre più politica, si sospetta che dietro le proteste ci sia la destra induista dal Janata Party che ha già accusato il governo dell'Uttarakhand e quello centrale di non difendere l'ambiente lungo il percorso sacro e di non curare la ripida strada che porta alle sorgenti del Gange, dove accadono molti incidenti, anche mortali.
Ma anche in India si scontrano due diverse concezioni dello sviluppo ed altre organizzazioni, anche ambientaliste, sostengono i progetti idroelettrici, considerati meno inquinanti e pericolosi delle centrali nucleari, a carbone ed a gas. Il leader della Ong Rural litigation and entitlement kendra Rlek)di Dehradun, la capitale dell'Uttarakhand dice che il governo ha sospeso diversi progetti a causa delle presioni di monaci e attivisti finanziati dall'estero: «Nel 2012, i governi statale e centrale hanno ceduto alle tattiche di pressione di individui con interessi personali ed hanno abbandonato altri progetti idroelettrici nell'Uttarakhand esclusivamente per motivi religiosi e politici. Non permetteremo che l'ambiente e le risorse naturali del nostro Stato siano degradati da progetti basati sull' energia termica, il gas o sul nucleare». La Rlek ha presentato una denuncia in tribunale contro la sospensione dei progetti delle dighe ed accusa Paesi come gli Usa e la gran Bretagna di premere sul governo centrale perché porti avanti «Progetti energetici che devastano l'ambiente. La popolazione dello Stato sta affrontando gravi carenze di acqua ed energia elettrica. I responsabili di questo sono i governi statali e centrali, uomini santi finanziati da queste agenzie straniere che, nel nome di Nadi Bachao (Save the River) stanno facendo l'inferno per la chiusura di questi progetti di energia idroelettrica».
Sotto accusa è la diga di Tehri, un progetto idroelettrico sul fiume Bhagirathi, una delle due infrastrutture che hanno quasi ucciso il fiume. Mudgal spiega che «Il risultato è che anche l'Alaknanda del fiume (il flusso delle sorgenti del Gange, ndr) potrebbe soffrirne», un vero e proprio sacrilegio inconcepibile per gli indù.
Gli ambientalisti si stanno battendo strenuamente contro una diga idroelettrica sul fiume Alaknanda, a tre chilometri a valle del centro di pellegrinaggio indù di Badrinath. Rajendra Singh ha detto che «La campagna continuerà fino a quando il governo indiano non fermerà la costruzione delle 39 dighe proposte lungo il sacro ed antico fiume. E sarà un lungo viaggio. Il governo non ha né la volontà politica né alcun piano eseguibile. Anche se la Ngbra è istituita tre anni e mezzo fa con il compito di ripristinare l'antico orgoglio ed il rispetto per la Ganga, si è riunita solo due volte. «Andremo da villaggio in villaggio per sensibilizzare l'opinione pubblica».
A marzo Singh ed altri importanti membri della National Ganga River Basin Authority (Ngbra) hanno rassegnato le dimissioni per protestare contro l'insensibilità del governo di New Delhi nei confronti della salute del fiume e l'ingegnere ambientale G. D. Agrawal ha iniziato uno sciopero della fame "fino alla morte" contro i progetti idroelettrici sul Gange e sui suoi affluenti himalayani. Alla fine il governo ha arrestato Agrawal e lo ha portato in ospedale per sottoporlo ad alimentazione forzata.
Ad aprile il primo ministro indiano Manmohan Singh ha assicurato una rapida azione per salvare il fiume, ma gli ambientalisti sono scettici ed hanno deciso di prendere in mano la situazione.