[20/07/2012] News

Le scienza vuole la sostenibilità, ma è ignorata dall’(in)azione politica

Siamo in una situazione sempre più grave, ma non solo per gli effetti della crisi economico-finanziaria e per quelli, ancora più pesanti , che derivano dal deficit ecologico che continuiamo drammaticamente ad accumulare e che sarà sempre più difficile ripristinare, ma soprattutto per il livello delle risposte che l'establishment politico economico fornisce per cercare di risolvere i problemi del mondo odierni.

La situazione globale che stiamo attraversando dimostra palesemente come i modelli e le impostazioni, anche culturali, del nostro sviluppo socio economico sin qui perseguiti siano oggettivamente impossibili da perseguire ancora per il futuro: sono infatti totalmente insostenibili dal punto di vista ambientale e sociale. Ed è quindi ancor più singolare e sorprendente che ad un incremento della conoscenza scientifica sugli effetti delle nostre pressioni nei confronti dei sistemi naturali corrisponda un penoso livello di inazione politica.

La realtà è che la nostra cultura della crescita economica continua e dei modelli consumistici dominanti fatica moltissimo a comprendere come la vera grande sfida che abbiamo tutti noi, abitanti di questa meravigliosa Terra, è quella di imparare a vivere nei limiti di un solo pianeta.

La cultura scientifica che sta alla base delle conoscenze sulla sostenibilità e che è costituita soprattutto delle scienze del sistema Terra che cercano di analizzare le interrelazioni tra i grandi sistemi del nostro pianeta (il sistema dell'acqua, l'idrosfera, quello del suolo e di ciò che esiste sotto la "crosta" terrestre, la pedosfera e la geosfera, quello dell'aria, l'atmosfera, quello della vita, la biosfera) e i sistemi umani, l'antroposfera, ci dice chiaramente, come ho più volte approfondito nelle pagine di questa rubrica, che l'azione umana sui sistemi naturali è oggi equivalente a quella delle grandi forze che hanno plasmato il nostro pianeta in tutta la sua storia di oltre 4,5 miliardi di anni.

Non è un caso che i grandi programmi di ricerca sul cambiamento globale strutturati nell'Earth System Science Partneship hanno lanciato proprio quest'anno - con il patrocinio dell'International Council for Science (ICSU) - il grande programma di ricerca "Future Earth. Research for Global Sustainability" che, dopo essere stato presentato alla grande conferenza internazionale scientifica di Londra del marzo scorso, "Planet Under Pressure", è stato presentato anche alla recente Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile.

Purtroppo il mondo politico ed economico non sembra aver familiarità con  le conoscenze delle scienze del sistema Terra ed anche con le paleoscienze che cercano di comprendere come si è modificato il nostro pianeta da quando esiste ad oggi per cercare di comprendere, tra l'altro, quali paragoni possono essere ammissibili tra la situazione attuale e quelle che si sono verificate nel passato.

La cosa più singolare è che il mondo politico ed economico sembra completamente ignorare che gli straordinari stravolgimenti che si sono verificati nel passato della storia della Terra e che la scienza sta documentando con sempre maggiore accuratezza, non hanno mai avuto luogo con una popolazione umana di più di 7 miliardi di persone (avviate a superare i 9 miliardi entro il 2050) e con una civilizzazione umana che ha colonizzato ormai in maniera fisicamente osservabile, attraverso i satelliti, quasi la metà della superficie delle terre emerse.

E' molto interessante seguire tra i tanti affascinanti programmi delle ricerche sul cambiamento globale quelli relativi ai cambiamenti globali del passato, perché proprio queste ricerche possono fornirci straordinarie chiavi di lettura sulla similitudine con situazioni e fenomeni che si stanno verificando anche adesso.

Nell'ambito dell'International Geosphere Biosphere Programme a sua volta inserito nell'Earth System Science Partnership, esiste un apposito programma di ricerca definito Past Global Changes che mette insieme gli studiosi che lavorano per comprendere come, perché e quali effetti hanno prodotto i grandi cambiamenti globali del passato.

Le ultime due newsletter del programma PAGES (Past Global Changes, tutte scaricabili dal sito sopra indicato, sono particolarmente dedicate a queste problematiche e portano i seguenti titoli "Paired Perspectives on Global Change" e "Integrative Paleoscience for Sustainable Development".

Un tema di ricerca molto affascinante è quello che cerca di comprendere i grandi fenomeni di cambiamento climatico che si sono avuti nel passato per individuare confronti ed eventuali analogie con la situazione attuale.

Nello studio dell'ultima era individuata dal Geological Time Scale, cioè dalla scala dei tempi geologici del nostro pianeta che sono analizzati, individuati ed aggiornati dalla Commissione internazionale di stratigrafia, e che viene definita Era Cenozoica (la cui durata va da 65.5 milioni di anni fa ad oggi) si riconosce come il cambiamento più significativo nelle condizioni della superficie terrestre è quello che ebbe inizio in corrispondenza del passaggio tra le epoche del Paleocene e dell'Eocene verificatosi all'incirca 55 milioni di anni fa.

L'importanza di questo evento, in particolare per quanto riguarda gli interessi degli attuali cambiamenti globali indotti dall'intervento umano, riguarda il fatto che produsse un rapido riscaldamento globale del sistema climatico, importanti modificazioni negli ecosistemi e significative modifiche del ciclo del carbonio.

Questo evento è noto come Massimo termico del Paleocene-Eocene  ed è generalmente abbreviato in PETM, dalla corrispondente terminologia inglese Paleocene-Eocene Thermal Maximum.

Le temperature del globo terrestre aumentarono di circa 6°C in un periodo di circa 20.000 anni. Trascorso questo breve periodo, le temperature si riposizionarono su valori in linea con quelli dell'epoca, caratterizzati comunque da un trend in crescita. L'evento è oggetto di attento studio per cercare di identificarne con certezza le cause e le possibili correlazioni con l'aumento della concentrazione di gas ad effetto serra nel corso dei millenni.

Durante l'Eocene, la configurazione degli oceani e dei continenti era diversa dall'attuale. Il livello di concentrazione atmosferica dell'anidride carbonica (CO2) del periodo era significativamente più elevato di quello attuale. Inoltre non erano presenti calotte glaciali.

Le temperature sulla superficie terrestre aumentarono di circa 6 °C a partire dalla fine del Paleocene e per tutta la prima parte dell'Eocene, con una situazione di picco che viene definito l'optimun climatico dell'Eocene inferiore (EECO, dall'inglese Early Eocene Climatic Optimum).

A questo graduale incremento che ha avuto luogo su tempi lunghi, si sovrapposero almeno due picchi di incremento della temperatura, caratterizzati da un rapido riscaldamento globale, significativi cambiamenti ambientali e intensi aumenti del livello di carbonio. Di questi il PETM fu il più intenso e probabilmente fu il primo che ebbe luogo nel Cenozoico.

Un'altra situazione di incremento di temperatura si registrò circa 53,7 milioni di anni fa (Ma) e viene identificato come Massimo termico dell'Eocene 2 (ETM-2) ed è possibile che si siano verificate altre situazioni similari. Oggi il numero, la definizione, la datazione precisa e il relativo impatto globale di queste situazioni di incremento delle temperature dell'Eocene sono oggetto di intense attività di ricerca.

Il ciclo del carbonio ha subito significative modifiche e, in base ai dati disponibili, le stime dell'incremento di carbonio oscillano tra 2.500 e 6.800 miliardi di tonnellate in 20.000 anni. Il clima, oltre che più caldo, dovrebbe anche essere diventato più umido, con un aumento del tasso di evaporazione che raggiunse il picco nei tropici. Anche in assenza dell'apporto idrico derivante dalla fusione dei ghiacci, data l'assenza di calotte ghiacciate, il livello dei mari dovrebbe essere salito a causa dell'espansione termica.

Il PETM ha causato un'estinzione di massa di percentuali significative di alcuni gruppi marini come i foraminiferi bentonici mentre per quanto riguarda animali come i mammiferi sembra che abbia favorito una speciazione evolutiva. Diversi gruppi di mammiferi come gli artiodattili, i perissodattili e i primati apparvero e si diffusero in tutto il globo tra i 13.000 ed i 22.000 anni dopo l'avvio del PETM.

Le potenziali cause del PETM sono ritenute molteplici e vanno dalle attività vulcaniche agli assestamenti tettonici delle superfici delle terre emerse, alle eventuali variazioni dell'eccentricità dell'orbita terrestre, l'eventuale impatto di una cometa ricca di carbonio, lo scioglimento dei clatrati di metano ecc.

La situazione attuale comparata con quella, ad esempio, del PETM ci aiuta a comprendere meglio quali possano essere i livelli accettabili per gli effetti che possono derivarne sulla civiltà umana dei livelli di

Sono gli studiosi che hanno condotto queste ricerche, come il grande climatologo Jim Hansen, direttore del Goddard Institute for Space Studies della NASA e professore alla Columbia University, a ritenere come "confine planetario" che non dovremo superare, pena effetti devastanti per le società umane, della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera quella di 350 parti per milione (ppm); oggi, a giugno 2012, siamo già a 393 ppm (secondo il famoso Mauna Loa Observatory). Ecco perché è sempre più intollerabile il gap che esiste tra conoscenza scientifica e azione politica.

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