
[26/07/2012] News
«L'area euro è più forte di quanto non le venga riconosciuto»: dal centro finanziario europeo per eccellenza, Londra, Mario Draghi (Nella foto) prova a raffreddare le temperature che attorno alla tenuta della moneta unica stanno salendo vertiginosamente, in presagio di un agosto che si teme terribile. Dal feudo della sterlina, l'intervento del governatore Bce alla Global investment conference continua con affermazioni finalmente forti. «Ho un messaggio chiaro da darvi: nell'ambito del nostro mandato la Bce è pronta a fare tutto il necessario a preservare l'euro. E credetemi: sarà abbastanza».
La Banca centrale europea sembra proprio l'ultimo firewall sul quale contare per frenare la speculazione diretta alla tenuta dell'euro come l'ansia che impera sui mercati e che conduce lo spread Btp-Bund ampiamente oltre la quota segnata dai 500 punti base. La soluzione definitiva ai problemi dell'Europa continua a non essere nascosta nella sede Bce, all'Eurotower di Francoforte: fino a quando questa straordinaria accozzaglia di Stati che è l'Unione europea non si incamminerà con decisione verso la forma di stato federale, ancora saremo immersi nella selva oscura della globalizzazione finanziaria, con scarse possibilità di riuscire mai a vedere la luce.
Innalzare la democrazia ad un livello vicino a quello dove viene realmente esercitato il potere - ossia a livello globale, oltre l'effettiva giurisdizione degli Stati nazionali - è un requisito indispensabile per avere la forza di guidare i cambiamenti continui nei quali questa nostra società liquida vive. Come afferma su Project Syndicate l'amministratore dell'Unpd (United Nations Developmente Program) Kemal Derviş, citando il direttore dell'Organizzazione mondiale del commercio, Pascal Lamy, «non è solo il "locale" che deve essere portato al "globale", ma anche la politica intrinsecamente "locale" deve interiorizzare il contesto globale o regionale. Questa è una grande sfida per la leadership politica e la comunicazione ma, se non sarà soddisfatta, la democrazia e la globalizzazione saranno difficili da conciliare».
Gli Stati Uniti d'Europa sono la meta politica alla quale il continente può e deve ambire, ma l'emergenza implica un'azione immediata. L'orizzonte è ancora troppo lontano: può essere fissata la rotta, ma il rischio di affogare durante il tragitto è troppo elevato. Inoltre, una volta stabilito (?) qual è il porto nel quale vogliamo attraccare, si pone all'ordine del giorno un quesito non di minor conto, solitamente sottaciuto. Quale Europa vogliono i suoi cittadini? Un progetto politico di questa portata non può infatti essere calato di sana pianta dall'alto delle èlite al comando, ma occorre un'ampia legittimazione da parte del corpo elettorale. Istituire una solida ossatura democratica per l'Europa è dunque il punto dal quale ripartire, assieme alla ridefinizione della politica economica che questo gigante dovrà rappresentare nel mondo.
L'Unione Europea è già oggi all'avanguardia nel globo nella conduzione di politiche sostenibili, ma si muove con passo elefantiaco e incerto, ancora fin troppo tendente al dogma neoliberista del "non ci sono alternative" per quanto riguarda la politica economica e sociale. Il recente appello contro il "furto d'informazione" (pubblicato su Il Manifesto, e che vede tra i firmatari Luciano Gallino, Guido Rossi, Giorgio Lunghini) da parte dei media e delle autorità si concentra proprio sul «modo in cui si parla della crisi costituisce una sistematica deformazione della realtà e una intollerabile sottrazione di informazioni a danno dell'opinione pubblica.
Le scelte delle autorità comunitarie e dei governi europei, all'origine di un attacco alle condizioni di vita e di lavoro e ai diritti sociali delle popolazioni che non ha precedenti nel secondo dopoguerra, vengono rappresentate, non soltanto dalle forze politiche che le condividono (e ciò è comprensibile), ma anche dai maggiori mezzi d'informazione (ivi compreso il servizio pubblico), come comportamenti obbligati ("non-scelte"), immediatamente determinati da una crisi a sua volta raffigurata come conseguenza dell'eccessiva generosità dei livelli retributivi e dei sistemi pubblici di welfare. Viene nascosto all'opinione pubblica che, lungi dall'essere un'evidenza, tale rappresentazione riflette un punto di vista ben definito (quello della teoria economica neoliberale), oggetto di severe critiche da parte di economisti non meno autorevoli dei suoi sostenitori».
Ecco che la creazione degli Stati Uniti d'Europa dovrà passare per la stretta cruna di una rafforzata democrazia, per rilanciarsi nel territorio della globalizzazione con un progetto che abbia come colonne welfare e sostenibilità, un progetto che dovrà essere appoggiato alla base dai cittadini europei, o non sarà. Fintanto che questo progetto non sarà pronto, e il fortino costruito, dovremo far affidamento su scudi potenti: la Bce può essere uno di questi.