
[30/07/2012] News
Se veramente la cura Bce e il nuovo asse Monti-Merkel salva euro riuscirà a calmare i mercati e a ridare ossigeno ai governi nazionali - a giovedì per la prossima puntata - nella consapevolezza che, come ha detto a Repubblica Nuriel Roubini, «forse si è scampata la tempesta perfetta, ma la crisi durerà almeno fino a tutto il 2013», l'Italia ora deve dare tutta se stessa anche per far ripartire l'industria.
Leggendo gli ultimi dati del centro studi di Confindustria, infatti, la situazione è assai pesante con la produzione che ha raggiunto il -8 per cento annuo di media giornaliera. Per gli economisti del Centro studi, si legge sul Sole24Ore.it, «il peggioramento degli indicatori qualitativi preannuncia ulteriori riduzioni di attività: secondo l'indagine Istat sulle imprese manifatturiere, il saldo dei giudizi sugli ordini é sceso in luglio a -42 (da -40 di giugno), tornando sui valori di febbraio 2009, per effetto di un maggiore arretramento della domanda estera. Dopo il modesto recupero di giugno, sono tornate a diminuire anche le attese di produzione (saldo a -7 da -5) e di ordini (saldo a -4 da -2). Infine, la risalita dei livelli delle scorte (saldo dei giudizi a 2 da 1), più marcata nel settore dei beni intermedi, riduce le probabilità che nei prossimi mesi si possa avere un contributo alla domanda positivo dalla loro ricostituzione».
Le cause di questa situazione sono molteplici, come molteplici sono le cure. E' evidente che tutto o quasi ruota sui consumi - ridotti drasticamente da una condizione economica rovinosamente peggiorata degli italiani - oltre ovviamente alla concorrenza. Ma almeno per quanto riguarda il mercato interno, salari bassi e poco lavoro a fronte di tasse sempre più alte hanno portato a questa situazione per certi versi irreversibile - impossibile pensare che dopo la crisi si tornerà ai numeri del passato - ma non per questo immutabile. Anzi, non c'è futuro economico e non c'è economia ecologica senza industria, questo ormai dovrebbe essere chiaro. Specialmente per quei Paesi come il nostro che sono scarsi di materie prime, ma che hanno una lunga e importante tradizione nella manifattura.
Serve quindi una politica industriale in grado di ridare fiato al manifatturiero nazionale e che sia in grado di incentivare ciò che deve crescere, o almeno sostenerlo in qualche modo, e penalizzare o riconvertire ciò che il mercato sta mettendo con le spalle al muro. Un manifatturiero che non può non essere sostenibile ambientalmente e socialmente (pena gli scenari disegnati dal caso Ilva), perché questa è l'unica carta davvero vincente che il nostro Paese è in grado di mettere sul tavolo. Ricerca, innovazione, eco-produzioni per far tornare l'Italia protagonista. L'Italia della green economy. L'Italia del riciclo; delle rinnovabili; dell'industria sostenibile.
Peccato che questa idea (che andrebbe peraltro incontro a quello che ci chiede la Commissione Ue) l'attuale governo la faccia solo intravedere e che i partiti, i quali dovrebbero governare dopo questa parentesi tecnica, se proprio non la considerano un optional, faticano a metterla al centro di un programma.