[31/07/2012] News

La democrazia dei veti: quando d'immobilismo la politica muore

Rossana Rossanda sul Manifesto di oggi sembra finalmente rimettere a fuoco il contesto della vicenda Ilva: di cosa stiamo parlando e soprattutto a chi stiamo parlando? Contrapporre salute e lavoro e puntare il dito contro lavoratori e sindacati non ha alcun senso semplicemente perché chi decide le sorti e le prospettive di un'industria non sono certo i lavoratori ma bensì la proprietà. «Non parlerei di alleanza fra operai e capitale - scrive Rossanda - nella difesa di una produzione sporca, gli operai non sono ‘alleati' con la proprietà, sono ‘ricattati' dalla proprietà».

Quello che invece nessuno ha il coraggio di dire in questo luglio fatale, secondo Rossanda, è: meno male per l'ambiente che meno automobili escono dalle fabbriche; e che i responsabili di questo che invece socialmente è un disastro, e del peso che ne deriverà per i conti pubblici, sono le proprietà quotate in Borsa. E soprattutto che dovremmo essere «sostenitori di una primazia del pubblico sull'economia, in modo da determinare l'indirizzo e la non dannosità per l'ambiente. Perché dal 1989 in poi non si ha più il coraggio di dire nuda e cruda la verità sul meccanismo dell'impresa del capitale, nonché sulla rinuncia della sfera politica, continentale o nazionale, e controllarle».

Su questo vuoto di potere, su questa abdicazione del ruolo di indirizzo di una politica che, pur democraticamente eletta, dovrebbe quanto meno ‘leggere' l'economia nella sua accezione di insieme delle risorse disponibili - e indirizzarla per accrescere il bene comune di chi l'ha eletta - si confrontano anche Giulio Sapelli ("Chi comanda davvero?") sul Corriere della Sera e Moises Naim ("La fine del potere") su Repubblica; il primo, sempre  riferendosi anche al caso Ilva, evidenzia che la magistratura «rimane l'unico potere vertebrato in società via via più invertebrate - nessuna architrave nel caso dell'Italia che regga l'infinita serie di punti che costituisce la linea del potere in una società coesa ma intrinsecamente debole sistematicamente, ossia incapace di organizzare stabilmente il potere  e di rappresentarlo senza forzature istituzionali - dove il potere è peristaltico e non stabile e ben perimetrato». Una poliarchia, la definisce Sapelli, che indebolita dal declassamento  delle imprese industriali e dei servizi avanzati  non trova un potere situazionale di fatto che la sorregga.

Moises Naim ha il merito di declinare la questione a livello mondiale, mettendo in relazione - per l'impossibilità (volontà?) di risolverli - tre temi: il riscaldamento globale, la crisi dell'Eurozona, i massacri in Siria, massacri che paiono aver meno spazio sui giornali (e nell'opinione pubblica) dei cuccioli di Green Hill.

Su tutte e tre le questioni ci sono idee su quello che bisognerebbe fare - scrive Moises Naim - eppure «non succede nulla: ci sono riunioni di ministri, vertici di capi di Stato, appelli di personaggi eminenti, leader sociali, politici e accademici. Nulla. I mezzi di informazione ci somministrano angoscianti dosi quotidiane di notizie che confermano che ognuna di queste crisi prosegue la sua corsa sfrenata verso il baratro. E...? Nulla. Non succede nulla.

È come vedere un film al rallentatore, con un autobus pieno di passeggeri che corre verso il precipizio e il guidatore che non frena e non cambia direzione. Il problema è che i protagonisti di questo film siamo noi: ci siamo tutti a bordo di quell'autobus».

Ma sull'autobus, manca un guidatore con il potere di frenare o di cambiare direzione, o meglio di guidatori ce ne sono tanti «che non hanno il potere di decidere in che direzione e a che velocità deve andare l'autobus, ma hanno il potere di impedire che vengano prese decisioni con cui non sono d'accordo».

Così la Russia e la Cina non possono risolvere la crisi siriana, però possono mettere il veto ai tentativi di altri Paesi o delle Nazioni Unite di fermare i massacri. I leader delle nazioni europee vedono frenati da altri Paesi i deboli tentativi di rendere più sostenibile il pianeta e, allo stesso tempo, colpite da una grave crisi economica non possono affrontarla efficacemente senza l'aiuto di altri Paesi e di entità come la Banca centrale europea e il Fondo monetario internazionale. Organismi che bene o male hanno a capo persone che, vale la pena ricordarlo sempre, nessuno ha eletto - Draghi (Nella foto) docet - col risultato che il rischio vero non è tanto o non è solo la fine del potere, bensì è la fine del potere democratico, o della democrazia stessa. 

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