
[01/08/2012] News toscana
Quello della sostenibilità è un obiettivo dei più ambiziosi per la nostra società, sia a livello spaziale che a livello temporale. Temporale perché le lancette corrono veloci, trascinandosi dietro cambiamenti ambientali e un sempre più sottile stock di risorse non rinnovabili dalle quali poter attingere; spaziale, perché in definitiva il movimento per la sostenibilità è un modello globale. Impattando sull'ecosistema nella sua totalità, l'antropocene lega al suo destino quello di tutte le forme di vita sul pianeta (comprese le vite umane, ovviamente).
La sostenibilità non può essere dunque affrontata che in ottica sussidiaria, cedendo a dimensioni di sovranità e democrazia (entrambe carenti, purtroppo) più alte il ruolo di comando nel caso in cui il livello inferiore non riesca a condurre un'azione efficace. Dal quartiere alla città, alla Regione, allo Stato, fino a quelle organizzazioni internazionali (o meglio, globali) che ancora dobbiamo riuscire a definire e che tanto mancano.
La stessa logica della sussidiarietà implica una cooperazione ai più alti livelli: un nuovo modo di pensare ed agire, per il quale è naturale trovare nel terreno culturale (d'altronde, non stiamo forse parlando di una trasformazione in primis culturale?) l'habitat naturale nel quale muoversi in via primaria. Per formare uomini e donne che si sentano davvero cittadini del mondo, e di questo responsabili.
Progettare ed intensificare scambi culturali ad alto livello può avere infatti mirabili e grandiose conseguenze, nel bene e nel male. Non è una novità l'attività dei cosiddetti Chicago Boys, il gruppo di giovani economisti cileni formatisi nell'università statunitense sotto l'egida di Milton Friedman e del pensiero neoliberista più puro. Il "Progetto Cile", organizzato negli anni ‘50 dal Dipartimento di Stato americano e finanziato dalla Fondazione Ford, per influenzare il pensiero economico cileno, plasmò quell'intellighenzia del Paese sudamericano che mise in pratica la shock economy (descritta anche da Naomi Klein nel suo più celebre volume) una volta compiuto il golpe di Augusto Pinochet, l'11 settembre 1973.
A 40 anni di distanza, non sarebbe male pensare di mettere in piedi un programma speculare - nei modi e negli intenti - che metta al centro la cultura della sostenibilità e l'economia ecologica.
È dunque da registrare come un successo per la nostra Regione avere nell'ateneo pisano un'altra università - dopo quella di Firenze, ed altre ancora sparse lungo lo Stivale, insieme a centri di ricerca - partner del programma brasiliano Ciências sem Fronteiras (Scienza senza frontiere, ndr), un'imponente iniziativa di mobilità e internazionalizzazione del sistema universitario e della ricerca brasiliano avviato dalla presidente Dilma Roussef nel 2011, che mira a promuovere esperienze di studio e ricerca all'estero per oltre 75.000 giovani brasiliani.
Trentasette studenti sono già arrivati, per essere raggiunti a settembre da altri 30 ragazzi brasiliani, che frequenteranno per sei mesi o un anno l'Università di Pisa. Si iscriveranno ai corsi di laurea di ingegneria, medicina, veterinaria, agronomia e farmacia dell'ateneo pisano, che è stato inserito dal Brasile nel pool delle mete di studio e di ricerca per favorire la formazione dei propri giovani e tentare di integrare il proprio sistema della ricerca e del sapere nei più consolidati network internazionali, e cercando di attrarre ricercatori giovani e qualificati all'interno dell'orbita del gigante verdeoro.
Il programma, portato avanti attraverso il coinvolgimento dell'Ambasciata brasiliana in Italia e coordinato da CAPES e CNPq - le Agenzie governative brasiliane che si occupano del rafforzamento delle competenze del sistema universitario e della ricerca brasiliani - si concentra su mobilità prevalentemente di breve e medio periodo, con lo scopo di finanziare esperienze all'estero di giovani brasiliani che tornino poi presso le università di origine per completare gli studi e ottenere il titolo finale. In questo modo, le nozioni apprese dai giovani potranno essere messe direttamente al servizio dei cittadini del proprio Paese d'origine, arricchendo al contempo l'esperienza dei ricercatori nostrani.