
[08/08/2012] News
I lavoratori nucleari: «Le centrali non avrebbero potuto operare senza persone pronte a sacrificare le loro vite»
Il noto giornale giapponese Asahi Shimbun riprende le denunce di esposizione alle radiazioni dei lavoratori con una lunga indagine sul tenebroso passato del nucleare "supersicuro" del Paese e scrive: «Le centrali nucleari in Giappone probabilmente non avrebbero funzionato correttamente se i lavoratori non fossero stati disposti a sacrificare la loro salute e probabilmente la loro vita». Infatti, dopo il disastro nucleare di Fukushima Daiichi, una serie di rivelazioni hanno fatto emergere che i lavoratori degli impianti nucleari ricorrevano abitualmente a modi "ingegnosi" per nascondere i veri livelli di radiazioni a cui erano esposti e questo semplicemente per continuare a guadagnarsi da vivere. «Questo è il quadro inquietante che emerge dalle testimonianze di più di 10 persone che stanno lavorando nelle centrali nucleari o che ora sono in pensione», scrivono Miki Aoki, Toshio Tada e Tamiyuki Kihara.
Le nuove testimonianze sono arrivate dopo che, a fine luglio, l'Asahi Shimbun ha rivelato che un alto dirigente di una ditta in subappalto della Tokyo electric power company (Tepco), che gestisce Fukushima Daiichi, aveva ordinato ai suoi lavoratori di schermare i dosimetri con lastre di piombo per mantenere le dosi delle radiazioni misurate a bassi livelli e continuare a lavorare anche se i limiti di legge venivano superati..
Un trentenne che lavora al reattore 1 di Fukushina Daiichi ha detto che a maggio ha visto sul sedile posteriore di un veicolo parcheggiato all'interno del complesso circa 20 set di attrezzi che ogni "liquidatore" dovrebbe portarsi dietro normalmente: «Ogni set consisteva di un dosimetro che visualizza i livelli di esposizione alle radiazioni per quel giorno, un dosimetro badge-type che misura i livelli di esposizione alle radiazioni accumulate nel corso di un periodo più lungo, così come gli ID per i lavoratori». L'uomo ha sbirciato all'interno del veicolo tre ore più tardi e ho notato che tutto era ancora sul sedile posteriore ed ha concluso che i lavoratori erano nell'impianto nucleare senza i loro dosimetri. Episodi simili si sarebbero verificati in almeno altre cinque occasioni successive. Un altro uomo ha detto al giornale che, tra marzo ed aprile, almeno in 10 occasioni ha notato 10 set di strumentazioni per le radiazioni che erano stati volutamente lasciati in un veicolo parcheggiato.
Ma perché i "liquidatori" di Fukushima si espongono a questi rischi? Ai lavoratori delle centrali nucleari è vietato lavorare se sono stati esposti a livelli di radiazioni annui che superano gli standard stabiliti dal governo, quindi lavorare senza dosimetri permette di non essere sospesi dal lavoro che rer un lavoratore in subappalto significa essere licenziato..
La Tepco giurava di non saperne nulla di questi trucchi per nascondere i livelli di esposizione alle radiazioni, ma il 3 agosto un funzionario dell'utility ha ammesso che un lavoratore di un subappaltatore è stato trovato sul lavoro ed ha detto che la Tepco si interesserà della questione perché ha scoperto altri casi simili.
Ma l'inquietante pratica dei lavoratori nucleari "dimenticare" i dosimetri mentre lavorano nell'edificio del reattore 1 di Fukushima ha portato alla luce che questa pratica era attuata da anni, se non decenni, anche nelle altre centrali nucleari giapponesi. Lo stesso uomo che ha confermato lo scandalo dei dosimetri ha ricordato un altro incidente di una decina di anni fa, quando lavorava all'interno delle vasche di contenimento dei 6 rettori di Fukushima: allora il supervisore per le compagnie in subappalto gli dette istruzioni di mettere il suo dosimetro in un contenitore di piombo che era all'interno dell'edificio reattore. Altrettanto fecereo i suoi colleghi. Il suo lavoro durò circa un'ora e quando riprese il suo dosimetro dal contenitore di piombo si accorse che tutti segnavano esposizioni alle radiazioni vicino allo zero. Quando i dosimetri venivano sati i livelli trovati erano tra 0,3 e 0,4 millisievert. La schermatura dei dosimetri avveniva soprattutto verso la fine dell'anno fiscale quando i livelli di esposizione alle radiazioni accumulate si avvicinavano ai 20 millisievert lo standard definito dalla contracting company. Il testimone spiega: «Se un lavoratore portasse diligentemente un dosimetro, non sarebbe in grado di lavorare perché i livelli di radiazione aumenterebbero e farebbero scattare l'allarme. Mi era sembrato del tutto naturale mettere dosimetri nel contenitore di piombo».
In altre occasioni i dosimetri venivano semplicemente messi dietro i pannelli schermanti all'interno dell'edificio del reattore e il responsabile della gestione della radiazione della ditta in subappalto avvertiva i lavoratori di stare attenti perché la Tepco o le autorità di controllo non scoprissero l'inganno. Oggi lo stesso lavoratore dice all' Asahi Shimbun: «Non ho idea a quale ammontare di radiazioni sia stato esposto. Inoltre, la company non mi permette di avere controlli sanitari per il cancro. Sono molto preoccupato per la mia salute».
Un pensionato di 70 anni che ha lavorato in diverse centrali nucleari nel Giappone occidentale ha invece rivelato un'altra pratica subdola utilizzata una decina di anni fa, quando ancora lavorava: un lavoratore doveva custodire i dosimetri dei suoi colleghi e aspettare in una zona dove i livelli di radiazione erano bassi: «I lavoratori della compagnie elettriche ed anche i costruttori degli impianti chiudevano un occhio su tali pratiche. Quella era una pratica ben nota tra tutti coloro che hanno lavorato presso gli impianti nucleari per un certo numero di anni».
Ryusuke Umeda, un 77enne di Fukuoka, ha lavorato per molti anni con un subappaltatore delle centrali nucleari e dice di essere stato costretto a lavorato negli impianti di Shimane e Tsuruga senza dosimetri e maschere di protezione. A febbraio, ha intentato una causa presso la Corte distrettuale di Fukuoka per annullare una decisione del governo centrale di non risarcirlo per un attacco cardiaco che è stato causato dalla sua esposizione alle radiazioni e sottolinea: «I lavoratori non possono parlare perché hanno paura delle pressioni da parte della company. Anche se ho più volte sottolineato il problema, il governo centrale non si è nemmeno preso la briga di condurre un'indagine».
Un alto funzionario del ministero della salute, lavoro e del welfare che ha partecipato ai controlli periodici nel reattore 1 di Fukushima, ha detto all' Asahi Shimbun che «Le centrali nucleari sono luoghi chiusi in cui è consentito di entrare solo ad un numero limitato di persone. Anche se abbiamo sentito voci che i dosimetri non vengono utilizzati dai lavoratori, è molto difficile ottenere le prove di tali pratiche». Ma un uomo di 64 che vive nella prefettura di Kanagawa e che ha lavorato per 30 anni per òle ditte in subappalto nelle centrali nucleari, ha contattato l'Asahi Shimbun per confermare che «Tali pratiche erano di dominio pubblico tra i lavoratori delle centrali nucleari. La prima volta che ho rimosso un dosimetro era di circa 5 anni dopo che ho iniziato a lavorare. Ha solo eseguito quello che stavano facendo tutti gli altri. A quel tempo, ricevevo circa 20.000 yen, (255 dollari) al giorno per un lavoro minimo. Un lavoratore aveva avvolto tutto il dosimetro con una tringa di piombo. A volte ho trovato diversi dosimetri nascosti in una cassetta degli attrezzi consegnati ai subappaltatori che avevano inviato i lavoratori in un edificio del reattore».
L'uomo si ricorda di un incidente avvenuto circa 15 anni fa, quando lavorava in una centrale nucleare nel Giappone orientale. Bisognava ispezionare la valvola di controllo per regolare il volume di acqua circolante all'interno del core pressure vessel, un lavoro da fare in una zona con alti livelli di radiazioni e dove i lavoratori potevano operare solo 15 minuti al giorno. Prima dell'inizio dei lavori, il supervisore della ditta in subappalto istruiva gli uomini a stare attenti a non esporsi alle radiazioni, ma in realtà chiedeva in maniera indiretta di tenere bassi i livelli di esposizione alle radiazioni registrati, in modo che i lavoratori più esperti fossero in grado di lavorare per periodi più lunghi. Prima di entrare nella stanza dove si trovava la valvola di controllo, il lavoratore si toglieva il dosimetro e lo nascondeva in un tubo della ventilazione. Era normale, in un periodo di 10 giorni, togliersi il dosimetro 5 o 6 sei giorni. Inoltre le pareti ed il pavimento vicino alla valvola di controllo erano ricoperti da diversi strati di vinile «Questo era stato fatto per prevenire la fuoriuscita di acqua contaminata - spiega l'ex operaio - perché il livello di radiazione era probabilmente molto alto. Ero ben consapevole dei pericoli delle radiazioni, ma se avessimo diligentemente portato il dosimetro, non saremmo stati in grado di lavorare negli impianti nucleari, perché si sarebbe molto rapidamente raggiunto il limite del livello di radiazioni. Non avevamo scelta. perché dovevamo farci una vita». Una vita che ora è fatta di sofferenze: dopo essere andato in pensione circa 8 anni fa, l'uomo soffre di infiammazioni croniche ed ora dice: «Sarebbe stato meglio se avessi portato i dosimetri in modo corretto. Ma le centrali nucleari non avrebbero potuto operare se non ci fossero state persone come me pronte a sacrificare le loro vite».