
[08/08/2012] News
Durante i periodi neri dell’economia aumenta l’acquisto di prodotti di bellezza?
Stringere la cinghia è la parola d'ordine, in tempo di crisi, ma non per tutto (e tutti). Tralasciando chi riesce comunque a guadagnarci, e tanto, all'estremità di questa forbice della disuguaglianza dalle lame sempre più larghe, anche quando il portafoglio piange - ma non è proprio vuoto - la tentazione all'acquistismo è sempre suadente.
Per molti lo shopping è una valvola di sfogo, e tornarsene a casa carichi di buste e pacchetti dopo una giornata intera in giro per negozi placa i nervi tesi: una giornata bene spesa dà lieto dormire, si dirà anche in questo caso? Forse no, ma è un dato di fatto che nel bel mezzo della crisi economica più grave del dopoguerra non si smettono di comprare oggetti che solitamente relegheremmo nel novero del superfluo. Anzi, è sempre stato il contrario.
Jordan Smoller, docente di psichiatria ad Harvard, su Psychology Today ci ricorda come durante la Grande Depressione le vendite di cosmetici aumentarono del 25% (e già nel primo semestre 2008, nella Grande Recessione che stiamo vivendo, l'Oréal ne ha venduti il 5% in più). Ogni volta, sarebbe l'edizione rivista del discusso "effetto rossetto", osservato negli Usa dal presidente dell'Esteé Lauder Companies (una delle più grandi aziende nel mercato dei cosmetici) dopo la caduta delle Torri Gemelle - e la conseguente incertezza, anche in campo economico, che ne seguì.
Questa particolare smania di compere (quando diminuiscono persino gli acquisti "alimentari") sembra riguardare in primo luogo prodotti d'abbigliamento o per la cura della persona (e ci sono buoni motivi per pensare che questo valga sia per gli uomini che per le donne, a dispetto del nome "effetto rossetto"). Dopo aver raccolto dati riguardo il ventennio 1992-2011, il recente studio condotto della psicologa Sarah E. Hill afferma che la riallocazione delle risorse economiche nel comparto della bellezza, in tempi di crisi, affonda le sue motivazioni negli atavici schemi studiati dall'ecologia comportamentale. «Gli organismi - scrive Smoller - devono spesso affrontare un fondamentale trade-off tra l'assegnazione di risorse alla propria sopravvivenza o per provare a riprodursi il più velocemente possibile. E la scelta è guidata dalle condizioni dell'ambiente. In ambienti difficili, quando le risorse sono scarse, gli organismi sono più propensi a concentrare i loro sforzi a breve termine verso la riproduzione».
Quali che siano le cause del fantomatico "effetto rossetto", gli effetti registrati dal team di psicologi sono solo l'ennesima dimostrazione di quanto il nostro comportamento in materia di consumi sfugga ad un controllo consapevole. È la nostra natura, e c'è da rallegrarsene se ci differenzia dall'asettica macchina che sarebbe un homo oeconomicus. Quel che importa è esserne consapevoli, e sfruttare a nostro favore questa dimensione tramite spintarelle - dei "nudge", come preciserebbe Cass Sunstein - che dirigano nella direzione (democraticamente) ritenuta come la migliore: nel nostro caso, ovviamente, quella di una società più sostenibile, in tutte le sue declinazioni.
Ad esempio, è utile tenere in considerazione che, spesso, la fase dell'acquisto non è preceduta nella mente del consumatore da una fondamentale riflessione: quella sul costo-opportunità dell'acquisto. Davanti alla possibilità di acquistare dei Dvd da 10$, spiega ancora su Psychology Today l'esperto di marketing Stephen Spiller, ci chiediamo «vogliamo comprare il Dvd o no?», piuttosto che «vogliamo comprare il Dvd o qualcos'altro?». Trascuriamo i possibili usi alternativi: se questi vengono fatti presenti, e non ci concentriamo di conseguenza solo sull'attrattiva del Dvd in questione, la propensione all'acquisto del prodotto automaticamente cala. E, aggiungiamo, può essere quindi più facilmente dirottata verso modelli di consumo più sostenibili, i cui modelli non siano Dvd o rossetti: marketing e informazione possono fare moltissimo per la sostenibilità.