[10/08/2012] News

«Ineludibile ripensare in chiave "sostenibile" l’industria di base»: greenreport? No, Sole24Ore

Rilancio dell'economia italiana ed europea, anche come risposta agli spread, attraverso un'industria riconvertita alla sostenibilità, con aiuti pubblici e fondi Ue. Lo sostiene oggi il Sole24Ore in un editoriale in prima pagina e se non sono solo chiacchiere, in questo agosto da incubo potrebbe anche essere il sogno di mezza estate dal quale sarà meglio non svegliarsi. Non è una nostra forzatura, perché Alberto Orioli sul quotidiano di Confindustria scrive testualmente: «Scommettere sulle start up, magari legate al potenziale della rete, è fondamentale (e il Governo si sta impegnando), ma non si possono abbandonare politiche pubbliche sui settori strategici. Il caso Ilva, ad esempio, è ormai il simbolo di quanto sia ineludibile ripensare in chiave "sostenibile" anche interi settori dell'industria di base o pesante, fatto che, di per sé, farebbe crescere l'intera economia. Ma si tratta di uno sforzo gigantesco che non può non essere supportato anche da fondi europei. All'Italia serve l'Europa e l'Italia serve all'Europa. Ciò che davvero non serve a nessuno è la desertificazione dell'industria».

Dall'ambiente come qualcosa di cui occuparsi a crisi risolta - che di questi tempi equivarrebbe praticamente a "mai" - all'ineludibilità di «ripensare in chiave "sostenibile" anche interi settori dell'industria di base o pesante, fatto che, di per sé, farebbe crescere l'intera economia». Un salto epocale, che diamo per scontato sia condiviso da via dell'Astronomia, e che rappresenta (rappresenterebbe) non solo una svolta, ma un punto di partenza. Come dire: bene, partiamo da qui e poi vediamo tutto il resto. Non ci pare specioso sottolineare che nel centrosinistra questa linea sia stata esplicitata a chiare lettere dal segretario Bersani nella Carta degli Intenti e confermata ieri proprio sul quotidiano economico. 

Ma al di là di questo, ciò che appare evidente (quando si sostiene che « non si possono abbandonare politiche pubbliche sui settori strategici») è che si sia arrivati - forse per mancanza di alternative più che per reale convinzione e speriamo non per colpa del caldo, altrimenti a ottobre saremmo punto e a capo - all'idea che se il mercato si lascia andare e non si dirige, la teoria del trickle down non funziona più, se mai ha funzionato. In altre parole, certamente non è più vero che se guadagnano i primi a pioggia ne beneficiano tutti, e con questa scusa i governi non devono "intrufolarsi" nel mercato perché questo è in grado di correggere ogni errore e sfamare qualunque bocca. La forbice tra ricchi e poveri si è infatti enormemente ingigantita almeno nei Paesi occidentali e dopo il boom delle economie emergenti è più che probabile che anche lì presto o tardi si assista allo stesso fenomeno.

Non funziona più per varie ragioni, ma soprattutto perché a smuovere l'economia sono i flussi virtuali della finanza che nulla hanno a che vedere con le produzioni. Oltretutto questo avviene dentro una crisi ecologica che troppi continuano a non voler vedere. Senza industria, tuttavia, può anche darsi che ci sia meno inquinamento, ma come minimo non sapresti nemmeno misurarlo visto che la tecnologia da qualche parte devi costruirla.

E' chiaro tuttavia che l'industria ecologica di per sé non sposterebbe tanto se poi non si colloca anche in un modello di sviluppo altrettanto sostenibile. E per questo c'è bisogno che a livello mondiale - con buona pace di Sartori che oggi sul Corriere della Sera riattacca la globalizzazione senza capire che ormai è irreversibile - si trovi una strada condivisa e inclusiva per mettere a freno l'economia finanziaria rimettendo al centro dell'idea di sviluppo che vogliamo per l'uomo e per l'ambiente. Che significa gestione non depauperante di risorse/beni comuni scarsi e cultura della sostenibilità ad ogni livello. Che a loro volta significano politica.

Con una domanda che poniamo a tutti: possibile che una strada così difficile; che necessità di conoscenze vaste; di impegno incessante; di capacità di analisi notevoli, possa essere affidata a persone - i politici/governati appunto - che la vulgata vorrebbe scelta semplicemente sulla base della loro lontananza - intese con non conoscenza - dalla politica? Essere una brava persona, onesta e competente nel proprio lavoro non dà patenti per guidare alcunché. Saranno certamente meglio dei disonesti e corrotti di cui ammettiamo essere piuttosto pieno il nostro Parlamento, tuttavia serve qualcosa di più e di meglio, ovvero una selezione sulla base dell'onestà ma anche della competenza, dove non conta l'età - se uno è un incapace a 85 anni lo può essere anche uno di 20 e viceversa - altrimenti non parliamo di miglioramenti, ma solo di cambiare per il gusto di cambiare, discussione che francamente non ci interessa.

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