[14/08/2012] News
Pur con pigrizia ferragostana il Paese sembra dare qualche segno di reazione in fatto di politica industriale, se non altro sulla spinta del drammatico caso dell'ILVA di Taranto. Nei giorni scorsi, su questo giornale Alessandro Farulli ha giustamente raccolto il segnale proveniente da un editoriale di quelli che si suole definire "autorevoli" (Il Sole 24 Ore del 10 agosto) e che parlava di ineludibilità di un ripensamento in chiave sostenibile dell'industria di base.
E' sin troppo ovvio constatare quanto ritardo ci sia in queste affermazioni ed anche quanta cattiva coscienza da parte di ambienti che hanno sempre coltivato il culto della industrializzazione come questione da affidare ciecamente alle mani degli imprenditori.
Quel che è peggio però è il ritardo culturale che invece non sembra colmarsi rispetto a quanto sta succedendo negli altri paesi industrializzati. E allora suggeriamo la rilettura dell'Economist dello scorso 21 aprile che descriveva in un lungo inserto la "terza rivoluzione industriale" in corso.
Non parliamo (solo) di economia verde, ma di un ridisegno radicale dei contenuti e dei confini (e degli impatti) della manifattura e dei suoi fondamentali tecnologici ed economici, grazie a nuove efficienze produttive legate a materiali, robotica, software avanzati e integrazione con i servizi.
Con due fondamentali conseguenze: un lavoro diverso, dove agli stereotipi dell'operaio manifatturiero subentrano profili ad alto livello di conoscenza, e la necessità di ripensare radicalmente le strategie di delocalizzazione.
Già oggi la manodopera cinese costituisce solo l'1,6% dei costi di un Ipad, sulla cui struttura influisce quindi assai modestamente. Ormai si parla esplicitamente di un "ritorno" nei paesi occidentali di molte produzioni, laddove il costo della manodopera sia meno rilevante e conti invece la vicinanza al mercato, la qualità delle infrastrutture, la prossimità alla ricerca.
E la stessa Cina, uscendo rapidamente dalla condizione di paese a basso costo del lavoro (o meglio riaffidando questo ruolo verso le zone interne), sta costruendo rapidamente le condizioni di competitività proprie dei paesi avanzati che della terza rivoluzione industriale vogliono essere protagonisti.
Mentre nel mondo si discute di come governare e rendere possibile questa verosimile re-industrializzazione di ritorno, noi intanto ci appassioniamo di un tema, la sostenibilità delle industrie di base, che gli altri hanno affrontato decenni fa.