
[17/08/2012] News
L’Italia a metà classifica a 60 punti. Il mare più pulito è quello di Jarvis Island, quello più compromesso è in Sierra Leone
Un team ricercatori statunitensi e canadesi ha realizzato un nuovo strumento che permette di capire lo stato di salute gli oceani del mondo: l'Health index ocean, che fornisce la prima valutazione globale dei rapporti tra le regioni marine del pianeta e le comunità umane, l'obiettivo di questo lavoro di squadra durato due anni era quello di trovare un modo per confrontare le diverse aree del mare che vengono molto utilizzate dagli esseri umani e determinare se queste attività antropiche siano sostenibile se necessitino di migliore gestione. I precedenti studi sulla salute dei mari e degli oceani si basavano sul livello di "pristineness", invece questo indice si basa sui benefici per gli esseri umani derivanti dagli oceani e dalla misura in cui le comunità mantengono un ambiente marino sostenibile.
I ricercatori ricordano che «l'oceano svolge un ruolo fondamentale nel sostenere il benessere umano, dalla fornitura di cibo, ai mezzi di sussistenza, alle opportunità ricreative alla regolamentare il clima globale. La gestione sostenibile che mira a mantenere il flusso di una vasta gamma di vantaggi dal mare richiede un metodo completo e quantitativo per misurare e monitorare la salute umana insieme a quella dei sistemi oceanici». Lo studio, pubblicato da Nature con il titolo "An index to assess the health and benefits of the global ocean", utilizza 10 criteri principali per definire un sano rapporto uomo-oceano, tra i quali qualità dell'acqua, biodiversità marina, condizioni delle zone costiere, pesca e stoccaggio di CO2, per classificare le aree oceaniche di tutto il mondo su una scala da 0 a 100. La sostenibilità dell'utilizzo del mare rappresenta una parte importante del punteggio, gli altri fattori presi in considerazione sono la pulizia delle acque, la protezione delle coste e il "senso del luogo".
Per la maggior parte delle regioni marine sono state prese in considerazione le Zone economiche esclusive che si estendono per 200 miglia dalle coste dei vari Paesi, all'interno del quale ogni nazione ha il controllo sulle risorse. La media globale dell'Health index ocean è di 60 punti, esattamente il punteggio raggiunto dall'Italia (che naviga quindi esattamente a mezza classifica superata da molti Paesi europei e sviluppati), mentre i punteggi per le singole aree variavano da 36 a 86. Ponderati secondo la conservazione della natura il punteggio globale degli oceani salirebbe di 67 punti; ponderato con l'alta estrazione delle risorse, il punteggio scenderebbe a 57. Le acque intorno Jarvis Island, vicino alle Hawaii sono risultate le più in salute, mentre quelle al largo della Sierra Leone sono quelle messe peggio.
I Paesi sviluppati di solito hanno ottenuto punteggi migliori rispetto ai Paesi in via di sviluppo, che in genere sono meno in grado di pianificare e controllare l'utilizzo degli oceani, ma ci sono eccezioni: le Seychelles e il Suriname hanno un punteggio alto, mentre la Polonia e Singapore sono sul fondo della classifica. Gli Usa hanno avuto un punteggio di 63, la Gran Bretagna 61, l'India 52 e la Cina 51.
Lo studio sottolinea che «solo il 5% dei Paesi ha ottenuto un punteggio superiore a 70, mentre il 32% ha un punteggio inferiore a 50. L'indice fornisce un potente strumento per sensibilizzare l'opinione pubblica, la gestione diretta delle risorse, migliorare le politiche e le priorità della ricerca scientifica». I ricercatori sperano che l'indice aiuterà le comunità umane valutare meglio le loro strategie di gestione del mare. Steve Katona, managing director dell'Ocean health index ha detto: «Che ci piaccia o no, la chiave sono le persone. Se penseremo all'uso sostenibile degli oceani ed ai benefici per il benessere umano, anche gli oceani e la loro rete vivente ne trarranno beneficio» .