[23/08/2012] News

Ikea vuole costruire davvero “green”? Allora lo faccia senza consumare nuovo suolo

Ci saranno piste ciclabili, vie pedonali, trasporti pubblici per fare a meno dell'auto e liberarsi dal traffico, e negozi e vita culturale dietro l'angolo. Un progetto a misura d'uomo, sostenibile, e nelle intenzioni anche un po' trendy. Lo ha presentato Ikea, il colosso svedese del mobilio pronto low cost che dopo aver lanciato l'idea di una catena di alberghi, ha deciso di trasformarsi, e in due città del Nordovest europeo - Amburgo e Londra - si è tuffata in una nuova avventura: quella della costruzione  di due quartieri-modello.

Un'operazione immobiliare che guarda solo al business, o un attento piano di recupero per città migliori? Secondo quando dichiarato da Harald Mueller, numero uno di Land-Prop, la controllata immobiliare del gigante svedese dell'arredamento, oltre all'inconfondibile design svedese, il "piano"  sembra voler puntare sulla qualità della vita e sulla sostenibilità ambientale. «Vogliamo creare nuovi spazi abitativi integrati nella vita delle metropoli, luoghi di qualità della vita ma non per le élite né per i super-ricchi», ha spiegato a Repubblica che oggi ha dedicato un ampio servizio al progetto. Le premesse per cambiare il volto a una parte delle città, stando a quanto spiegato, sembrano esserci.

Il villaggio-standard, a Londra, come nel resto dell'Europa, sarà così: innanzi tutto vie rigorosamente pedonali, dotate di corsie per le bici. Le macchine non disturberanno la vista, ma resteranno sostate in garage sotterranei. Ampio spazio sarà riservato alle aree pubbliche - piazzette, aree gioco, giardini verdi -, mentre la spazzatura verrà rimossa automaticamente attraverso un tunnel ad aspirazione. Per quanto riguarda le case, si tratta di prefabbricati prodotti in serie, massimo cinque piani di altezza, ciascuno dotato di accesso su strada. Il tutto in stile scandinavo-europeo, improntato all'abitabilità tipica di Ikea.

Non è la prima volta che Ikea si cimenta in abitazioni alla portata di tutti. Data 1996 il progetto Boklok: si tratta di case prefabbricate in legno, frutto della joint venture tra Ikea e SkanSka, multinazionale svedese delle costruzioni. Boklok, in svedese "vivere bene", viene avviato nel 1997 in Svezia, dove vengono realizzare le prime quattro aree residenziali tra Stoccolma, Helsingborg, Örebro e Sundsvall. Dimostratosi un grande successo, Boklok è stato esportato in Finlandia, Norvegia e Danimarca, per finire con il Regno Unito, nel 2009. Con i nuovi quartieri in cantiere, però, Ikea giunge a una svolta del suo percorso progettuale abitativo, e dall'essere semplice fornitore si dà al vero e proprio real-estating.


Ad Amburgo, definita «la più ricca città tedesca per reddito, e insieme la più nordica e inglese per cultura e way of life», Ikea cerca un'area analoga tra il centro e l'aeroporto. Il progetto londinese farà da modello, e le immagini di simulazione computer lo mostrano attraente. Milleduecento abitazioni, trasporto pubblico sviluppato al massimo, garage sotterranei per lasciare l'auto quando arrivi nel quartiere. Poi prosegui i bus locali, o a piedi o con la bici che hai lasciato fuori dal garage o dalla stazione, strade tutte per te. Ecosostenibilità al massimo, case a basso consumo, ove possibile cellule fotovoltaiche, energia pulita.

Nell'area-modello alcuni dei vecchi edifici industriali saranno restaurati e riadattati a centri culturali o di shopping, o qualche ciminiera sarà lasciata là a evocare il paesaggio del mondo di ieri. Ci sarà un albergo, spazi commerciali, un ospedale o clinica, scuole e kindergarten. Più ristoranti, caffè e altri locali sulle sponde del fiume, un "waterfront plaza", e spazi per esposizioni.

Tornando quindi alla domanda iniziale, se si tratti di puro business immobiliare camuffato come un'operazione "green" o se piuttosto sia un progetto con delle idee valide e sostenibili ambientalmente e socialmente, in base a quanto spiegato da Ikea fino ad oggi sembra che le due cose stiano insieme. E in questo non c'è niente di male. Anzi.

Se il progetto, pur con delle venature avveniristiche da verificare dal punto di vista pratico, rispetta tutte le norme e sta dentro i paletti della programmazione urbanistica degli enti territoriali di competenza, allora bene. Casomai, se Ikea decidesse di cambiare completamente pelle, dovrebbe pensare a non fare nuovo consumo di suolo ma a riconvertire ex aree industriali, per esempio, o a ristrutturare edifici dismessi. Allora si che sarebbe un bel segnale.

E forse anche un buon esempio anche per le istituzioni pubbliche, che potrebbero prendere spunto dall'iniziativa dell'azienda svedese per recuperare spazi urbani e far diventare, anche in Italia, perché no, tutte la città più sostenibili. Anche Ikea però dovrebbe fare un passo avanti, se vuole essere "green" fino in fondo e abbandonare o almeno ridimensionare il "pezzo" forte nella sua strategia di marketing: la stampa e la distribuzione del suo catalogo tradotto in 27 lingue per 199 milioni di copie.

 

 

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