
[27/08/2012] News
Le Ong temono il "funding gap" e chiedono di partecipare come osservatori
La prima riunione del Consiglio del Green Climate Fund (Gcf) tenutasi a Ginevra ha nominato i due copresidenti che sono Zaheer Faki, capo del settore International relations and governance del Department of environmental affairs del Sudafrica e Ewen McDonald, vicedirettore generale dell'Australian agency for international development (AusAid).
Il Gcf è stato creato in aggiunta ai 30 miliardi di dollari dei finanziamenti "fast-track" per i Paesi poveri che i Paesi ricchi avevano deciso di stanziare alla conferenza Unfccc di Copenhagen. Il Green Climate Fund dovrebbe diventare la più grande fonte di finanziamenti del mondo per aiutare i Paesi in via di sviluppo a mitigare i cambiamenti climatici e ad adattarsi alle loro ormai inevitabili conseguenze.
I 24 membri del Consiglio del Gfc hanno rimandato più volte il loro meeting anche per la polemica sollevata dalle Organizzazioni non governative, preoccupate per una clausola che consentiva a qualsiasi membro del Consiglio di opporsi alla loro partecipazione. Ma Henning Wuester, del segretariato ad interim del Gcf ha tranquillizzato: «Gli osservatori sono presenti, l'interesse è notevole e c'è una discussione in corso ora tra di loro ed i co-presidenti per vedere se siamo in grado di avere più avanti la partecipazione degli osservatori. Le cose stanno andando bene. Abbiamo eletto i co-presidenti e il board ha ora formalmente ripreso il lavoro sul Green Climate Fund. Una delle decisioni più importanti che attendono il board è la scelta del Paese ospite. Prima di tutto dobbiamo decidere sui processi di valutazione e criteri. Poi, nella seconda riunione del consiglio ad ottobre speriamo di prendere tale decisione che sarà presentata alla Cop di Doha di essere approvata». I Paesi che si sono candidati ad ospitare il Gcf sono: Corea del Sud, Germania, Messico, Namibia, Polonia e Svizzera. Il board's members include un viceministro delle finanze cinese, un vice del segretario di Stato Usa al tesoro, un membro dell'ufficio di presidenza della Russia, un banchiere della Banca Danese, un viceministro delle finanze della Repubblica Ceca, il ministro dell'ambiente del Bangladesh e l'ambasciatore pakistano all'Onu.
Le Ong si sono anche dette preoccupate per il "funding gap", visto che l‘attuale pacchetto di finanziamenti per progetti per aiutare i Paesi in via di sviluppo a ridurre le loro emissioni e prepararsi agli effetti del cambiamento climatico scade alla fine del 2012 ed il Gcf non potrà distribuire fino al 2014/2015 i suoi finanziamenti: 100 miliardi di dollari entro il 2020.
Wuester ha nuovamente tranquillizzato: «Nessuno qui utilizza il termine funding gap, fino a che non verranno forniti i fondi in modo questo termine non ha senso. I finanziamenti nel frattempo sono sotto la responsabilità dell'Unfccc. Speriamo che entro pochi anni avremo maggiore chiarezza sul da dove verranno i fondi come possiamo mobilitarli in un modo che sia adeguato».
Il Green climate fund dell'Onu fa parte del faticoso accordo raggiunto nel dicembre 2011 alla Conferenza delle parti dell'Unfccc di Duban e dovrebbe servire come un nuovo modello di finanziamento per la lotta al cambiamento climatico. I Paesi ricchi si sono impegnati a stanziare 100 miliardi dollari entro il 2020 per aiutare i Paesi più poveri adattarsi alle mutevoli condizioni climatiche ed a realizzare economie low carbon. Ma L'Onu non ha ancora definito come questo denaro sarà mobilitato e le accese discussioni sui meccanismi di finanziamento rischiano di creare quel funding gap tanto temuto dagli ambientalisti e dalle Ong che si occupano di sviluppo ed aiuti umanitari.
Il primo incontro di Ginevra è stato rinviato per mesi da ritardi burocratici e le Ong sono preoccupate sia per i tempi che per la trasparenza dei finanziamenti, per questo chiedono di partecipare al Gcf come osservatori. Brandon Wu, analista politico di ActionAid Usa ha sottolineato che «Il momento non potrebbe essere più urgente. Nei soli Usa abbiamo quest'estate sentito tutte queste storie di siccità e di massicci danni ai raccolti e di incendi crescenti, con le preoccupazioni per l'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari. Molti scienziati hanno collegato le tendenze climatiche estive al cambiamento climatico che andranno solo a peggiorare per la fine del secolo. Gli effetti sono ancora più gravi nei Paesi in via di sviluppo, dove i piccoli agricoltori vulnerabili non hanno la protezione di cose che abbiamo qui, come l'assicurazione sui raccolti e gli ammortizzatori sociali».