
[28/08/2012] News
Poco più di una settimana e si dovrebbe capire meglio quale sarà la strategia energetica nazionale. Il 5 settembre è infatti in programma l'incontro tra Mario Monti e le organizzazioni di banche e imprese sulla road map dello Sviluppo economico. In primo piano è appunto il piano energetico, che dovrà essere allestito entro settembre. Di per sé sarebbe già una notizia il solo fatto che si arrivasse alla stesura di questo fondamentale documento, ma le preoccupazioni sono sul che cosa conterrà. Noti i tagli alle rinnovabili, a tener banco nei commenti e nei resoconti dei quotidiani economici sono l'allargamento dei limiti per le trivellazioni dalle coste e arcipelaghi nostrani, oltre all'accelerazione per la realizzazione dei rigassificatori.
Non un granché quindi, per usare un eufemismo, dal punto di vista ambientale. Anzi, un ritorno all'antico che si fa fatica a comprendere. Innanzitutto salta all'occhio la completa assenza di avere tra i cardini del piano il risparmio energetico, tutto relegato a quel pur positivo 55% di detrazioni fiscali di per sé comunque insufficiente e pure in scadenza nel 2013 (come sembrano lontani i tempi in cui Confindustria indicava in questo settore la vera miniera energetica del Paese...).
Ma soprattutto si fa difficoltà a capire come a livello economico, prima che di impatti ambientali, possa essere sostenibile sovvenzionare o quanto meno caldeggiare le trivellazioni alla ricerca di petrolio e gas. Sembra difficile, infatti, poter pensare che un barile di petrolio italiano abbia costi concorrenziali, e se invece li avesse viene allora il forte dubbio che l'oro nero stia scarseggiando davvero. Dei rigassificatori poi ne abbiamo già parlato in abbondanza. Nessuno ha mai stabilito il numero congruo necessario e quale siano eventualmente installabili con il minor impatto ambientale possibile, tanto che fino ad oggi ci si è affidati soltanto al mercato con risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Oltre al fatto che di gas al momento ce ne è in abbondanza; e che sembra ormai tramontata l'idea che i costi energetici per le imprese nazionali, sicuramente troppo alti, diminuirebbero in modo sostanziale grazie ad essi.
Saltata, per fortuna, l'opzione atomica, nel 2012 l'Italia sembra dunque non trovare di meglio per il suo orizzonte energetico di trivellare il suo delicato e sismico territorio; fermare la corsa delle rinnovabili; non investire nel risparmio e nell'efficienza energetica; sperare che colossi internazionali abbiano ancora voglia di costruire rigassificatori; tenere accesa l'illusione del carbone pulito. Stai a vedere che il giorno del varo del tanto atteso piano energetico nazionale si rimpiangeranno i tempi in cui non c'era...
C'è poi un problema tutto politico, di pratica e correttezza politica: si può fare un piano energetico nazionale, cioè definire gran parte del futuro energetico, economico ed ambientale di un Paese, chiudendosi in conclave con le banche e le imprese? Nemmeno il peggior governo democristiano per realizzarlo avrebbe escluso un'ampia consultazione tra enti locali, esperti, ambientalisti... La fretta di tecnici forse non rischia di far nascere ciechi i gattini energetici, ma probabilmente strabici, se guarderanno solo agli interessi ed agli investimenti delle banche che, come ci dimostra la crisi economica-finanziaria che stiamo vivendo, guardano troppo spesso da un'altra parte rispetto a quelli dei cittadini, dell'ambiente e del progresso della società.