[13/09/2012] News

Quale Europa stiamo costruendo? I mercati brindano, ma siamo al sacrificio della Grecia

La Troika opprime il Paese, che chiede ai tedeschi risarcimenti per la II Guerra Mondiale

Se è vero che la tragedia si ripete in farsa, nella dialettica europea che ha visto il suo ultimo apice nella presa di posizione della Corte Costituzionale tedesca - che ha dato un preliminare via libera, seppur condizionato, al Fondo Salva Stati Esm ed al Fiscal compact - potremmo quasi vedere un riflesso sbiadito e a parti invertite del Trattato di Versailles, col quale si chiuse la Grande Guerra. Com'è noto, alla Germania furono imposte condizioni durissime, troppo, tanto da condurre alla lunga allo scoppio di un'altra Guerra Mondiale. «Questa non è una pace, è un armistizio per vent'anni», osservò allora Ferdinand Foch, generale francese, e la storia gli ha purtroppo dato ragione.

La reazione all'ok della Corte di Karlsruhe è stato pressoché unanime ed euforico (tranne nella fetta più rigida della politica e dell'opinione pubblica tedesca). «Un'ottima notizia», è il commento soddisfatto di Mario Monti, regista di primo piano in questo rinnovato corso europeo, mentre José Barroso - presidente della Commissione europea - ha coraggiosamente individuato il nuovo, ambizioso obiettivo: «Ora è il momento di procedere verso un'Europa che diventi federazione di liberi Stati».

È questa la strada per l'Europa, opposta allo sprofondare nei conflitti tra Paesi che hanno sempre macchiato la sua storia di nazionalismi accesi e guerre sanguinose, così lontane dalla parziale armonia che avvolge il continente da sessant'anni. Ma il brindisi dei mercati distoglie ancor più la lente della pubblica attenzione dai lati più oscuri di questo percorso europeo: che Unione stiamo creando? Giudicando dal trattamento riservato alla Grecia, ed alle conseguenze alla quali sta portando, è in via di costruzione soltanto una grottesca accozzaglia di Paesi. Potrebbe essere il progetto della Federazione dei mercati europei, con cittadini consumatori (e soprattutto gli investitori) che hanno interessi in Europa, ma non un'Unione democratica di Stati.

Anche stavolta siamo davanti ad un grande abbaglio. Dobbiamo e possiamo ancora cambiare strada, ma se non lo faremo saremo colpevoli di un sacrificio di Stato: il sacrificio della Grecia, un Paese immolato per lavare il peccato dei debiti pubblici. Per negoziare la prossima tranche di aiuti da 31,5mld di euro, la Grecia ha rilanciato proponendo tagli per circa 17mld, di fronte al pacchetto d'austerità da 11,5mld richiesto dalla troika Ue, Fmi, Bce. Non basta. Come riporta Ansamed, «le richieste dei rappresentanti dei creditori internazionali della Grecia riguardo il settore del lavoro sono ritenute "sconcertanti" e destinate a cambiare radicalmente la vita di milioni di persone. Secondo quanto riferiscono i giornali, i tre della troika - i tedeschi Matthias Mors (Ue) e Klaus Masuch (Bce) ed il danese Poul Thomsen (Fmi) - hanno riportato sul tavolo delle trattative la riduzione dell'indennità lavorativa, l'abolizione della settimana di cinque giorni e l'allungamento dell'orario di lavoro, mentre insistono sull'aumento di due anni del limite di età per il pensionamento e l'ulteriore taglio di pensioni e sussidi, anche di quelli al di sotto dei 1.000 euro».

Le ipotesi ventilate sono quelle di 6 giorni lavorativi la settimana, per 13 ore al giorno. Combattendo la disoccupazione facendo lavorare di più chi un posto ce l'ha già; rilanciando i consumi tagliando la poca capacità di spesa rimasta. Non è solo «sconcertante», è folle. Ed ha un prezzo sociale e psicologico altissimo. In Grecia (e non solo) risorgono sentimenti antitedeschi: manifesti allucinati che ritraggono Frau Merkel nei panni di una nazista non sono ormai una rarità. Come riporta oggi il Corriere della Sera, i populisti di estrema destra al Parlamento hanno chiesto al premier Samaras di nominare un panel (già in piedi) di esperti per «valutare l'ammontare del risarcimento che Berlino dovrebbe ancora versare ad Atene per i crimini commessi dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale». Manolis Glezos, partigiano ellenico, afferma che «la Germania ci deve 162mld di euro, con gli interessi del 3% superiamo il trilione. Sugli interessi possiamo discutere».

È molto difficile - se non impossibile - anche solo pensare che in un futuro prossimo la Grecia possa diventare la nuova Germania della Terza Guerra Mondiale, ed evocare scenari di guerra non è affatto utile alla causa della sostenibilità sociale, o anche soltanto alla semplice solidarietà morale tra nazioni. Questo non significa che quello in atto sia un compromesso troppo grande per costruire un'Unione federale, e non lo possiamo accettare. È fondamentale riflettere su questo punto: a fondo, in fretta ed a tutti i livelli di responsabilità civica (fino a quella del comune cittadino), guardando oltre l'altalena degli spread.

In occasione del fallimento della strategia soft suggerita da John Maynard Keynes durante la stipula del Trattato di Versailles, l'economista britannico nel suo volume Le conseguenze economiche della pace scrisse che «contro la stupidità anche gli dei sono impotenti. Ci vorrebbe il Signore. Ma dovrebbe scendere lui di persona, non mandare il Figlio; non è il momento dei bambini». Se siamo convinti che dalla storia si possa imparare, stavolta potrebbe bastare soltanto dei cittadini più attenti ed una politica meno miope qui in Europa, senza arrivare a scomodare i piani alti.

Torna all'archivio