[25/09/2012] News

Incentivare o detassare, questo (non) รจ il dilemma

L'opportunità di rosicchiare degli spazi agli incentivi alle imprese solletica da tempo l'esecutivo. Nominato il supertecnico del caso (nella figura dell'economista Francesco Giavazzi), l'operazione-sforbiciata si sta progressivamente sgonfiando nella tortuosa strada tra intenti e pragmaticità. Dei previsti 10 miliardi di euro ottenibili si è perso traccia, ma quanto meno è stato acceso un dibattito su quello che rimane un oggetto del mistero. Sicuramente, sulla politica degli incentivi aleggia più di un'ombra: a parere di Confindustria, nel 2010, soltanto una ristrettissima forbice (dai 2,7 ai 4,5 miliardi) dei 35 miliardi di euro stanziati è realmente giunta alle imprese, fermandosi altrimenti in eterogenei lidi. Talvolta, addirittura per finanziare «fiere e sagre paesane». Altrettanto sicuramente, è sotto gli occhi di ogni italiano che ad una tassazione reale prossima al 55% non corrisponde affatto un'adeguata efficienza ed efficacia della macchina pubblica.

Tuttavia, nel generale e più che giustificato sdegno per la mala gestione delle risorse pubbliche, il desiderio di muoversi col machete diventa un rischio concreto. Abbinato all'atavica antipatia liberista verso ciò che viene tacciato di "assistenzialismo pubblico", per gli incentivi alle imprese la vita si fa dura: così, rinunciando ad una loro miglioria, c'è chi non ne rimpiangerebbe l'azzeramento totale.

«Rinuncerei volentierissimo a qualsiasi forma di incentivo alle imprese se questo si traducesse in una riduzione del carico fiscale per le aziende o quantomeno in stimoli alla ricerca», ha infatti osservato il presidente di Confidustria, Giorgio Squinzi, all'interno di un dibattito all'Università Bocconi. Le parole di Squinzi, raccolte dal Sole24Ore, fanno bene a soffermarsi proprio sull'importanza della ricerca per imboccare la via della ripresa - con al centro il settore manifatturiero, «che deve essere il fulcro dell'economia, per creare benessere e occupazione» - perché il fattore culturale è davvero fondamentale per immaginare un nuovo e più sostenibile paradigma economico.

Per agire su questo punto, e non solo, è necessario liberare entrambe le leve: quella della detassazione (mirata) e quella degli incentivi (mirati). D'altronde, è anche e soprattutto di questo che si compone l'invocata strategia industriale di respiro nazionale ed europeo. Quello della ricerca&sviluppo non è poi l'unico focus da seguire. Un altro altrettanto importante, ad esempio, starebbe nel traslare la tassazione dal lavoro all'utilizzo delle risorse materiali ed energetiche.

Ma è proprio sugli stimoli alla ricerca che Squinzi cita come pietra di paragone un modello basato su degli incentivi pubblici. Ricordando «l'esempio del Canada - scrive il Sole - che grazie ad un piano consistente di incentivi alla ricerca partito dagli anni '70 e ancora in vigore è diventato un paese con imprese ad alta tecnologia». Squinzi sottolinea che è il Canada «l'unica nazione del G8 che dall'esplosione della crisi non ha conosciuto arretramenti del Pil», mentre noi procediamo nella direzione opposta, con investimenti in R&S che galleggiano attorno 1% del Pil.

Purtroppo, il tema degli incentivi o della detassazione non è però presente seriamente sul piano dei dilemmi. Per due motivi. Intanto, perché ogni qualvolta ci si addentra all'interno di questo campo l'arenamento è quasi una certezza (vedi l'iter che sta ora toccando anche al "decreto Giavazzi", oltre i meriti o i demeriti che gli sono propri). Inoltre, perché la polarizzazione tra chi vorrebbe percorrere la strada della detassazione e chi quella degli incentivi diventa solitamente paralizzante e senza senso.

Dobbiamo trovare in Italia il coraggio di superare lo scoglio di questa reciproca diffidenza iniziale: l'esempio da seguire che ci propone il Canada citato da Squinzi è soprattutto uno, quello della durata della politica degli incentivi, che proseguono da 40 anni. Lo stesso presidente di Confindustria ammette che siamo «in una tempesta perfetta. Non mi aspetto una ripartenza a brevissimo, ma se ci coordiniamo tutti e facciamo i giusti investimenti possiamo ripartire». Interventi ponderati e strutturali, dunque: incentivi e detassazioni una tantum servono a ben poco, se non ad aizzare i galli presenti nei pollai di faziosi schieramenti.

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