
[10/10/2012] News
Ricordate l'evacuazione di circa 100.000 persone dalla Garfagnana ordinata nel 1985 dall'allora capo della Protezione Civile, Giuseppe Zamberletti, in previsione di un terremoto che non si verificò? Fu un falso allarme. Che suscitò molte polemiche.
Oppure ricordate l'allarme dato nel 2009 dall'Organizzazione Mondiale di Sanità sulla pandemia influenzale da virus H1N1? Si temeva il peggio. Furono confenzionate, in tutto il mondo, centinaia di milioni di dosi di vaccino destinata (ahimé) alle popolazione dei paesi ricchi che le potevano acquistare. Ma poi non successe nulla. Ancora oggi qualcuno discute se l'allarme fosse o meno giustificato. È certo però che la mancanza dell'effetto annunciato (nell'ambito di uno scenario di probabilità) provocò conseguenze reali: negli Stati Uniti si verificò una diminuzione delle vaccinazioni anche per altre malattie.
E che dire, poi, delle infinite minacce annunciate dai mass media sulla base di fonti del tutto inaffidabili e che non si sono mai verificate? Quante preoccupazioni ingiustificate suscitano.
Di segno opposto è l'allarme dato da qualcuno e non raccolto dalle autorità. È il caso dell'Ilva a Taranto. O, in Francia, dell'amianto, il cui pericolo fu denunciato nel 1982 dalla pneumologa Irène Frachon, ma poi passarono molti anni - e ci furono molti morti aggiuntivi - prima che il rischio fosse ufficialmente riconosciuto e l'amianto messo al bando.
Queste due tipologie di allarmi - l'allarme che viene raccolto ma poi si rileva senza conseguenze, l'allarme che non viene raccolto e provoca guai - sono l'incubo di chi, in materia di prevenzione sanitaria e ambientale, è chiamato a prendere decisioni in regime di incertezza.
Lo aveva già capito Esopo: se gridi «Al lupo! Al lupo!» una, due, tre volte e il lupo non si presenta cade la tensione. Tu diventi colpevole di procurato allarme e in ogni caso nessuno ti crede più. Cosicché hai voglia di gridare di nuovo quando il lupo si presenta davvero.
Se invece vedi la coda del lupo e non gridi, l'animale si presenta e ferisce qualcuno beh, allora tu sei colpevole di mancato allarme.
Come si esce da questo dilemma nella "società del rischio", ovvero nella società in cui la gente presta sempre maggiore attenzione ai pericoli più o meno probabili?
Non c'è una risposta univoca a questa domanda. In Francia, tuttavia, vogliono esplorare una nuova via che consenta ai decisori di non correre, a loro volta, o il rischio di essere accusati di "procurato allarme" per aver fatto scattare procedure di emergenza in assenza di pericolo reale o di essere accusati, al contrario, di colpevole negligenza, per non aver dato l'allarme in presenza di segnali premonitori. Naturalmente l'obiettivo principale è di diminuire il rischio per la società o di allarmarsi per pericoli inesistenti o di trascurare rischi reali.
L'idea è che chiunque pensi di avere ragioni sufficienti per indicare un rischio di natura sanitaria o ambientale lo denunci, anche in forma riservata, a una commissione di esperti - ci sarebbe già un nome, Alta autorità di consulenza scientifica sugli allarmi sanitari e ambientali (HAEA) - che avrebbe il compito di valutare la fondatezza del rischio annunciato e di renderlo pubblico o meno.
La proposta ha un lato indubbiamente positivo. Si crea un ulteriore filtro affidabile e autorevole che dovrebbe consentire di migliorare la valutazione del rischio, di aumentare la capacità di reazione agli effettivi pericoli e di diminuire invece il numero e l'intensità degli allarmi ingiustificati.
Tuttavia l'iniziativa ha anche dei limiti. Il principale è di far passare l'idea che tutti i rischi possano essere previsti con deterministica precisione. Dobbiamo invece imparare a pensare in termini di «scenari di probabilità». E trovare il giusto equilibrio tra quanto siamo disposti a pagare (in termini economici e psicologici) per un procurato allarme e quanto per le conseguenze di un mancato allarme.
È bene che questo equilibrio sia sempre cercato con un pubblico e trasparente dibattito. Tenendo ovviamente conto del parere (e dei dati) degli esperti. In definitiva un potente antidoto all'angoscia nella società del rischio è una matura cittadinanza scientifica.