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Il commissario Tajani spinge per realizzare «un'economia a ciclo chiuso»
C'è un passaggio particolarmente importante nel documento chiave sulla nuova Politica 
industriale per affrontare e superare la crisi, presentato stamani dal vicepresidente della 
Commissione Ue Antonio Tajani (Nella foto). Tra le linee d'azione prioritarie per re-
industrializzare l'Europa (leggi il discorso ufficiale nei link) viene confermata e rilanciata 
più che mai la "Politica industriale sostenibile". Stiamo parlando di un vero piano di riconversione 
ecologica dell'industria europea che così esce definitivamente - 
href="http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-10-10/europa-ecosostenibilita-passa-futuro-
063619.shtml?uuid=AbSekArG&fromSearch">come dimostra il pezzo di Orioli di stamani sul 
Sole24Ore - dal libro dei sogni degli ambientalisti, conferma narcisisticamente che la linea 
editoriale di greenreport.it aveva e ha sempre più un senso e dà soprattutto una chance enorme al 
Vecchio Continente, una exit strategy reale e duratura socialmente e ambientalmente. E più di tutto, 
come dicevamo, colpisce un passaggio del documento quando si sostiene esattamente un nostro 
oramai quasi logoro cavallo di battaglia, ovvero che: «Sebbene l'energia sia stata la principale 
risorsa presa di mira fino ad ora, la direttiva prevede miglioramenti relativi a tutti gli aspetti 
ambientali, compreso tra l'altro l'efficienza dei materiali». Che cosa significa? Che finalmente quando 
si parla di riconversione si parla delle due gambe della sostenibilità, ovvero dei flussi di energia e dei 
flussi di materia, tant'è che si spiega inoltre che «sarà applicato gradualmente a una più ampia 
gamma di prodotti industriali che hanno un notevole impatto ambientale. L'azione deve anche essere 
presa al fine di sviluppare ulteriormente a livello europeo i mercati per il riciclaggio dei rifiuti e di 
procedere verso una economia a ciclo chiuso. Nuove norme europee per qualità graduali di materiali 
riciclati (ad esempio metalli, legno e tessili) favorirebbe anche lo sviluppo del mercato. Progetti di 
dimostrazione aggiuntivi per il riciclaggio, smaltimento, e tecnologie di smistamento sono 
urgentemente necessarie per applicazioni specifiche, come il progetto pilota sulla RECAP per le 
migliori tecniche di riciclaggio di materie plastiche miste».
Ma la svolta sta qui a nostro 
parere. Dopo i giusti incentivi alla raccolta differenziate e quelli assai più discutibili al recupero 
energetico, la Commissione sostiene che «tecnologie innovative per la gestione dei rifiuti e delle 
risorse potrebbero essere promosse anche attraverso lo scambio di buone pratiche. Fondi di 
coesione e strutturali e ad altri finanziamenti pubblici, programmi di incentivazione e segnali di 
prezzo possono sempre promuovere il riciclaggio, il ricondizionamento, e il riutilizzo a preferenza 
dell'incenerimento». Per una vera riconversione dell'economia e quindi dell'industria, la 
Commissione Ue sdogana la materia e spiega che «le materie prime non energetiche e non agricole 
sono di vitale importanza per la competitività dell'industria europea».
«L'innovazione - 
viene aggiunto -  può aiutare a ridurre l'approvvigionamento. Ciò può essere ottenuto - e qui il 
passaggio è discutibile - , per esempio, sviluppando l'estrazione (compresa l'estrazione dai fondali) e 
con metodi di lavorazione e progettazione di prodotti - questo invece assai condivisibile -  per 
facilitare il riciclaggio di alta qualità, attraverso "miniere urbane"».
L'Ue - è un altro 
passaggio importante - deve migliorare la condivisione di cooperazione e di informazioni tra gli Stati 
membri sulle materie prime per raggiungere la massa critica necessaria per lo sviluppo ad anello 
chiuso di soluzioni per catene di valore materiale. Il partenariato europeo per l'innovazione sulle 
materie prime riunirà tutte le parti interessate per accelerare la disponibilità di soluzioni tecnologiche 
e di altro tipo al mercato. La Commissione poi dovrà tradurre questo piano strategico di attuazione 
in un programma operativo.
La Commissione Ue parla senza giri di parole di «fabbriche di 
domani» che «utilizzeranno processi energetici e materiali ad alta efficienza, materiali rinnovabili e 
riciclati, e sempre più adotteranno modelli commerciali sostenibili come simbiosi industriale per il 
recupero di materiali e di spreco di calore e energia». E non è certamente solo una questione 
ambientale: «queste tecnologie rappresentano una importante opportunità d'affari, con un mercato 
globale che si prevede di raddoppiare a oltre 750.000.000.000 € entro il 2020. L'industria europea è 
già leader mondiale in queste tecnologie, con una quota di mercato mondiale di oltre il 35% e una 
quota di brevetti di oltre il 50%. Il coordinamento delle politiche delle politiche comunitarie e degli 
Stati membri e delle parti interessate potrebbero unire gli sforzi per valorizzare mediante una task 
force dedicata le tecnologie di produzione avanzate per la produzione pulita. Ciò fornire leadership e 
coordinamento e garanzia per la più ampia diffusione e la commercializzazione dei risultati dei 
partenariati pubblico-privato. Si potrebbe anche promuovere misure sul lato della domanda di 
innovazione, tra cui puntuale regolamentazione del mercato interno e della normazione ed appalti 
pubblici innovativi».
La soluzione ovviamente non è il piano, che non può essere mai una 
panacea, ma quali azioni si faranno per raggiungere gli obiettivi (se condivisi) qui posti.  Per questo 
ci fermiamo qui nell'analisi del documento, anche se ha molte altre interessanti proposte, per le 
costruzioni e per le auto a basse emissioni ad esempio (di cui avremo tuttavia modo di riparlare), 
ma questo passaggio può rappresentare davvero la svolta che ci viene voglia di enfatizzarlo come 
un grande passo per la riconversione ecologica dell'industria, uno enorme per uscire dalla crisi 
ecologica-economica-sociale, asciugandosi e tamponando le lacrime e il sangue versati in questi 
anni.