
[12/10/2012] News
Ho vissuto per tre mesi in una casa che dava su un incrocio regolato da semaforo: è stato il periodo peggiore della mia vita. È lì che ho maturato queste righe. Che ho realizzano quanto siano sconosciuti e vetusti concetti come quiete pubblica, limite di tolleranza, opportunità. In città si aziona il dispositivo di segnalazione acustica ad ogni spron battuto, letteralmente si strombazza. È questa una delle conclusioni a cui sono arrivato.
Eppure il codice stradale parla chiaro: "Nei centri abitati le segnalazioni acustiche sono vietate, salvo in casi di effettivo e immediato pericolo. Di notte, al posto delle segnalazioni acustiche, si può lampeggiare brevemente con gli abbaglianti." (Codice della Strada, art. 156)
Già: di notte.
Quando i semafori sono fuori uso, lampeggianti o spenti, quando le strade sono sgombre e non c'è la necessità di chiedere strada, ci pensano i motori roboanti dei motocicli, le sospensioni scariche degli autobus notturni, le virate dei tassisti, a negarvi un riposo di qualità.
Nella pratica, le segnalazioni acustiche sono consentite, ufficialmente sdoganate. Dal ruolo di segnalatore di presenza a quello di sfollagente, indicatore di fretta, ufficiale rilevatore di stress accumulato.
Sembra che non si possa evitare di azionare il clacson non appena il semaforo diventa verde, non appena l'automobilista davanti si mostra disorientato ed esitante, non appena l'altro solleva il piede dall'acceleratore.
Tra le varie forme di inquinamento che affliggono le metropoli contemporanee, certamente il più sottovalutato è quello acustico. Le città sono una giungla di suoni irritanti e fuori luogo. La maggior parte dei quali potrebbero essere evitati. Questione di manutenzione e buona educazione. Si corre, ci si affanna, si chiede strada per partito preso, anche quando nessun impegno impellente ci affligge. Le strade urbane sono ogni giorno teatro di competizioni: tra chi parte prima, tra chi arriva prima, tra chi ha più fretta, tra chi fa più rumore. È un continuo gioco di ostentazione e arroganza. Si pretende di incutere timore, si reclama a gran voce considerazione.
Guardate: sono qui, vi lascio la mia polvere, fate largo che sto passando io.
È una perenne lotta. Una corsa dove non si passa mai dal via.
Una guerra con le sue, consuete, vittime innocenti: il sonno, il riposo, la quiete, il rispetto, la calma, la qualità della vita.