[16/10/2012] News

Terremoti d’Italia: soldi per le ricostruzioni dai “tagli” alla politica. Ma anche tante polemiche

I "tagli" alla politica serviranno a sostenere le zone colpite da eventi sismici di Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto, Umbria e Abruzzo. Il premier Mario Monti ha firmato il decreto per la ripartizione dei fondi per il terremoto, si tratta di oltre 91 milioni di euro che derivano dai risparmi sui contributi in favore dei partiti e dei movimenti politici (articolo 16, comma 1, della legge 6 luglio 2012, n. 96).

«In particolare - specifica una nota di Palazzo Chigi - sono interessati dal provvedimento i comuni colpiti dal terremoto nelle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo il 20 e 29 maggio 2012 a cui sono destinati oltre 61 milioni di euro; i comuni dell'Umbria a causa del sisma del 15 dicembre 2009 a cui sono destinati 20 milioni di euro, e, infine, gli eventi simici che hanno interessato la provincia dell'Aquila e gli altri comuni a cui sono destinati 10 milioni di euro».

Parlando di risorse economiche si discute anche di come queste vengono utilizzate e non mancano i toni polemici. «Ci sono molte cause ma anche il territorio ha le sue responsabilità. Io ho visto un territorio, quello emiliano, molto diverso dalla mia esperienza aquilana. E' sempre facile dare le responsabilità ad altri, a chi sta fuori» ha dichiarato il capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli a commento della dichiarazione del sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente, che si era lamentato del fatto che nella città abruzzese è tutto fermo.

«C'è in alcune comunità un attivismo, una voglia di fare, che sono insiti. La differenza, storicamente, in Italia, non la fa la quantità di denaro destinato agli aiuti ma la capacità di progettualità di ogni singolo territorio. E gli emiliani hanno reagito meglio», ha concluso Gabrielli. Non è tardata ad arrivare la replica di Cialente «La tragedia dell'Aquila si chiama governance e burocrazia. Altro che volontà e progettualità del territorio. Colpa di un Governo e di tutto un meccanismo che ha creato una governance in cui gli enti locali non avevano alcun ruolo. Da aprile al primo febbraio 2010 siamo passati dal potere assoluto della Protezione Civile a un regime di commissariamento, in cui la stessa organizzazione escludeva completamente un ruolo degli enti locali. Gabrielli ha perso la capacità di avere notizie sulla situazione aquilana, noi abbiamo dovuto inventare come ricostruire. Le città vanno ricostruite dai cittadini non da un potere commissariale».

La ricostruzione dell'Aquila doveva essere un modello (secondo quanto dichiarato da l'allora premier Silvio Berlusconi) che poi non è stato con responsabilità probabilmente distribuite, e nessuno può tirarsi fuori (non certo lo Stato dopo quanto era stato promesso). Ma il terremoto in Abruzzo riporta anche ad un'altra vicenda di attualità ancora in questi giorni, rappresentata dal processo alla Commissione grandi rischi (Cgr), organo scientifico della Presidenza del Consiglio. L'accusa basa le sue istanze sui contenuti del verbale della riunione della Cgr del 31 marzo 2009, da cui erano emerse parole tranquillizzanti per la cittadinanza, che poi si sono verificate errate dato che il 6 aprile c'è stato il sisma che ha distrutto la citta Abruzzese e le aree contermini.

Ai fini processuali (ricordiamo che sono finiti sotto accusa Franco Barberi, presidente vicario della commissione Grandi Rischi, Bernardo De Bernardinis, già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione civile Enzo Boschi, all'epoca presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto C.a.s.e., Claudio Eva, ordinario di fisica all'Università di Genova e Mauro Dolce, direttore dell'ufficio rischio sismico di Protezione civile) quanto emerso dalla riunione pare non possa essere utilizzato.

«Il verbale della riunione non era conoscibile perché redatto e sottoscritto dopo il 6 aprile 2009, mentre gli altri presupposti erano rimasti interna corporis - ha spiegato l'avvocato dello Stato Carlo Sica - La riunione della commissione di cui parliamo è da considerarsi giuridicamente nulla. Riunita con meno di dieci componenti, fu più una chiacchierata tra esperti che una riunione. E questo processo dovrebbe già finire qua».

In effetti i tempi sono stati quelli di una chiacchierata perché la riunione è durata solo un'ora  e oltre agli indagati erano presenti i responsabili regionali della protezione civile e anche il sindaco dell'Aquila. Al di la delle responsabilità oggettive che nel corso del processo verranno individuate o meno, è possibile che il "clima" della riunione (chiamiamola come vogliamo) abbia avuto qualche "eco" in città prima della trascrizione ufficiale del verbale. Ricordiamo che lo Stato è chiamato nel processo come responsabile civile e per ora la posizione appare in linea con quella dei difensori dei sette imputati, accusati di omicidio colposo e lesioni personali colpose.

 

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