
[19/10/2012] News
Si è recentemente svolto a Washington, presso la sala conferenze dell'ambasciata italiana negli USA, un interessante seminario sui problemi legati alla sfida dell'alimentazione nel futuro che aveva come relatore principale Lester Brown. In quell'occasione Brown ha riassunto il contenuto del suo ultimo volume "Full Planet Empty Plates. A New Geopolitics of Food Scarcity" (libro che è uscito ora nell'edizione italiana da me curata, presso Edizioni Ambiente, con il titolo "9 miliardi di posti a tavola").
Oltre alla relazione di Brown con lo stesso titolo del volume ed alla mia dal titolo "Imparare a vivere nei limiti di un solo Pianeta: la sfida del cibo", sono intervenuti anche l'ambasciatore italiano negli USA, Claudio Bisogniero e l'ambasciatore Francesco Paolo Fulci che è anche presidente del gruppo Ferrero e che ha illustrato il terzo rapporto di responsabilità sociale di impresa di Ferrero. L'evento è stato moderato ed animato da Juliet Eilperin, giornalista del Washington Post. Il dibattito è stato molto interessante ed ha visto la partecipazione di diversi esperti internazionali delle problematiche alimentari e dei problemi ambientali, sociali ed economiche ad esse connessi.
Lester Brown con questo suo ultimo volume fornisce un quadro aggiornato e documentato della grande sfida alimentare che incombe sul nostro futuro.
Il mondo sta infatti attraversando un momento di transizione da un'epoca di abbondanza di cibo a una di scarsità. Nel corso dell'ultimo decennio, le riserve globali di cereali sono diminuite di un terzo. I prezzi degli alimenti a livello mondiale si sono più che raddoppiati, stimolando una corsa planetaria ai terreni agricoli e ridisegnando, di fatto, la geopolitica del cibo. In questo nuovo periodo storico, il cibo è diventato importante come il petrolio e il terreno agricolo è diventato prezioso come l'oro.
La vorticosa ascesa dei prezzi dei cereali verificatasi tra il 2007 e il 2008, oltre ad aver portato alla fame tante persone come mai prima di allora, ha scatenato numerose proteste e rivolte in tanti paesi.
Brown scrive che ci stiamo avviando verso un'epoca segnata dall'impennata dei costi del cibo e dal dilagare della piaga della fame. Dal lato della domanda entrano in gioco diversi fattori quali la crescita demografica, il miglioramento delle condizioni di vita, la produzione di biocarburanti. Questi importanti fattori nella loro interazione spingono i consumi a livelli mai visti prima. Dal lato dell'offerta l' erosione del suolo, il calo delle precipitazioni e l'aumento della temperatura globale rendono oggi assai arduo incrementare la produzione di cibo. Fino a che non saremo in grado di invertire questi trend, i prezzi dei generi alimentari continueranno ad aumentare, non solo diffondendo la fame, ma anche portando, in alcuni casi all'implosione dei nostri sistemi sociali.
Possiamo invertire in tempo questa tendenza? Oppure è proprio il cibo l'anello debole della civiltà del 21° secolo, molto di più di quanto non lo sia stato in passato per numerose antiche civiltà delle quali oggi studiamo i resti?
Lester Brown ricorda che questa contrazione della produzione mondiale di cibo contrasta nettamente con quanto si è verificato nella seconda metà del 20° secolo, quando, al contrario, le questioni dominanti erano la sovrapproduzione, gli enormi surplus di grano e l'accesso degli esportatori di cereali ai mercati. In quel periodo il mondo aveva in realtà ben due riserve: interi stock in sovrappiù di cereali (ovvero l'ammontare di quello che è ancora disponibile quando inizia il nuovo raccolto) e una vasta superficie di campi messi a riposo sotto il programma di gestione agricola governativa per impedire la sovrapproduzione. Quando il raccolto mondiale andava bene, gli Stati Uniti mettevano a riposo un maggior numero di terreni. In caso invece di raccolto scarso li rimettevano in lavorazione. In questo modo, l'eccesso di capacità produttiva veniva usata per mantenere stabile il mercato cerealicolo mondiale. Gli stock immagazzinati potevano compensare eventuali annate scarse. Per esempio nel 1965, anno in cui in India si registrò un ritardo nell'arrivo dei monsoni, gli Stati Uniti inviarono un quinto del loro raccolto per prevenire una carestia. Grazie alla immediata disponibilità di abbondanti riserve, le ricadute in termini di prezzo del grano furono lievi.
Brown ricorda che al principio di quest'epoca di abbondanza, la popolazione mondiale era di 2,5 miliardi. Oggi è di 7 miliardi. Dal 1950 al 2000 si sono verificati dei picchi occasionali della quotazione dei cereali in conseguenza di eventi atmosferici straordinari, come una severa siccità in Russia o intense ondate di calore nel Midwest degli Stati Uniti. Ma gli effetti sui costi sono stati di breve durata, tornando alla normalità nel giro di un anno o poco più.
La combinazione di abbondanti riserve e di un'ampia superficie di campi a riposo ha reso questo periodo uno dei più stabili della storia dal punto di vista della sicurezza alimentare, che però non è durato a lungo. Dal 1986 in poi, la domanda di cereali è stabilmente cresciuta fino a che il budget governativo, destinato al mantenimento dei terreni improduttivi, è lievitato a livelli insostenibili e ha determinato l'abbandono del programma.
Attualmente il Conservation Reserve Program degli Stati Uniti prevede ancora dei terreni mantenuti a riposo, ma sono aree ad alto rischio di erosione. Sono finiti i giorni in cui vi erano superfici coltivabili ferme, ma pronte a essere messe in produzione al momento del bisogno.
Fin dagli albori dell'agricoltura, un surplus di stock cerealicoli è stato il principale indicatore di sicurezza alimentare. L'obiettivo dei coltivatori in tutto il mondo è la produzione di un quantitativo sufficiente di cerali, non solo per arrivare al raccolto successivo, ma per farlo con un adeguato margine di sicurezza. Dal 1986, l'anno in cui ci siamo giocati la riserva dei campi a riposo, e fino al 2001, il surplus annuale si è mantenuto su una rassicurante autonomia di 107 giorni di consumo.
Ma questa situazione non era destinata a durare. Dopo il 2001, le riserve in surplus sono drammaticamente crollate in conseguenza di una tendenza di consumo superiore alle capacità produttive. Dal 2002 fino al 2011, la media degli stock di riserva è stata pari a 74 giorni di consumo, un calo pari a un terzo. È pertanto giunta al termine l'epoca caratterizzata da una sicurezza alimentare senza precedenti.
Quando nel 2007 la capacità produttiva di cereali registrò un calo, non vi era alcun terreno a riposo negli Stati Uniti che potesse essere messo in produzione e nessuno stock in eccesso dal quale attingere. Nel giro di due decadi il mondo ha quindi perso entrambi i suoi cuscinetti di sicurezza.
Oggi si affronta la questione di anno in anno, nella speranza che si produca sempre abbastanza da soddisfare la crescita della domanda, ma riuscire in questa impresa sta diventando sempre più difficile.
Oggi le nazioni produttrici sono più che mai fortemente tentate di ridurre l'export per limitare la crescita interna dei prezzi dei generi alimentari. In caso si registrasse un ulteriore grave incremento dei prezzi cerealicoli, si potrebbe verificare l'eventualità di un collasso del sistema mondiale di approvvigionamento alimentare.
Se queste nazioni cedessero alla tentazione di ridurre l'esportazione, alcuni paesi importatori e a basso reddito potrebbero trovarsi nella situazione di non poter comprare più cereali. Quando potrebbe accadere questo? Brown ricorda che non ci riferiamo a un lontano futuro. Potrebbe accadere in qualsiasi momento.