
[23/10/2012] News toscana
A Montecatini, 24 anni fa, apriva le porte la prima Ipercoop della Toscana. Era il 25 ottobre. Dopo quasi un quarto di secolo, l'ormai prossimo 25 ottobre, sempre a Montecatini si proverà a sancire la fine di un modello di consumo. «In particolare - si legge nel comunicato Unicoop Firenze - al posto dell'Ipercoop, nasce un superstore, con uno spazio commerciale quasi dimezzato (è passato da oltre 9mila mq a 5500), in cui viene valorizzata, curata e arricchita l'offerta del settore alimentare e dei freschi. Alcuni reparti - come abbigliamento, grandi elettrodomestici, telefonia e multimedia - pur mantenendo un'offerta di consumo "quotidiano" sono stati fortemente ridimensionati», se ne occuperanno gli altri negozi che compongono il centro commerciale.
«Unicoop Firenze - continua il comunicato - non ha più aperto Ipercoop dal 2003, ma la crisi del format "iper" è conclamata da poco più di un quinquennio. Coincide con l'evolversi della crisi. L'iper perde appeal competitivo rispetto a strutture territoriali più vicine ai centri urbani e al consumatore, per il quale peraltro crescono anche i costi della mobilità. Ma è lo stesso modello organizzativo dell'ipermercato ad entrare in crisi: è troppo costoso e non riesce a stare dietro alla rapidità della proliferazione dell'offerta in particolare nei settori tecnologia e più in generale no food. A questi ingredienti aggiungiamo il verticale calo dei consumi di questi ultimi anni ed il quadro è completo».
Grazie ad un investimento di 26 milioni di euro e 18 mesi di lavori è stato portato avanti un programma di ristrutturazione che ha comunque cercato di indirizzarsi sulla via di una maggiore sostenibilità sociale (salvaguardando l'occupazione, ricollocando i 70 esuberi) e ambientale, cercando di diminuire i consumi energetici del'impianto, ponendo particolare attenzione al ciclo delle acque e installando - tra l'altro - un impianto fotovoltaico.
È questo un esempio di modello di consumo che cambia, ma dove comunque la grande distribuzione organizzata continua a prevalere sui piccoli, mettendo in campo forze e servizi per i clienti di cui gli altri non possono disporre. Da qui a sbilanciarsi affermando in merito che «il consumismo è finito» - come ha fatto il presidente di Unicoop Firenze, Golfredo Biancalani - ce ne vuole.
Neanche un mese fa, era il 28 settembre, il nuovo iPhone 5 approdava in Italia. L'unico porto verso il quale navigare per entrare in possesso di questo prezioso carico, in Toscana, era il centro commerciale I Gigli, a Firenze. Già dal pomeriggio e dalla notte del 27 alcuni aficionados della mela morsicata si asserragliavano attorno al negozio Apple, che avrebbe aperto le porte soltanto alle ore 8 della mattina seguente: allo scoccare della fatidica ora il gruppo era già composto da un migliaio di persone, alle quali i dipendenti Apple si affannavano a distribuire brioches e bevande, nuovi sfollati della tecnologia.
La crisi economica, che pure in Toscana ha già mietuto il suo abbondante raccolto, in questi momenti sembra come evaporare. Com'è possibile? Non è certo questo un atteggiamento da criminalizzare, ma da osservare e comprendere per poter cambiare. Mutando gli stili di vita e di consumo, non si rinuncia - certo, chi può - all'ultima meraviglia tecnologica, magari lasciando nel cassetto il progetto di una vacanza (il prezzo per l'iPhone 5 è infatti comparabile: si parte da 729€).
È la ricerca dello status symbol che si dirige verso nuovi lidi, ma non perde affatto la sua forza: se diminuisse davvero la voglia di consumo, crisi o non crisi, non ci sarebbero infatti i (sempre più folti) campeggi improvvisati davanti all'Apple store di turno. Liberarci dal feticismo delle merci è forse illusione, almeno per il momento, ma è altrettanto indispensabile non lasciarci andare a facili illusioni: il consumismo, anche nella sua forma spinta di acquistiamo è certamente sotto pressione, ma non è affatto finito, e neanche il modello di consumo e "crescita" del quale è il motore.