
[26/10/2012] News
Genova chiama Taranto, il titolo dato all'evento in programma oggi pomeriggio nel capoluogo ligure evoca lo storico rapporto tra due poli tra i più importanti d'Europa per la produzione e la lavorazione dell'acciaio. A Genova ricordiamo le lenzuola bianche appese dai cittadini del quartiere di Cornigliano alle finestre e ai balconi con vista altoforno. Le richieste (era la fine degli anni novanta) e le battaglie condotte insieme al Comitato dei Cittadini di Cornigliano per arrestare quella produzione a caldo che aumentava i livelli di inquinamento, controllati dalla Provincia di Genova, per benzene e benzopirene, insieme all'inquinamento acustico. I numeri che i controlli rilevavano superavano incredibilmente i limiti di legge. Le relazioni tecniche dimostravano che la causa principale di tali emissioni fossero le acciaierie di Cornigliano.
Ad oltre 12 anni quel confronto e quel dibattito hanno portato grazie ad un accordo di programma troppo generoso nella concessione di spazio pubblico alla famiglia Riva, alla chiusura della parte a caldo dell'impianto genovese.
Quel confronto e quel dibattito oggi si sono trasformati, recuperando una cultura che come vedremo pone le proprie radici agli albori degli anni settanta.
La trasformazione è dovuta prima di tutto ad una maggiore consapevolezza degli operai che operano all'interno dello stabilimento, non più disponibili ad accettare tout court il ricatto occupazionale (in)degno di una politica industriale rapace, in grado solo di contrapporre salute e ambiente, col posto di lavoro. E alle lotte delle cittadine e dei cittadini dei quartieri limitrofi lo stabilimento, che oggi vedono tradotto in freddi numeri (quelli del "Progetto Sentieri" sulle statistiche relative ai tumori), il dolore per la perdita dei loro cari a causa dell'inquinamento prodotto dall'Ilva. Molte sono, a differenza del caso genovese, le immagini fotografiche e i filmati che gli stessi operatori hanno portato al di fuori dello stabilimento, sbattendo in faccia una realtà (fortunatamente raccolta dalla magistratura) grigia e scura come gli inquinanti presenti nell'aria, nell'acqua e nei terreni dell'Ilva. Una responsabilità relativa all'inquinamento e ai problemi sanitari che ricade sulla gestione dell'acciaio di Stato, a Taranto riconducibile negli anni dal 1960 al 1996, quando avvenne il passaggio all'Ilva. Scandalose sono state le pressioni e le azioni condotte sugli enti locali, affinché non emergessero dati che avrebbero potuto compromettere la produzione e obbligato ad un investimento per il miglioramento ambientale del ciclo produttivo.
Il motivo per cui il dibattito tra salute/ambiente/lavoro si è riaperto è l'arretratezza di un sistema industriale che in questi decenni non ha saputo innovarsi, usando le migliori tecnologie disponibili e ha posto i tre temi in rapporto conflittuale e ricattatorio, relegando le istanze ambientaliste ad una mera "opposizione al progresso".
Senza mezzi termini oggi, da Genova a Taranto, possiamo affermare di aver perso quarant'anni.
Era infatti il marzo del 1972 quando i sindacati CGIL-CISL e UIL si riunivano a Rimini per la Conferenza nazionale "La tutela della salute nell'ambiente di lavoro" nei cui atti possiamo leggere che "riteniamo illogico considerare inevitabile che ogni anno 80.000 quintali di residui aerei del centro siderurgico di Taranto debbano cadere sulla città" e ancora "l'introduzione di nuove tecnologie e di nuovi sistemi organizzativi non è un momento unico e definitivo nell'azienda moderna, ma fa parte di un processo continuo di crescita dell'apparato produttivo che noi rivendichiamo perché ad esso è legato lo sviluppo economico della collettività".
Ci auguriamo che questa storia possa rappresentare una storia a lieto fine, dove si dimostri la compatibilità tra i processi produttivi e la tutela della salute e dell'ambiente. L' autorizzazione integrata ambientale appena varata avrebbe potuto essere più rigorosa tenendo maggiormente in conto l'impatto sanitario delle attività produttive, evitando di procrastinare nel tempo l'ammodernamento degli impianti più vecchi e pericolosi.