
[29/10/2012] News toscana
Le rocce da scavo sono rifiuti oppure no? La risposta a questo quesito è arrivata, una volta per tutte, il 6 ottobre scorso quando è entrato in vigore il decreto ministeriale 10 agosto 2012, n.161. Il regolamento - emanato in attuazione dell'articolo l'articolo 49 del decreto legge sulla crescita (D.L.24 gennaio 2012, n.1) - stabilisce le condizioni alle quali le terre e rocce da scavo possono essere considerate sottoprodotti ai sensi dell'articolo 184 bis del decreto legislativo n.152/06 (cosiddetto codice ambientale). I due grandi obiettivi del decreto sono: a) prevenire la produzione di rifiuti (speciali); b) rendere sempre più efficiente (e sostenibile) la gestione dei flussi di materia (limitando il ricorso alle materie prime) e di massa (riutilizzando i sottoprodotti). In particolare, il documento stabilisce i criteri qualitativi da soddisfare affinché i materiali di scavo siano considerati sottoprodotti (e non rifiuti). Abbiamo parlato di questa nuova norma con il Direttore generale dell'Arpat Giovanni Barca (Nella foto).
In Toscana, quali sono le principali opere interessate al decreto relativo alle rocce da scavo?
«Tutte le grandi opere infrastrutturali i cui interventi non siano conclusi sono interessate dal nuovo DM 161/2012, ivi comprese l'Alta velocità di Firenze e l'ampliamento della Autostrada A1. I proponenti l'opera hanno tempo 180 giorni per decidere di sottoporre i propri interventi alla nuova disciplina o alla precedente».
Il decreto, finalmente, può essere considerato un contributo chiaro alla gestione di questi scarti?
«Sì, in quanto il decreto stabilisce i criteri qualitativi e quantitativi da soddisfare affinché i materiali di scavo siano considerati sottoprodotti e non rifiuti nelle condizioni previste dall'art.184-bis del D. Lgs. 152/2006 come modificato dal D. Lgs. 205/2010. In particolare viene stabilito che il materiale di scavo comprende anche il materiale di riporto e altro materiale eventualmente presente quale calcestruzzo, bentonite, vetroresina, additivi per scavo meccanizzato ecc. Vengono inoltre stabiliti i trattamenti ammessi sul materiale scavato per essere riutilizzato come sottoprodotto».
Proprio questa estensione dei materiali ammessi nel recupero delle terre di scavo ha indotto molte preoccupazione e ha fatto additare questo decreto come un via libero allo scempio ambientale ed al traffico di rifiuti: ARPAT non è preoccupata?
«No non siamo preoccupati. Il decreto introduce un criterio ragionevole derivato dalla direttiva europea: il materiale si valuta in relazione all'adeguatezza all'impiego a cui e destinato, sia dal punto di vista funzionale che ambientale, anziché in relazione ad astratti criteri di purezza. Tali modalità di impiego sono quelle indicate nel Piano di Utilizzo che prevede precise condizioni operative, gestionali, ambientali e tecnico/prestazionali da rispettare Ovviamente in fase applicativa occorrerà prestare attenzione alla verifica dei requisiti prestazionali e di quelli ambientali. Riguardo ai traffici di materiali il nuovo decreto fissa paletti molto restrittivi che rendono molto più blindato e lineare il percorso dei materiali, anche rispetto alla attuale normativa sulle terre e rocce».
Il decreto sembra aver chiarito una volta per tutte che cosa è un rifiuto e cosa no, anche per quanto riguarda gli aspetti gestionali. Quali le principali ripercussioni della recente norma quale per esempio le possibilità di riutilizzare i materiali e ridurre il ricorso alle materie prime?
«Anche prima dell'emanazione del decreto non era preclusa la gestione sostenibile dei flussi di materia. La Toscana fino dal 1998 privilegia l'utilizzo di materiali recuperabili al posto di estrarre materiali "vergini" di cava. Con il nuovo decreto, in ossequio alla Direttiva Europea del 2008 sui rifiuti, tale materiale può essere gestito con le modalità specifiche dei sottoprodotti, diverse da quelle previste per i rifiuti. La gestione come rifiuti delle terre imponeva oneri amministrativi ed economici che, di fatto, ne scoraggiavano il recupero, favorendo così anche una maggior prelievo di materiali di cava».
In che modo, il decreto incide sul sistema dei controlli e sul ruolo dei vari enti preposti a svolgerli?
«Rispetto al regime dei controlli ci sono alcune novità. In fase di approvazione dell'opera, l'autorità competente (per le grandi opere il ministero dell'Ambiente) può chiedere ad Arpat di verificare, con approfondimenti di indagine i cui costi sono a carico del proponente, se i requisiti di qualità ambientale siano rispettati. In particolari casi, quali quelli nei quali si preveda una potenziale contaminazione derivante dalla tecnologia di scavo, sono previste verifiche di qualità ambientale a carico del proponente anche in corso d'opera. Per le Agenzie ambientali il decreto prevede verifiche ambientali a completamento o durante la posa in opera del materiale, in base al piano di utilizzo presentato dall'azienda ed approvato dall'autorità competente».