[06/11/2012] News

Il curatore fallimentare non ha l'obbligo di rimuovere i rifiuti dell'azienda fallita

Al curatore fallimentare non si può richiedere di procedere alla rimozione e smaltimento dei rifiuti dell'azienda fallita. Lo ricorda il Tribunale amministrativo del Friuli Venezia Giulia (Tar) - con sentenza del 31 ottobre 2012, n. 385 - che si pronuncia sulla questione riguardante il fallimento del "Centro di recupero carta spa" e la richiesta del sindaco del Comune di Aiello del Friuli al curatore fallimentare di procedere alla rimozione e smaltimento dei rifiuti.

A niente quindi sono servite le due sentenze del Tar richiamate dal Comune per far discostare il Collegio dalla pressoché costante giurisprudenza (ossia quella che ha escluso la legittimità di ordini di rimozione di rifiuti relativi all'attività dell'azienda fallita rivolti alla curatela fallimentare, da ritenersi non responsabile dell'inquinamento).

Le due sentenze richiamate sono in realtà motivate da alcune situazioni di fatto le cui particolarità non si ritrovano nel caso di specie. Infatti, la più recente sentenza (27.5.2010 n. 359) afferma la legittimazione del Curatore fallimentare dell'obbligo alla rimozione in considerazione della mancata ottemperanza da parte della società poi fallita a una precedente ordinanza sindacale già contenente l'affermazione dell'obbligo di asporto dei rifiuti industriali e divenuta ormai inoppugnabile. E in considerazione dell'esistenza di contratto di locazione dell'immobile riferibile direttamente alla società poi fallita e in cui era subentrato il curatore fallimentare.

C'è da ricordare, però che la disciplina del fallimento e della successione nei contratti dimostra che la curatela fallimentare non subentra negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità dell'imprenditore fallito, (l'obbligo di mantenimento della cosa locata in buono stato riguarda i rapporti tra conduttore e locatore e non si riverbera, direttamente, sui doveri fissati da altre disposizioni, dirette ad altro scopo). L'altra sentenza (564 del 3.9.2007) prende in considerazione unicamente la carenza di legittimazione a provvedere da parte dei soci della società fallita.

Nel caso di specie, invece, il Comune nulla dice circa la responsabilità della curatela fallimentare che non può quindi ritenersi legittima destinataria dell'ordine di rimozione per mancanza dei presupposti richiesti dal Codice ambientale (articolo 192 dlgs 152/2006). L'ipotesi di responsabilità della Curatela Fallimentare sarebbe, infatti, configurabile nella sola ipotesi in cui il Tribunale Fallimentare competente abbia ritenuto di autorizzare il Curatore all'esercizio provvisorio.

Un'ipotesi che consente di superare le finalità solo liquidatorie delle operazioni affidate al Curatore, per cui quest'ultimo avrebbe assunto veste di titolare dell'attività di impresa, continuando a realizzare l'attività precedentemente svolta, anche per le operazioni potenzialmente inquinanti.

Detto questo, va ricordato che secondo il Codice ambientale l'ordine di smaltimento presuppone l'accertamento di una responsabilità a titolo quantomeno di colpa in capo all'autore dell'abbandono dei rifiuti, ma anche del proprietario o del titolare di altro diritto reale o personale sull'area interessata, che venga chiamato a rispondere in solido dell'illecito.

E quando non vi è alcun elemento che consenta di attribuire la corresponsabilità del comportamento illecito alla curatela dei fallimenti né della società operativa, né della ditta proprietaria dell'area, non è possibile ordinare a questi la rimozione dei rifiuti.

In assenza dell'individuazione di un'univoca, autonoma e chiara responsabilità del curatore stesso sull'abbandono dei rifiuti, nessun ordine quindi, tanto meno di ripristino, può essere imposto.

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