
[08/11/2012] News
Il mercato del Vecchio Continente però, è ormai saturo
Il settore automobilistico europeo rimane ancora uno dei più importanti in Ue, con un fatturato di oltre 700 miliardi di euro e un effetto moltiplicatore sull'intera economia attraverso le connessioni con altri settori (acciaio, chimico, tessile). 180 stabilimenti automobilistici offrono più di 12 milioni di posti di lavoro - tra diretti e indiretti - con una quota significativa di manodopera altamente qualificata. Con una sua bilancia commerciale è ampiamente positiva (oltre 90 miliardi di euro nel 2011), il s ettore rimane anche un importante volano di crescita e innovazione poiché rappresenta i maggiori investimenti privati nel campo delle attività di R&S (circa 30 miliardi di euro nel 2010).
Nonostante ciò, il mercato automobilistico in Europa si trova di fronte al quinto anno consecutivo di crescita negativa, mettendo a serio rischio la stabilità di innumerevoli posti di lavoro. La rilevanza sociale del suo futuro, dunque, non è certo inferiore rispetto a quella economica. Ecco dunque che la Commissione europea cerca di porre un freno alla ormai endemica mancanza di una politica industriale in merito che sia forte e condivisa, presentando oggi il piano d'azione CARS 2020, volto a rafforzare la competitività e la sostenibilità dell'industria nella prospettiva del 2020.
Il piano d'azione comprende quattro pilastri, ciascuno dei quali racchiude azioni concrete proposte dalla Commissione, che le realizzerà insieme agli Stati membri e alle autorità regionali nei prossimi sei anni. I quattro pilastri sono: I. Investire in tecnologie avanzate e finanziare l'innovazione; II. Un mercato interno più forte e una regolamentazione intelligente; III. Mercati globali e armonizzazione internazionale delle normative riguardanti gli autoveicoli; IV. Anticipare l'adattamento e attutire gli impatti sociali degli adeguamenti industriali.
Nel complesso, il piano si sofferma lungamente sulla necessità di ridefinire i confini del mercato automobilistico all'interno di un perimetro più sostenibile: al primo punto del piano si afferma la necessità di «sviluppare una proposta sull'iniziativa europea per le "auto verdi" che consenta di identificare in modo chiaro i finanziamenti per la ricerca e l'innovazione messi a disposizione del settore dei trasporti», stabilendo «una chiara priorità tematica relativamente all'efficienza energetica e ai sistemi di propulsione alternativi». Viene dunque precisata la volontà di concretizzare «una proposta legislativa riguardante l'infrastruttura per i carburanti alternativi che stabilisca una diffusione minima dell'infrastruttura per il rifornimento/ricarica e fissi norme comuni per determinati carburanti, compresi i veicoli elettrici».
Altrettanto importante risulta il focus dedicato alla sostenibilità sociale circa la ristrutturazione (e ridimensionamento) che sarà inevitabile per l'industria dell'automobile europea. Il mercato interno è ormai saturo, anche a dispetto di ottimistiche previsioni (vedi grafico) e realisticamente non tornerà mai ai livelli pre-crisi. Entro il 2020 il 70% della nuova crescita avverrà nelle economie emergenti, ma costruiamo certo una buona prospettiva per il pianeta sperando che il nostro passato modello di consumo si diffonda al resto del mondo. Limiti fisici ci impediscono di cullare questa chimera. Osservato il quadro da questo punto di vista, sembra dunque particolarmente utile la volontà di «incoraggiare l'utilizzo del Fondo sociale europeo (FSE) per la riqualificazione dei lavoratori nell'ambito delle nuove prospettive finanziarie dei fondi strutturali», nonché quella di agire in modo coordinato per «individuare le buone pratiche e promuovere un approccio anticipatore nella ristrutturazione consultando i rappresentanti delle regioni in cui vi è una forte presenza del settore automobilistico, le autorità per l'impiego e le parti interessate del settore».
A fronte di alcuni buoni propositi, scoraggia maggiormente apprendere una volta di più come all'interno di una prospettiva sostenibile, anche per un'industria che ingurgita e metabolizza così grandi quantità di materia- come è il caso dell'industria automobilistica - scarsissima attenzione venga rivolta alle potenzialità offerte da una cooperazione con la manifattura del riciclo. Introdurre incentivi per l'utilizzo di materie prime seconde nella costruzione di autoveicoli potrebbe infatti contribuire a diminuire l'impronta ecologica del settore, salvaguardare la disponibilità (già scarsa) di materia vergine ed economicizzare, almeno in prospettiva, le prestazioni dei cicli industriali.
D'altronde, lo stesso Antonio Tajani - vicepresidente della Commissione europea e Commissario responsabile per l'industria e l'imprenditoria - ha precisato che «l'industria automobilistica ha tutte le carte per superare i problemi attuali, per rimanere competitiva, diventare ancora più sostenibile e conservare la sua base produttiva in Europa. Ciò che conta di più, considerato l'effetto moltiplicatore che essa ha sull'economia,è che l'industria automobilistica dovrebbe dare un forte impulso al mantenimento di una salda base industriale in Europa. Il piano d'azione annunciato oggi darà all'industria automobilistica tutto il sostegno politico possibile». Occorre dunque che il sostegno politico sia coordinato con quello per una sostenibilità di più ampio respiro, attenta ai flussi di energia come a quelli di materia, che la Commissione ha già e più volte mostrato in altre occasioni: rimaniamo fiduciosi che un tale passo possa compiersi in corso d'opera, e sicuri che senza di esso ben poche saranno le "innovazioni" che potranno condurre davvero l'industria dell'auto su binari più competitivi, sia in ambito economico che ambientale.