[08/11/2012] News

Altro procedimento Ue contro moduli fotovoltaici cinesi: nel mirino le sovvenzioni. Tutti i commenti

L'Ue, dopo aver aperto un procedimento antidumping per le importazioni di moduli fotovoltaici dalla Cina, adesso dà inizio a un procedimento antisovvenzioni relativo alle importazioni di moduli fotovoltaici in silicio cristallino e delle relative componenti chiave (celle e wafer) originari della Repubblica popolare cinese. E pubblica l'avviso dell'apertura sulla Gazzetta ufficiale europea di oggi.

La Commissione europea ha ricevuto una denuncia nel settembre 2012, secondo la quale le importazioni di tali moduli dalla Cina sarebbero oggetto di sovvenzioni e arrecherebbero quindi un grave pregiudizio all'industria dell'Unione.

La denuncia è stata presentata - così come nel caso del procedimento antidumping - dall'EU ProSun per conto di produttori che rappresentano oltre il 25 % della produzione totale dell'Unione di moduli fotovoltaici in silicio cristallino e delle relative componenti chiave.

E come nel procedimento antidumping il prodotto oggetto della presente inchiesta è costituito da moduli o pannelli fotovoltaici in silicio cristallino e da celle e wafer del tipo utilizzato in tali moduli o pannelli (e celle e i wafer sono di spessore non superiore a 400 μm). Ma non riguarda i caricatori solari che sono costituiti da meno di sei celle, sono portatili e caricano apparecchi elettrici o batterie; i prodotti fotovoltaici a film sottile e quelli in silicio cristallino integrati permanentemente in apparecchi elettrici la cui funzione non è quella di generare elettricità e che consumano l'elettricità generata dalle celle fotovoltaiche integrate in silicio cristallino.

Secondo la denuncia, i produttori cinesi avrebbero beneficiato di una serie di sovvenzioni concesse dal Governo. Sovvenzioni consistite, tra l'altro, in prestiti preferenziali all'industria dei pannelli solari (ad esempio linee di credito e prestiti a tasso agevolato concessi da banche commerciali statali e da banche demandate a sostenere obiettivi pubblici, programmi di sovvenzione del credito all'esportazione, garanzie all'esportazione, assicurazioni per le tecnologie pulite, accesso alle società holding offshore, rimborsi dei prestiti da parte pubblica); programmi di sovvenzione; fornitura di beni da parte dell'amministrazione pubblica per un corrispettivo inferiore all'importo che sarebbe adeguato (ad esempio fornitura di silicio policristallino, estrusi in alluminio, vetro, energia e terreni); programmi di riduzione delle imposte dirette o di esenzione da esse (come esenzione totale dall'imposta sul reddito per i primi due anni e riduzione della metà per i tre anni successivi) e programmi relativi alle imposte indirette e ai dazi sulle importazioni (ad esempio esenzioni dall'Iva per l'uso di attrezzatura importata, riduzioni dell'Iva sull'acquisto di attrezzatura di produzione cinese da parte delle imprese a partecipazione straniera, esenzioni dall'Iva e dai dazi per gli acquisti di immobilizzazioni nel quadro del programma di sviluppo del commercio estero).

Secondo la denuncia tali regimi sono assimilabili a sovvenzioni perché comportano un contributo finanziario del governo cinese o di altri governi (o enti pubblici) regionali e accordano un beneficio ai destinatari. E sono interventi specifiche e compensabili perché condizionate all'andamento delle esportazioni e all'utilizzo preferenziale di merci nazionali rispetto a prodotti importati e limitate a determinati settori e tipologie di imprese e luoghi.

Il denunziante ha dimostrato che le importazioni del prodotto sono complessivamente aumentate sia in termini assoluti sia in termini di quota di mercato. Il volume e i prezzi delle importazioni del prodotto in esame hanno avuto, tra l'altro, ripercussioni negative sul livello dei prezzi praticati dall'industria dell'Unione e sulla sua quota di mercato, con gravi effetti negativi sulla situazione finanziaria dell'industria dell'Unione.

L'inchiesta dell'Ue dunque stabilirà se il prodotto sia oggetto di sovvenzioni e se tali importazioni oggetto di sovvenzioni abbiano arrecato un pregiudizio all'industria dell'Unione. In caso positivo, l'inchiesta valuterà se l'istituzione di misure non sia contraria all'interesse dell'Unione.

L'accertamento del pregiudizio si basa su "prove positive" e implica un esame obiettivo del volume delle importazioni sovvenzionate, del loro effetto sui prezzi sul mercato dell'Unione e della conseguente incidenza di tali importazioni sull'industria dell'Unione. Per stabilire se tale industria subisca un grave pregiudizio, i produttori dell'Unione del prodotto in esame sono invitati a partecipare all'inchiesta della Commissione. Così come lo sono i produttori esportatori cinesi così come il governo della Repubblica popolare cinese è stato invitato a prendere parte alle consultazioni.

Esulta ovviamente Milan Nitzschke, Presidente di EU ProSun, che dichiara: «la Commissione Europea oggi ha deciso di esaminare i molti modi in cui gli organi di governo centrali e locali della Repubblica Popolare Cinese elargiscono sussidi illegali ai loro produttori di energia solare. E 'significativo che questa buona notizia per la sopravvivenza dell'industria solare europea arrivi da Bruxelles un giorno dopo che l'amministrazione Obama ha inviato un chiaro segnale: gli Stati Uniti non tollereranno più la concorrenza solare sleale proveniente dalla Cina. A seguito delle numerose prove emerse dalle indagini degli Stati Uniti sulla colpevolezza della Cina nel concedere massicce sovvenzioni illegali, siamo fiduciosi che anche l'Unione Europea imporrà rapidamente ingenti tasse».

Dello stesso avviso anche il Comitato IFI (Industrie Fotovoltaiche Italiane), l'associazione che raccoglie oltre l'80% dei produttori italiani di celle e moduli fotovoltaici e che, attraverso una larga partecipazione dei suoi membri, sostiene le azioni di EUProSun. Secondo Alessandro Cremonesi, presidente IFI, «l' apertura di questa nuova indagine ci conferma che le tesi che da anni stiamo sostenendo con vigore in tutti gli ambiti istituzionali erano basate su solide verità: il mercato italiano del fotovoltaico è dopato da prezzi sul mercato che non sono reali, ma sono praticabili solo da chi può disporre di enormi interventi di sostegno finanziario e sgravi fiscali. Chiediamo, pertanto, alla commissione di agire con urgenza e incisività per ristabilire nel minor tempo possibile la parità competitiva».

Opposto, invece, il giudizio dell'Alleanza per l'energia solare sostenibile (Afase - Alliance for Affordable Solar Energy) che chiede alla Commissione europea di evitare di imporre dazi compensativi al fine di proteggere il futuro dell'industria europea del solare.

«Gli eventuali dazi farebbero aumentare i prezzi per i prodotti solari, e quindi comprometterebbero gravemente l'industria solare europea, così come la competitività dell'energia solare stessa -, dice Thorsten Preugschas, Ad di Soventix, società tedesca di progettazione e sviluppo affiliata ad Afase - . Sarebbero le piccole e medie imprese in particolare a subire  gli effetti dei dazi punitivi. Migliaia di posti di lavoro nell'UE sarebbero a rischio, a seguito di un vano tentativo di proteggere pochi produttori che rappresentano solo una piccola parte della catena del valore del solare».

Il libero scambio - sostiene Afse in un comunicato - è la premessa per mantenere i prezzi dei prodotti solari accessibili, permettendo all'energia solare di diventare competitiva con le fonti di energia convenzionali. Con l'imposizione di dazi punitivi, tuttavia, la dipendenza dell'Ue dai combustibili fossili potrebbe essere prolungata e il raggiungimento degli obiettivi climatici dell'Unione europea potrebbe essere messo a rischio.

Non va dimenticato - conclude la nota - che l'intero settore solare, in Cina così come in Europa, ha sempre beneficiato di un qualche tipo di sostegno pubblico, dettato dall'obiettivo politico di promuovere le energie rinnovabili. Questo sostegno ha contribuito in modo significativo al fatto che il settore dell'industria solare figura tra i comparti più dinamici ed in rapida crescita.

Che aggiungere? La guerra protezionistica in atto - come da tempo andiamo vedendo e dicendo - ha in sé germogli di sostenibilità. Governare questo ritorno al passato, anche se con motivazioni buone per il futuro, è una delle sfide più difficili per chi crede come noi nella riconversione ecologica dell'economia. La filiera corta riduce gli impatti, ma probabilmente non abbassa i prezzi, neppure della tecnologia che può aiutarci a superare la crisi ecologica.

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