[08/11/2012] News

DDL Catania per la difesa dei suoli agricoli e semplificazioni nel procedimento di autorizzazione paesaggistica

Sono all'attenzione del parlamento norme che possono apparire contraddittorie, ma che a determinate condizioni potrebbero essere di segno positivo. Nel caso del DDL Catania,  seppure con timidezza, si stabiliscono un principio e dei termini di tutela del territorio agricolo. Si ipotizza un complesso meccanismo di distribuzione territoriale di superficie agraria trasformabile a fini di urbanizzazione, prima a scala nazionale tra le regioni, poi, all'interno di queste tra comuni. Sembra una scelta che corrispondere esclusivamente ad una logica contabile, purtuttavia è evidente che il suolo agricolo viene, anche se sommessamente, ridefinito come risorsa scarsa ed essenziale, appunto, bene comune, perché deputato a garantire la produzione di prodotti essenziali per l'alimentazione umana, e per questo destinato alla conservazione anche in favore dell'ambiente.

Allora è indispensabile che si stabilisca che  in relazione alla qualità e capacità produttiva  dei suoli agricoli, alla individuazione di questi, per quantità, quali risorsa essenziale per la produzione di beni sufficienti  a soddisfare l'alimentazione umana, quei terreni agricoli non possono essere trasformati, o lo possono essere solo per la realizzazione di infrastrutture puntuali o lineari di esclusivo e preminente interesse pubblico e collettivo, magari con recupero altrove di quella dotazione sottratta.

Difficile? Forse, ma possibile e fondamentale per la sicura ricaduta in termini di conservazione dell'ambiente e del paesaggio. Soluzione giacobina, no, pianificazione concreta, controllabile appunto in una logica contabile che sembra particolarmente cara al governo dei tecnici.

Per quanto riguarda invece le semplificazione al procedimento dell'autorizzazione paesaggistica con riduzione a 45 giorni del tempo assegnato alle soprintendenze per un eventuale diniego, mentre il ritardo nell'emissione del parere equivarrebbe a silenzio - assenso, le proteste di molti appaiono non già una seria valutazione del problema, ma una preventiva dichiarazione di sfiducia verso la politica e gli amministratori. Premesso che il meccanismo è già vigente con una tempistica diversa, 60 giorni, In qualche modo i critici hanno ragione perché la pianificazione paesaggistica è una sorta di chimera. Ma non si può e non si deve fare di ogni erba un fascio, che si tratti di regioni o di comuni.

Forse sarebbe molto più saggio richiamare le regioni ad una vera pianificazione paesaggistica, che non può risolversi in indirizzi, criteri, obiettivi, ma deve anche e soprattutto stabilire vincoli concreti alle trasformazioni, fino ad impedirle, senza trasferire l'incombenza ai singoli comuni dove la capacità di pressione delle lobbies è sicuramente più cogente.

Dunque è evidente che combinando le possibili uscite indicate sommariamente delle due vicende richiamate, di fatto si può pervenire ad una efficace tutela di territori e paesaggi.

Rimarrebbe da svolgere allora una seria riflessione sull'architettura, sulla formazione degli architetti e degli ingegneri e dei geometri (che sono tanti e purtroppo non molto qualificati), sulle funzioni e capacità delle scuole di architettura, mentre a chi obietterebbe che così però si rischia di bloccare l'edilizia che è settore capace di creare molta occupazione c'è da rispondere che si aprirebbe in questo modo lo sterminato campo della ristrutturazione urbanistica ed edilizia del patrimonio esistente, partendo dalla riqualificazione energetica di questo, per arrivare alla sua sostituzione considerata la relativa scarsa qualità a tutto tondo della stragrande maggioranza di questo patrimonio, ed in particolare di quello costruito tra la fine della seconda guerra mondiale e gli anni 70 /80 dello scorso secolo, senza citare il problema della sicurezza sismica;.

Come dire che caso mai i critici dovrebbero preoccuparsi di chiedere ai governanti di individuare incentivi, modalità efficienti di  esproprio (per tempistica, procedimento e costi) per superare gli impedimenti rappresentati dai riottosi, non aree per costruire ancora.

Insomma critiche e preoccupazioni hanno senso, ma ha più senso l'elaborazione di proposte concrete e una seria presa di posizione di partiti e candidati  nel confronto delle primarie ora, nei programmi per le prossime elezioni dopo.

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