
[09/11/2012] News
Una protesta, forse inaspettata per i media ma che stava covando da tempo sotto la cenere di un consenso che sembrava granitico, sta scuotendo la capitale argentina, Buenos Aires, dove 700.000 persone - secondo i dati ufficiali del governo - si sono date appuntamento all'obelisco di Plaza de Mayo provenienti da diversi barrios. Ma il ClarÍn scrive che ci sono proteste anche «Nella Gran Buenos Aires e nelle principali città dell'interno» e che «La convocazione è stata effettuata attraverso i social network ed è stata molto più ampia di quella del 13 settembre». Le manifestazioni sono impressionanti proprio perché somigliano a quelle delle primavere arabe: acefale, senza leader politici visibili e convocate attraverso internet ed hanno nel mirino il governo di Cristina Fernández Kirchner, rieletta solo nel 2011 con il 54% dei voti.
Battendo su pentole e bottiglie di plastica centinaia di migliaia di persone hanno invaso la piazza più famosa dell'Argentina, dove le coraggiose madri dei desaparecidos protestavano contro la dittatura fascista, mentre mobilitazioni minori si succedono nei barrios della capitale. Sui cartelli si legge: "Libertad", "Justicia independiente", "Basta de corrupción", "No a la inseguridad", "Basta de totalitarismo", "Basta de mentiras", contro il Frente para la Victoria, la corrente di centro-sinistra del Partido Justicialista (il peronismo) che governa il Paese. Ma a prevalere sono gli insulti contro la Presidente della Repubblica: "Corrupta. Resentida. Incapaz. Soberbia. Tirana. Inepta. Necia. Actriz", come recitava un cartello inalberato da una donna che ha partecipava al vero e proprio assedio della residenza presidenziale di Olivos, una località della zona metropolitana di Buenos Aires. La Fernández viene ormai apertamente accusata di essere una dittatrice e di reprimere la libertà di stampa e di pensiero, ma è soprattutto l'evidente corruzione del regime e il disprezzo per gli oppositori a far arrabbiare gli argentini che fino a poco tempo fa sembravano innamorati della loro bella presidente.
La sinistra argentina, che è sempre stata divisa e mal rappresentata, sta rialzando la testa, ma la destra peronista accusa la Fernández, che non nasconde la sua amicizia con Hugo Chavez, di essere una marxista totalitaria. Comunque tutti i manifestanti sembrano uniti da uno slogan: "se vaya". In molti temono che la residente stia brigando per una riforma costituzionale che le permetta di ripresentarsi alle elezioni presidenziali, ma lei nega di volerlo fare.
L'immenso "cacerolazo" convocato attraverso blog, social network ed e-mail sembra ver spiazzato l'intero sistema politico argentino e nelle strade sono scesi bambini, giovani, adulti ed anziani di ogni estrazione politica che cantano l'inno nazionale e gridano slogan contro il governo. Uno dei fattori scatenanti delle proteste è la restrizione imposta all'acquisto di dollari, la moneta preferita degli argentini. Sembra un'epidemia: si segnalano manifestazioni di argentini emigrati a Barcellona, Madrid, Londra, Roma, New York, Miami, Sydney, Toronto ed in altre città sudamericane come l'esclusiva stazione balneare uruguayana di Punta del Este dove si ritrovano ricchi argentini. Tra i siti più impegnati nell'organizzazione delle manifestazioni antigovernative c'è "Argentinos indignados", che tra le molteplici (e spesso contraddittorie) ragioni per protestare mette che «Non si può uscire dal Paese», proprio perché non si possono comprare dollari.
Un altro sito molto attivo è "El Anti K" che si defnsce «Un gruppo totalmente opposto alle idee del govrno del (...) Frente para la Victoria, il kirchnerismo od i suoi equivalenti». K sta roprio per il "clan" peronista dei Kirchner, la corrente della quale è leader la Fernández, vedova di t Néstor Kirchner, presidente dell'Argentina dal 2003 all'ottobre 2010. Marcelo Morán, amministratore di "El Anti K", ha spiegato all'agenzia Ips che la manifestazione è stata un avvertimento per tutti, sia per il governo che per l'opposizione che «Deve fare proposte attraenti». La gente è scesa in piazza «Contro l'inflazione, la corruzione, l'insicurezza, l'impunità e la rielezione», dice Morán, ma molti manifestanti accusano il governo di reprimere la libertà e la giustizia di non essere indipendente. La protesta, pur essendo apartitica, ha visto la partecipazione di diversi leader politici e sindacali. Il leader dei partito di centrodestra dell'opposizione, come Mauricio Macri, a capo del governo della Ciudad Autónoma de Buenos Aires, ma anche personalità di sinistra come il regista Fernando "Pino" Solanas, hanno partecipato e chiamato a raccolta i cittadini contro il governo centrale. Anche l'Unión Por Todos, un partito di destra, ha partecipato con i suoi dirigenti al cacerolazo ed ha fornito cartelli con slogan prestampati ai manifestanti con su scritto: "No es por el dólar, es por la libertad". Morán e gli altri organizzatori "informali" delle proteste sono preoccupati per queste "infiltrazioni" politiche non vorrebbero alle proteste né politici né sindacalisti e pensano addirittura di vietarlo nelle prossime manifestazioni. Un'altra cosa che comincia a preoccupare sono gli slogan estremisti che circolano sui social network e che insultano pesantemente la presidente e gli augurano la rete. Ma l'infiltrazione più pericolosa sembra quella dei gruppi fascisti che accusano il governo di aver perseguito penalmente i militari che durante la dittatura (1976-1983) hanno assassinato migliaia di oppositori ed hanno fatto sparire 30.000 "comunisti".
Ignacio Ramírez, direttore dell'agenzia di sondaggi Ibarómetro, ha detto all'Ips che a maggior parte di chi protesta non sono elettori delusi del governo, ma un gruppo molto eterogeneo di oppositori «Che risulta difficile sintetizzare». Il deficit di rappresentanza è evidente: mentre la gente protesta contro il governo l'opposizione sembra muta e scomparsa. La politica di "trasformazione" del governo molti interessi ma i manifestanti si sentono poco rappresentati sia dal clan K che dall'opposizione di destra che dalla debole sinistra. L'impressione è quella di una delle tante eruzioni di populismo che sconvolgono periodicamente l'Argentina ma il populismo rischia travolgere la destra peronista che cerca di cavalcarlo da sempre e se di populismo rischia di morire il governo populista della Fernández, non bisogna mai dimenticarsi che di populismo diventato fascismo è già morta più volte la democrazia argentina.