[12/11/2012] News toscana

Alluvioni, Cirf: «Ci dobbiamo affrancare dal paradigma del "mettere in sicurezza" a tutti i costi»

Sentire parlare i politici di "messa in sicurezza" del territorio dopo l'ennesimo evento alluvionale che ha colpito alcune aree del paese tra cui, come al solito, l'alta Toscana e la Liguria, non è più tollerabile. 

La sicurezza assoluta non esiste e tra l'altro se viene intesa come l'innalzamento di barriere rigide distribuite sul territorio è un contro senso. Ridurre la pericolosità idraulica e idrogeologica invece è possibile attraverso la cura del territorio, a partire dalle aree montane, con la restituzione dello spazio a fiumi e torrenti, con lo spostamento degli edifici dalle aree più vulnerabili e con una pianificazione urbanistica sostenibile.

La fotografia della situazione attuale, del resto, dovrebbe indurre a far partire al più presto questo percorso virtuoso. Il territorio spesso cementificato, abusato, dimenticato, non è "resiliente" e  non possiamo pretendere che "sopporti" le flash floods, (bombe d'acqua) che scaricano a terra oltre duecento millimetri di acqua in poche ore in aree ristrette.

Tra l'altro ad oggi non esiste nemmeno una pianificazione che tenga conto di questi eventi estremi e che contempli misure di adattamento. La pianificazione di bacino incentrata principalmente sugli eventi con tempi di ritorno duecentennali è stata da tempo completata (ma poche sono le opere previste che sono state realizzate) e ora bisognerà attendere il 2015 per avere un Piano di gestione del rischio alluvioni su un'area vasta distrettuale (lo prevede la direttiva 2007/60 recepita con il D.Lgs. 49/2010) che dovrebbe prevedere indicazioni anche per la mitigazione e l'adattamento alle cosiddette bombe d'acqua che hanno tempi di ritorno molto più brevi come dimostrato in Toscana.

Il Piano di gestione poi avrà bisogno di risorse economiche che devono essere correttamente impiegate. «Se lo sblocco di fondi per la manutenzione del territorio auspicato dal ministro Clini dovesse portare solo a un'ulteriore artificializzazione dei fiumi e non a incrementarne la naturalità, il rischio è di peggiorare ulteriormente la situazione»  hanno dichiarato dal Cirf (Centro italiano per la riqualificazione fluviale) che nei giorni scorsi ha tenuto a Bolzano il "II Convegno nazionale sulla Riqualificazione fluviale" dove sono stati illustrati interventi per la riduzione del rischio alluvioni in sintonia con quelli per il raggiungimento di migliori condizioni ecologiche come chiede l'Europa. Nell'occasione il Cirf ha elaborato un documento che è stato inviato al ministero dell'Ambiente in cui si forniscono input affinché anche nel nostro paese si riescano a compiere quelle trasformazioni normative ed istituzionali che le permettano di implementare strategie nazionali di Riqualificazione fluviale serie ed efficaci. Per quanto riguarda la gestione dei rischi da alluvioni, nel documento del  Cirf viene esplicitato che «deve essere incardinata sui concetti di non occupazione o ripristino delle aree destinate all'espansione naturale dei corsi d'acqua, di minimizzazione del rischio e di misure di adattamento al rischio residuo e non della costruzione di opere in modo diffuso. E di abbandonare l'ottica degli interventi di emergenza e dei "piani straordinari". Ci dobbiamo affrancare dal paradigma del "mettere in sicurezza" a tutti i costi, immaginando che il problema della mitigazione del rischio si possa risolvere solo attraverso la realizzazione di interventi infrastrutturali. I fatti dimostrano che le scelte compiute in ossequio a questo approccio hanno spesso condotto a un incremento del rischio sostanzialmente perché, grazie alla presunta messa in sicurezza, si costruisce di più e non ci si impegna a ridurre la vulnerabilità».

Per il Cirf l'implementazione della direttiva alluvioni (in corso) è un'opportunità per cambiare strategia da parte di Regioni e Autorità di Bacino. «Per attuare questo approccio, il ruolo del mondo agricolo, detentore degli ultimi spazi non urbanizzati e quindi ancora realisticamente aperti a usi integrati, è indispensabile, così come lo sono adeguati strumenti finanziari per compensare i servizi ambientali forniti dagli agricoltori. Proprio ora ci troviamo nelle fasi chiave di revisione della Politica agricola comunitaria e l'Italia avrebbe tutto l'interesse a chiedere con forza strumenti adeguati a supportare strategie per una diversa gestione delle pianure fluviali».

Il Cirf nel suo documento si sofferma poi su uno dei punti che greenreport ritiene fondamentali, quello del consumo di suolo, su cui recentemente si è riacceso il dibattito. «I comuni, ad esempio, non dovrebbero più essere costretti a svendere il proprio territorio alla speculazione edilizia per coprire i costi generali tramite gli oneri di urbanizzazione e le strategie del Paese per far quadrare i conti non dovrebbero basarsi sulla svendita del demanio, quello fluviale in primis». Interpellare i geologi non per commentare eventi come quelli che si sono abbattuti in Toscana nel fine settimana, ma per avere indicazioni durante la stesura dei Piani strutturali dei comuni (oltre la relazione tecnica di routine) e poi tenerne conto, sarebbe davvero un indicatore importante a testimonianza di un vero passo  in avanti verso la cultura della prevenzione.

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