[26/11/2012] News

Sicurezza alimentare: l'Europa tra agribusiness, piccoli agricoltori e gli aiuti alla Monsanto

La Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers) è pronta a offrire una garanzia finanziaria alla Monsanto. Ovvero la più grande compagnia produttrice di sementi tradizionali e la quarta corporation al mondo nel campo delle biotecnologie agrarie.

Nonostante abbia un fatturato annuo di quasi 10 miliardi di dollari, l'azienda statunitense sembra ben contenta di usufruire del denaro pubblico erogato da una delle principali agenzie multilaterali di sviluppo.

In totale, la Monsanto potrebbe ricevere 40 milioni di dollari come copertura del rischio, nel caso piccoli e medi agricoltori e distributori di Bulgaria, Ungheria, Russia, Serbia, Turchia e Ucraina non riescano a pagare per le sementi acquistate.

La Banca deciderà entro il prossimo aprile se accorrere in aiuto della Monsanto. Nel frattempo 157 organizzazioni della società civile in diverse parti del mondo hanno fatto sentire la loro voce. Per Ionus Apostol, della rete di Ong dell'Europa centro-orientale Cee Bankwatch, è oltraggioso che l'istituzione accordi denaro pubblico a una delle più grandi multinazionali del pianeta. Una compagnia che già domina la sua fetta di mercato e non ha certo bisogno di questo tipo di agevolazioni. Inoltre la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo ha più volte affermato di voler tutelare la sicurezza alimentare delle popolazioni dei Paesi in cui opera.

In realtà rileggendosi l'articolo apparso lo scorso 6 settembre sul Wall Street Journal a firma congiunta di Suma Chakrabarti (presidente della Bers) e Josè Graziano da Silva (direttore generalo della Fao), non c'è molto da sorprendersi. Per i massimi esponenti delle due importanti istituzioni internazionali, la panacea di tutti i mali causati dalla fame del mondo è una e una soltanto: il massiccio coinvolgimento del settore privato.

Una ricetta sbandierata a più riprese anche nell'incontro per addetti ai lavori (decisori politici e imprenditori del settore agricolo) tenutosi a metà settembre a Istanbul e a cui hanno risposto con sdegno le principali reti contadine a livello globale, come la Via Campesina, e diverse organizzazioni della società civile che lavorano su tematiche agricole. Nella lettera aperta stilata a seguito dell'articolo di Graziano e Chakrabarti si evidenzia come il loro approccio non può che essere foriero di ulteriori problemi, a partire da un nemmeno troppo velato incentivo all'accaparramento di terre. Ovvero una pratica sempre più adottata dal settore privato che tanti danni sta recando ai piccoli contadini e alle comunità locali di numerosi Paesi in Africa, Asia, in America Latina, ma anche in Europa dell'Est.

L'esaltazione fatta da Graziano e Chakrabarti dei progressi compiuti da realtà come Russia, Ucraina e Kazakistan - si legge nel documento compilato dalla società civile - non tiene conto del fatto che le statistiche ufficiali di quegli stessi Paesi mostrano come i piccoli contadini siano più produttivi delle compagnie dell'agribusiness. Un dato che emerge anche in relazione al resto del mondo, dall'Africa all'Asia. Eppure si continua a esaltare il ruolo delle grandi compagnie del settore, accusate di esacerbare invece di ridurre la povertà in giro per il Pianeta.

Il tutto nonostante il direttore della Fao abbia più volte esaltato il ruolo dei piccoli agricoltori, ribadendone l'importanza. Ma a preoccupare ulteriormente è l'espansione del mandato operativo della Bers anche in Tunisia, Marocco, Egitto, Giordania, nell'area meridionale e orientale del Mediterraneo, nei cosiddetti paesi Semed, e il crescente focus posto dall'istituzione sull'espansione dell'agribusiness in questi Paesi. Un margine di manovra più ampio che non lascia presagire nulla di buono.    

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