
[03/12/2012] News
Il futuro governo del Paese dovrà fornire indicazioni chiare sul tipo di politica industriale che vorrà sostenere, e su come intende supportare i settori della green economy. Il candidato premier del centro-sinistra Luigi Bersani, nel suo discorso di insediamento avvenuto ieri dopo la vittoria alle primarie, ha ribadito che non si dimenticherà dell'economia verde che nonostante "lacci e lacciuoli" già oggi è in grado di fornire migliaia di posti di lavoro.
Secondo il rapporto Green Italy 2012 di Unioncamere e Fondazione Symbola, dall'economia eco-sostenibile arriveranno entro il 2012 il 38,2% (241mila su 631 mila) dei nuovi posti di lavoro programmati dalle imprese italiane dell'industria e dei servizi, inclusi quelli stagionali: sostenibilità ambientale nelle aziende, la green tech e le rinnovabili sono (o dovrebbero essere) oggi un volano per creare occupazione in Italia. Ma è necessario crederci.
Purtroppo i dati sul mercato delle rinnovabili forniscono una fotografia non confortante. Il recente studio Ernst & Young mostra un calo nella percentuale di investimenti nel settore rinnovabili in Italia, che fa slittare il Paese dal 5° al 9° posto nella classifica dei mercati più appetibili. Il nostro Paese (52,4 punti) è stato superato da Francia (55,8), Regno Unito (54,6), Canada (53,6) e Giappone (53,6). In vetta rimane la Cina (69,6 punti). L'Italia è in calo in tutti i settori delle rinnovabili: eolico -3 punti rispetto a 3 mesi fa (a 53), fotovoltaico -2 (56), solare Csp -2 (37), geotermia -2 (57), biomasse -1 (49), infrastrutture -6 (44).
«I nostri decisori pubblici devono riflettere su questi dati- ha dichiarato Simone Togni, presidente dell'Anev, Associazione nazionale energia del vento- Le imprese italiane delle rinnovabili investono in Paesi come Brasile, Messico e Cile dove la normativa è più stabile e consente investimenti sicuri, esportando ricchezza e posti di lavoro. Benefici questi di cui l'Italia ha grande necessità. Si auspica che questa fuga di capitali all'estero venga arginata per il bene del nostro Paese, con interventi che puntino su incentivi in conto capitale e sulla leva fiscale».
Le imprese italiane fuggono all'estero non solo per il taglio degli incentivi (da cui tutto il settore delle rinnovabili ha l'obiettivo di smarcarsi, almeno nella forma attuale), ma anche perché gli ostacoli burocratici sono aumentati, vedi i meccanismi delle aste e i registri. «L'Anev da anni porta avanti una battaglia mirata a ridurre queste barriere amministrative, chiede di spostare l'incentivo dalla produzione al conto capitale e di apportare sgravi fiscali, cosciente del fatto che un sistema come quello attuale avrebbe spinto verso una fuga di capitali».