[07/12/2012] News

Censis: resilienza italiana (sostenibile) alla crisi

Gli italiani reagiscono alla crisi. E' già una notizia e non negativa. Che arriva dalla 46ª edizione del Rapporto Censis sull'analisi e l'interpretazione dei più significativi fenomeni socio-economici del Paese. Il quadro è fosco, sia chiaro, ma sforzandosi di non cadere nella spirale depressiva cogliamo almeno i frutti buoni della crisi. Ovvero l'opportunità di mettersi davanti al proprio stile di vita e rimodellarlo al netto degli sprechi. Si scopre così che «2,5 milioni di famiglie hanno venduto oro o altri oggetti preziosi negli ultimi due anni, 300.000 famiglie mobili e opere d'arte, l'85% ha eliminato sprechi ed eccessi nei consumi, il 73% va a caccia di offerte e alimenti poco costosi». Vendere l'oro di famiglia è certamente doloroso per chi è costretto a dar via oggetti cari; stessa cosa può darsi o dirsi per gli immobili e i quadri; anche la ricerca di alimenti a basso costo sono un segnale preoccupante, ma l'eliminazione degli sprechi e degli eccessi nei consumi è cosa - anche se giocoforza - virtuosa. Certo, che ha un prezzo - come sempre - in posti di lavoro, perché nella nostra opulenta società è proprio sulla indotta necessità del superfluo che in molti hanno fatto fortuna, ma per un futuro sostenibile abbiamo sempre detto esser qui che si deve lavorare.

Ad essere attenti fino in fondo non è una pessima notizia neppure quella della «messa in circuito del patrimonio immobiliare posseduto, affittando alloggi non utilizzati o trasformando il proprio in un piccolo bed & breakfast (nelle grandi città, con oltre 250.000 abitanti, il fenomeno riguarda il 2,5% delle famiglie)». Per quanto tempo ci siamo lamentati delle case sfitte di fronte all'emergenza abitativa?

Che dire se non che è un bene poi se «2,7 milioni gli italiani coltivano ortaggi e verdura da consumare ogni giorno» e «11 milioni si preparano regolarmente cibi in casa, come pane, conserve, gelati»? Anche nei consumi si registra una discontinuità rispetto al passato e pure qui all'insegna della sostenibilità: il 62,8% degli italiani ha ridotto gli spostamenti in auto e scooter per risparmiare sulla benzina, nel periodo gennaio-settembre 2012 il mercato dell'auto registra il 25% di immatricolazioni in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, e c'è un boom delle biciclette: più di 3,5 milioni di due ruote vendute in un biennio.

Non solo: «Le funzioni del consumo si stanno modificando anche grazie alla diffusione delle nuove tecnologie. Il 14,9% degli italiani è iscritto a gruppi di acquisto online che offrono beni e servizi a basso costo. E nelle decisioni di spesa alimentare il 42% considera molto importanti le informazioni sulla provenienza dei prodotti, collocandole al primo posto tra i fattori che orientano la decisione di acquisto».

Malissimo, invece, le conseguenze della crisi sulla formazione: «Nel corrente anno scolastico è aumentato dell'1,9% rispetto all'anno precedente il peso delle preiscrizioni agli istituti tecnici e professionali. Le immatricolazioni all'università sono diminuite del 6,3% e i dati provvisori relativi al 2011-2012 segnano un'ulteriore contrazione del 3%. La crisi ha evidenziato come la laurea non costituisca più un valido scudo contro la disoccupazione giovanile, né garantisca migliori condizioni di occupabilità e remuneratività rispetto ai diplomati. I giovani si indirizzano allora verso percorsi di inserimento lavorativo meno aleatori, dai contorni professionali più certi: tra il 2007 e il 2010 i corsi di laurea di tipo umanistico-sociale (i gruppi letterario, insegnamento, linguistico, politico-sociale, psicologico) subiscono nell'insieme una riduzione del loro peso percentuale sul totale delle immatricolazione di più del 3% (passano dal 33% al 29,9% del totale), mentre i percorsi a valenza tecnico-scientifica (i gruppi agrario, chimico-farmaceutico, geobiologico, ingegneria, scientifico) registrano un +2,7% (la loro quota passa dal 26% al 28,7%)». Malissimo, dal nostro punto di vista, perché sempre più la cultura viene vista solo in chiave economica e non come arricchimento personale. Risulta invece più comprensibile apprendere come «I giovani che hanno deciso di completare la loro formazione superiore all'estero siano aumentati del 42,6% tra il 2007 e il 2010. Con un significativo sacrificio delle famiglie: nell'ultimo anno il 30,3% ha sostenuto costi aggiuntivi scolastici, il 21,5% per un figlio senza lavoro, il 16,1% per un figlio che frequenta una università italiana e il 5,6% per una università straniera».

Insomma, la crisi morde e siamo tutti - tranne i ricchi che invece sono sempre più ricchi - più poveri e con prospettive cupe e non certo di ritorno al passato. Se però da questa crisi ne usciamo più sobri e con un modello di sviluppo diverso che  renda queste scelte oggi imposte un valore aggiunto perché ci migliorano la vita, allora può darsi che questa maledetta crisi impostaci dalla finanza non sia stata solo un grande buco nero. Certo, poi bisogna che qualcosa cresca, altrimenti facciamo la fine di quel tale a cui morì l'asino proprio quando aveva imparato a non mangiare...

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