[10/12/2012] News

Tobin tax, Baranes: «Non indebolire proposta contro finanza-casinò»

In nove anni, in Italia derivati cresciuti del 642%. Nello stesso periodo, il Pil è aumentato del 26%

Da bandiera innalzata contro la speculazione finanziaria, dall'alto valore simbolico oltre che pratico, la tassa sulle transazioni finanziarie rischia di essere adesso ridotta in Italia a fazzoletto bianco da sventolare in segno di resa. Gli ultimi passaggi parlamentari, in contesto istituzionale delicatissimo dopo le annunciate dimissioni del premier Monti a seguito del ritorno sulla scena politica di un Berlusconi armato di machete, saranno fondamentali per decidere il prossimo futuro della tassa. Per approfondire le dinamiche in corso, greenreport.it ha contattato Andrea Baranes (nella foto), portavoce di Zerozerocinque, la campagna per l'introduzione della tassa sulle transazioni finanziarie.

Dopo innumerevoli pressioni da parte della società civile e di realtà coma la campagna Zerozerocinque, la tassa sulle transazioni finanziarie sembra - o certamente sembrava - una conquista già intascata. Dopo gli ultimi passaggi in Parlamento ci stiamo allontanando dal traguardo?

Le ultime settimane sono state molto intense. Da un lato è finalmente stata approvata almeno la procedura di cooperazione rafforzata su scala europea, in assenza di un parere unanime dei 27 membri del'Ue. A questo punto la tassa sulle transazioni finanziarie ha un percorso "ufficiale" e la Commissione dovrà proporre una soluzione operativa per introdurla nei Paesi che hanno aderito. Anche il governo italiano, dopo una fase di tentennamenti, ha aderito alla procedura di cooperazione rafforzata, ed è andato avanti in parallelo su scala nazionale, introducendo la tassa sulle transazioni finanziarie nel dibattito sulla legge di stabilità. Questi passi in avanti hanno scatenato le lobby e il mondo finanziario che si oppone, a dispetto delle enormi responsabilità nella crisi attuale, a qualsiasi forma di regolamentazione o ancora peggio di tassazione.

Anche a seguito di queste pressioni il governo ha parzialmente fatto marcia indietro, in particolare sulla tassazione dei derivati, gli strumenti maggiormente utilizzati per fini speculativi. L'originale proposta del governo italiano aveva sicuramente diversi punti di debolezza e che potevano essere migliorati, ma i recenti cambiamenti rischiano di peggiorare notevolmente l'intera proposta, rendendola di fatto molto meno efficace, sia dal lato della generazione di un gettito sia riguardo il freno alla speculazione.
 
Tassare unicamente gli scambi azionari e non le transazioni in derivati equivale a mettere dei limiti di velocità per le biciclette e i pedoni, lasciando che le automobili sfreccino indisturbate. Negli ultimi giorni abbiamo assistito alla levata di scudi degli operatori finanziari sui presunti impatti di un'eventuale tassazione dei derivati per le imprese che li utilizzano per coprirsi dai rischi di instabilità e oscillazione dei prezzi. Su questo alcune considerazioni sono opportune. L'instabilità e le oscillazioni sono causate in primo luogo dalla speculazione finanziaria, che si realizza proprio tramite i derivati.

In Italia, spesso additato come un Paese "arretrato" dal punto di vista finanziario, i derivati sono passati tra il 2000 e il 2009 da 1.400 a oltre 10.000 miliardi di dollari. Una crescita del 642% a fronte di una crescita del Pil, ovvero dell'economia reale, del 26%. Forse nel 2000 le aziende non esportavano, vivevamo tutti nella miseria e ci trovavamo in crisi? O è vero esattamente l'opposto, ovvero che una crescita ipertrofica della finanza ci ha condotti nella crisi attuale?

In questo senso è fondamentale mantenere la barra dritta e non indebolire una delle proposte più efficaci per contrastare la finanza-casinò e per generare un gettito da destinare al welfare, alla cooperazione internazionale e alla lotta contro i cambiamenti climatici.

Quali sono i punti cruciali della tassa da istituire e difendere, se non vogliamo che si trasformi da bandiera contro la finanza-casinò ad un provvedimento del tutto sterile?

I punti fondamentali sono diversi, alcuni già richiamati in precedenza: avere la più ampia base imponibile, in particolare ricomprendendo i derivati, destinare il gettito agli obiettivi previsti e richiesti dalle campagne europea e italiana, applicare la tassa tanto sugli strumenti quanto sugli operatori e intermediari italiani e via discorrendo. Di massima potremmo affermare che gli obiettivi della tassa sulle transazioni finanziarie sono diversi. Quelli più evidenti sono il contrasto alla speculazione e la generazione di un gettito, ma in maniera ancora più in generale parliamo di un segnale di fondamentale importanza della volontà politica di controllare - e non limitarsi a compiacere - dei mercati finanziari senza controllo.

E' questa la vera partita che si sta giocando in questo momento. Da un lato una finanza spregiudicata che per oltre un trentennio ha vissuto al di fuori dal mondo, senza regole né controlli e con l'unico obiettivo di fare soldi dai soldi nel più breve tempo possibile, dall'altro l'insieme dei cittadini, delle imprese e dell'economia reale che avrebbe tutto da guadagnare dall'introduzione di una simile imposta. Riprendendo un famoso slogan di Occupy Wall Street, una tassa in favore del 99% della popolazione, ma duramente ostacolata da quell'1% che dispone di enormi capitali e di un ancora più enorme potere di lobby sulle istituzioni politiche.

Il restyling che sta subendo il disegno della tassa potrà avere ripercussioni a livello europeo, dove ci siamo impegnati in cooperazione rafforzata con altri 10 Stati membri dell'Unione per la tassa sulle transazioni finanziarie?

L'auspicio è che la proposta italiana, così come la misura introdotta nei mesi scorsi in Francia, siano solo dei primi passi. La proposta francese prevede unicamente una tassazione delle azioni delle imprese a maggiore capitalizzazione, escludendo tutti gli altri strumenti finanziari. Se vogliamo un reale freno alle attività speculative che danneggiano l'economia e la società, dobbiamo invece allargare la proposta, riprendendo il modello richiesto a gran voce da decine di organizzazioni e reti della società civile internazionale per una vera tassa sulle transazioni finanziarie. In questo senso la discussione europea dovrà essere un'evoluzione delle prime misure, molto parziali, introdotte in Francia o attualmente in discussione in Italia.

L'idea è che l'introduzione nei Paesi che hanno aderito alla procedura di cooperazione rafforzata possa poi portare ad un ulteriore progressivo rafforzamento e ampliamento della tassa. In questo senso un segnale positivo è ad esempio nella adesione dell'Olanda, inizialmente contraria ma che si è adesso schierata con Germania, Francia, Italia, Spagna e gli altri Paesi favorevoli alla tassa sulle transazioni finanziarie.

Chiediamo che questi Paesi mostrino il coraggio e la forza politica per introdurre una misura efficace e che lavorino nel contempo per una sua progressiva introduzione prima nell'area euro e poi su scala internazionale. Una delle principali critiche riguarda il fatto che la tassa sarebbe efficace unicamente se applicata in tutto il mondo. Innumerevoli ricerche e anche l'esperienza pratica di diversi Paesi in cui sono già operative misure analoghe dimostrano che non è così. Se anche l'ideale fosse una sua introduzione su scala internazionale, è fondamentale che qualcuno mostri la via e apra il percorso, mostrando che si può realizzare e facendo aderire altri Paesi. L'Europa potrebbe finalmente muoversi in questa direzione, e in questo senso tanto le iniziative in Francia o in Italia quanto la procedura di cooperazione rafforzata devono essere considerate come l'avvio di un percorso, finalmente nella direzione di chiudere il casinò finanziario e riportare la finanza a essere uno strumento al servizio delle persone, non il contrario come avviene oggi.

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