[17/12/2012] News

Stragi di Chixoy, dopo trent'anni di impunità siamo alla svolta?

La storia della guerra civile che ha dilaniato il Guatemala dal 1960 al 1996 è costellata di episodi di una violenza inaudita, di crimini orrendi e odiosi. Tra questi spicca per la sua particolarità quello delle cosiddette stragi di Chixoy. Esattamente 30 anni fa, esponenti dell'esercito agli ordini della dittatura militare guidata da José Efraín Ríos Montt trucidarono in quattro singoli episodi oltre 400 indigeni Maya nei pressi del Rio Negro, sulle alte terre guatemalteche. Un numero imprecisato di persone fu torturato, violentato o sfollato con la forza. Il tutto per mettere a tacere chi si opponeva alla realizzazione di un importante progetto idroelettrico, troppo "scomodo" da un punto di vista socio-ambientale per essere accettato a cuor leggero dagli abitanti dell'area. Un enorme progetto idroelettrico che vedeva il coinvolgimento di imprese occidentali, tra cui anche la nostrana Cogefar- Impresit (poi Impregilo), ed era fortemente sostenuto dal punto di vista economico e politico dalle grandi istituzioni multilaterali di sviluppo, in primis dalla Banca mondiale, ma anche per piccola parte (8,7 milioni di dollari) dalla cooperazione italiana.

Insieme alla Banca interamericana di sviluppo, la World Bank manifestò un tale entusiasmo per l'opera che decise di bissare i prestiti concessi (che alla fine ammontarono a quasi 200 milioni di dollari). Un provvedimento, questo, preso nel 1986, quindi ben quattro anni dopo l'eccidio dei poveri maya Achì.

Sono ormai tre decenni che le 32 comunità devastate da questa immane tragedia chiedono giustizia. Gente che ha perso genitori, figli, parenti o semplicemente la terra da coltivare e a cui nessuno ha mai restituito nulla in termini di giuste compensazioni. Eppure nel 2011 l'organismo istituito ad hoc dall'esecutivo del Paese centro-americano per "quantificare i danni" aveva anche fissato una cifra - ben 154 milioni di dollari - da consegnare alle comunità, senza però che fosse sborsato un centesimo. Dopo lunghi anni di campagne internazionali e sostegno alle richieste dei Maya Achì, finalmente qualcosa sembra muoversi. Lo scorso 19 ottobre, la Corte di Giustizia Inter-Americana sui Diritti Umani ha dichiarato il Guatemala colpevole di aver violato i diritti umani delle popolazioni della regione del Rio Negro. Una sentenza di enorme valore, perché potrebbe spianare la strada alle tante agognate compensazioni da parte del governo guatemalteco e delle istituzioni finanziarie internazionali. L'organizzazione statunitense International Rivers ha lanciato un'azione urgente per chiedere ai vertici di Banca mondiale e Banca interamericana di sviluppo di assumersi le loro responsabilità (il testo si può scaricare sulla seguente pagina http://salsa.democracyinaction.org/o/2486/p/dia/action/public/? action_KEY=12079)    

Anche la Jubilee Debt Campaign si è mobilitata in grande stile, effettuando approfondite analisi sulle legittimità e la portata del debito contratto dalla dittatura militare e in particolare analizzando i prestiti concessi per la costruzione della diga di Chixoy. Attualmente il Guatemala paga 400 milioni di dollari l'anno alle istituzioni finanziarie internazionali per ripagare il suo debito.

Nel frattempo si è aperto un nuovo, preoccupante fronte. Negli ultimi anni in Guatemala sono state concesse oltre 300 licenze minerarie, che a loro volta per funzionare a pieno regime necessitano di un supporto energetico da parte di impianti idroelettrici.  

La Banca mondiale ha già fornito dei prestiti per una delle miniere più grandi, quella di Marlin, gestita dalla Goldcorp. Sebbene in scala minore rispetto a Chixoy, anche questo progetto ha fatto registrare gravi violazioni dei diritti umani.

Purtroppo né il governo locale né la Banca mondiale e le sue "sorelle" sembrano aver appreso la lezione del passato.

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