[03/01/2013] News

Israele, insediamenti ed infrastrutture mettono a rischio paesaggio e biodiversità

Secondo il rapporto "Israel's Planning and Building Threats to Open Spaces: Annual Report for 2013" della Society for the Protection of Nature in Israel (Spni) «Nel corso degli ultimi quattro anni  le minacce per gli spazi aperti sono aumentate del 75% per cento a causa dei piani per i vari tipi di costruzione». L'Ong ambientalista israeliana ha detto che la pianificazione di insediamenti di coloni ed infrastrutture del ministero degli interni è una minaccia per l'ambiente e il territorio e nel  suo rapporto annuale si legge che «L'amministrazione per la  pianificazione sta lavorando per compromettere la protezione degli spazi aperti e per promuovere gli interessi ristretti per lo sviluppo di gruppi selezionati, piuttosto che per il bene del pubblico».

Nel 2012 le minacce portate dal governo israeliano alle aree ancora naturali sono state 119 minacce, 7 in più del 2011, con 5 delle quali che riguardano l'insediamento di nuove comunità, con strade ed impianti energetici. Le aree di Israele con la più alta percentuale di minacce all'ambiente e al territorio sono state: il centro con il 26% dei progetti, la regione di Haifa e del Carmelo con il 17% e l'area di Gerusalemme con il 13%,

Nel 2012 gli ambientalisti sono riusciti ad evitare che 4 di questi progetti fossero realizzati:  un nuovo quartiere della città di Elad, ad est di Tel Aviv, che doveva essere costruito in parte nella riserva naturale di Shiloh Nahal; la nuova comunità nei pressi di Katif Nitzana, nella parte occidentale del Negev; la costruzione di un ponte sul Nahal Kziv e la costruzione di un insediamento a Givat Yael a Gerusalemme. 

Ma il rapporto afferma che ci sono nuove minacce ancora più gravi, come l'espansione degli insediamenti città di Ma'alot,nella Galilea occidentale, a danno di una foresta, e una nuova strada tra le dune di Halutza, nel Negev. Ulteriori minacce si sono aggiunte come  «L'impianto di dissalazione previsto nelle dune a sud di Rishon Letzion, l'esplorazione petrolifera al largo della costa di Herzliya e Ashdod e le infrastrutture previste in un'area ecologicamente sensibile nei pressi del Monte Carmelo».

Il governo aveva bocciato un altro progetto molto impattante: un villaggio turistico a Palmahim Beach, nella pianura costiera meridionale. Ma il progetto è di nuovo tornato in pista perché lo Stato israeliano non ha provveduto a garantire il pagamento di un indennizzo a chi aveva ottenuto la concessione preliminare. Il ministro della protezione ambientale ha detto che sta negoziando con  gli investitori, ma un loro rappresentante ha negato decisamente che sdiano in atto trattative col governo.

Gli ambientalisti prendono di mira la colata di cemento che rischia di soffocare la natura israeliana, ma la maggior parte delle denunce riguardano la pianificazione del ministero degli interni che sta ignorando tutte le osservazioni fatte negli ultimi anni dalle associazioni ambientaliste, alle quali il governo aveva chiesto di collaborare per trovare soluzioni più sostenibili. Invece l'amministrazione per pianificazione sta procedendo a tappe forzate su due punti: l'attuazione di modifiche al National Master Plan 35 (che determina quali costruzioni possano essere fatte in Israele) che permetteranno di realizzare più case nel centro del paese; l'unificazione di tutti i master plans nazionali in un  unico piano. 

Il rapporto Spni spiega che il National Master Plan 35 pone un grande pericolo per le poche aree naturali ancora libere dal cemento nella regione centrale e Itamar Ben-David, capo della pianificazione della Spni sottolinea che «Potrebbe indebolire la protezione delle foreste e delle riserve naturali ed eludere il sistema di pesi e contrappesi che è in atto».

Il ministero dell'Interno ha risposto: «Dubitiamo che il rapporto Spni rappresenti gli interessi pubblici» ed ha aggiunto che «I cambiamenti al Piano Nazionale Master 35 sono stati fatti principalmente per semplificare il processo di approvazione per la costruzione delle città». Secondo il ministero «Unificare tutti i 300 master  plans nazionali semplificherebbe il loro utilizzo per la pianificazione. Poiché il risultato finale si baserà sui piani già esistenti dovrebbe essere visto come una speranza e la trasparenza per il pubblico, piuttosto che come una minaccia».

Il Jerusalem Post scrive che, «Dal 2008 al 2013, il numero di minacce al paesaggio di Israele sono aumentate del 75%  per cento,  con 51 nuove minacce in quegli anni, ma in quegli stessi anni 28 minacce sono state eliminate con successo». Ma nel 2013  è prevista la  frammentazione del corridoio ecologico Carmel-Givot Alonim, con la costruzione di strade e infrastrutture che costituiscono una minaccia per la biodiversità. Un'altra nuova minaccia è la realizzazione di un altro grosso impianto di dissalazione a Sorek, realizzato ai danni di un sistema dunale e di campi agricoli.

La Spni non è contraria allo sviluppo infrastrutturale o all'aumento della capacità degli impianti di dissalazione israeliani, ma è convinta che questo si possa fare «Senza ostacolare le risorse naturali e con l'espansione degli impianti di dissalazione esistenti piuttosto che costruirne di nuovi».

Altre nuove minacce vengono dalla costruzione di insediamenti previsti nell'area di  Ness Ziona, che ospita specie vegetali rare, e dalla realizzazione di un impianto di trattamento dei rifiuti, voluto dal ministero della protezione ambientale, sulle colline di Hevel Modi'in, una zona di grande importanza ecologica. Gli ambientalisti chiedono che case e impianto vengano fatti altrove, dove i danni alla natura possono essere ridotti al minimo.

Israele è considerato uno degli hot spot della biodiversità planetaria, ma la sia pianificazione non ne tiene conto a sufficienza ed i piani degli insediamenti per decine di migliaia di persone tendono ad occupare territori contesi ai palestinesi ed anche aree agricole e/o delicate dal punto di vista ambientale e paesaggistico. Il vicepresidente della Spni, Nir Papay, è preoccupato per il futuro: «E' impossibile sapere come una riforma nel sistema di pianificazione potrebbe apparire dopo le elezioni. Ma negli ultimi tempi, vi è stata una tendenza preoccupante che affligge il ministero dell'interno e le altre istituzioni di pianificazione, che non hanno, tra l'altro, dichiarato dei siti riserve naturali».

Gli ambientalisti israeliani sottolineano che «La preoccupazione del governo per gli spazi aperti e le altre questioni ambientali hanno dirette implicazioni socio-economiche sulla qualità della vita dei residenti. Invitiamo i membri della prossima Knesset, che si insedieranno alla Knesset entro poche settimane, a  mettere i temi ambientali tra le priorità delle loro agende ed a promuovere una legislazione per la tutela degli spazi naturali,  del mare, dell'acqua, della natura e della biodiversità, al fine di produrre un vero cambiamento nell'atteggiamento dello Stato verso questi temi».

Ma, purtroppo per gli ambientalisti israeliani, tutti i sondaggi danno per largamente vincente la destra israeliana che più che a tutelare l'ambiente sembra interessata a costruire muri ed insediamenti.  

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