
[08/01/2013] News
Come si può vedere ogni giorno anche dalle pagine di greenreport.it la scienza e la tecnologia avanzano ad un ritmo rapido, offrendo nuove prospettive di lavoro, ma secondo un nuovo rapporto dell'International labour organization (Ilo) «Le donne rischiano però di restare indietro. Ma è una questione di abitudine, non di attitudine».
Claude Akpokavie, del Bureau for Workers' Activities dell'Ilo (Actrav), spiega che «Le donne tendono ad essere sovra-rappresentate nelle scienze sociali ed umane e sottorappresentate nelle scienze e nelle tecnologie». Akpokavie, che ha scritto un manuale che valuta i progressi compiuti nella realizzazione degli Obiettivi del Millennio per lo sviluppo, che includono la promozione dell'uguaglianza tra uomini e donne e l'autonomizzazione delle donne, è convinto che «Devono essere messe in campo delle iniziative per rimediare a questo squilibrio».
Per la direttrice del Bureau for Gender Equality del'Ilo, Jane Hodges, «Il gap tra uomini e donne in questo settore è legato alle abitudini ed alla divisione dei ruoli molto radicate in diverse società che incoraggiano le ragazze a seguire le filiere più "dolci". Lo stesso fenomeno si constata sia nei Paesi in via di sviluppo che sviluppati. Le ragazze tendono meno dei ragazzi a studiare l'ingegneria, l'informatica o la fisica. Gli stereotipi sulle ragazze le rappresentano come meno interessate o meno dotate per alcune tematiche, come la matematica o le scienze. Questo riduce incontestabilmente il loro accesso a lavori più remunerativi o a mercati del lavoro che offrono maggiori sbocchi. Però, quando si incoraggia una partecipazione uguale negli studi scientifici, le ragazze eccellono veramente».
Nei Paesi Ocse, quelli industrializzati dei quali fa Parte anche l'Italia, le donne ottengono più della metà delle lauree universitarie, ma rappresentano solo il 30% di quelle scientifiche e tecnologiche.
La Hodges evidenzia che «La percentuale delle donne laureate che si orientano verso la ricerca è ancora più ridotta: rappresentano meno del 30% dei ricercatori in scienze e tecnologie nella maggior parte dei Paesi del'Ocse e solo il 12% in Giappone e Repubblica di Corea». Anche le donne che scelgono di insegnare la scienza a livello universitario si trovano spesso davanti ad ostacoli e fanno più difficilmente carriera».
Negli ultimi mesi sono comparsi diversi articoli che descrivono le politiche discriminatorie e le disparità crescenti tra uomini e donne. Allargando un attimo lo sguardo oltre l'Italia - eterno fanalino di coda europeo - nel mondo si acuiscono forti discriminazioni in Cina, Iran, Paesi arabi, ma emergono anche negli Usa.
In Cina, ad esempio, diverse università esigono punteggi di entrata più elevati per le candidate femmine. Nei corsi di scienze dell'università cinese di scienze politiche e diritto, le donne devono ottenere almeno 632 punti agli esami nazionali, mentre agli uomini ne bastano 588.
L'Iran punta molto al suo programma nucleare e sull'industrializzazione ma ha annunciato che le donne saranno escluse da una serie di studi universitari, tra i quali fisica nucleare, ingegneria elettrica e mineraria.
Nella misogina monarchia assoluta dell'Arabia Saudita, il 65% delle iscrizioni nelle materie scientifiche nel 2010 erano donne, ma queste sono solo l'1% dei ricercatori del Paese: uno schema che si ripete in altre zone del Medio Oriente.
Negli Usa uno studio condotto dall'università di Yale ha dimostrato che le donne laureate in scienze sono oggetto di discriminazione quando si candidano ad un posto di ricercatore.
Eppure basta sfogliare le pagine elettroniche del nostro giornale per rendersi conto di quale importantissimo contributo le scienziate stiano dando in tutti i campi, anche senza scomodare punte di assoluta eccellenza col ricordo di Rita Levi Montalcini, recentemente scomparsa.
Neil prossimo decennio ci saranno 500 milioni in più di persone alla ricerca di un lavoro e la Hodges ricorda che «E' essenziale che le donne che occupano posti di lavoro scientifici o tecnologici non siano accantonate nei posti meno qualificati. Benché le donne occupino più del 60% degli impieghi nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nei Paesi dell'Ocse, solo dal 10 al 20% tra loro sono programmatori informatici, ingegneri, analisti o progettisti di sistemi. L'educazione e la formazione qualificante, così come un cambiamento dei comportamenti, sono indispensabili per garantire che le donne che non siano marginalizzate».